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Riforma delle crisi d’impresa: al via la legge delega di riforma

Approvata definitivamente la legge delega che modifica radicalmente la vecchia legge fallimentare del 1942.

 
Si tratta della “Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza”, ora in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che segna un’importante passo in avanti in merito alle dinamiche relative alla gestione dello stato di crisi finalizzate, coerentemente a quanto più volte sottolineato dalla Commissione Europea, a salvaguardare e garantire la continuità aziendale.
 
La legge delega, a cui seguiranno entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore l’approvazione di  uno o più decreti legislativi che conterranno la riforma vera e propria, è incentrata a definire un quadro regolamentare in grado di affrontare anticipatamente l’emersione della crisi cercando di eliminare tutte le conseguenze che anche da un punto vista economico e sociale hanno in questi anni segnato le imprese in generale e colpito molto pesantemente,  in particolare, quelle del settore edile a causa della crisi congiunturale degli ultimi anni.
 
L’impatto economico della crisi sul settore delle costruzioni è stato, infatti, drammatico. Tra il 2008 ed il 2015, sono uscite dal settore delle costruzioni quasi 120.000 imprese (-18,8%). Il bilancio complessivo dei posti di lavoro persi nelle costruzioni dall’inizio della crisi continua ad aumentare: dal quarto trimestre 2008 al primo trimestre 2017 le costruzioni hanno perso circa 600.000 posti di lavoro; considerando l’indotto si arriva a circa 900.000 posti di lavoro.
 
Il nuovo impianto legislativo su cui si baserà la riforma è volto a superare questa situazione attraverso la previsione di strumenti normativi che da un lato prevengano lo stato di insolvenza al fine di garantire la salvaguardia dell’attività dell’impresa e dall’altro introducano regole più certe attraverso:
  • procedure di allerta e di composizione assistita della crisi al fine di affrontare lo stato di insolvenza in via preventiva;
  • prevalenza del concordato preventivo in continuità aziendale a scapito del concordato liquidatorio che ad oggi comportava il dissolvimento dell’impresa;
  • procedura unitaria per i gruppi d’imprese in stato di crisi o insolventi;
  • sostituzione del “fallimento” con la “liquidazione giudiziale”;
  • riduzione della durata e dei costi delle procedure concorsuali;
  • nuove misure sull’esdebitazione e sulla disciplina della procedura da composizione delle crisi da sovraindebitamento;
  • revisione e riordino dei privilegi.
Nell’iter di approvazione del provvedimento al Parlamento sono state accolte alcune specifiche istanze dell’ANCE sia sotto il profilo normativo sia con l’approvazione di diversi ordini del giorno riguardanti anche la definizione del “fallimento onesto” ossia la necessità di pervenire alla codificazione  della differenza fra insolvenza dovuta alla crisi (ossia a condizioni oggettive e sfavorevoli di mercato) e quella prodottasi a seguito di negligenza da parte degli amministratori.
 
L’azione Ance continuerà su questo tema e su altri aspetti della legge delega nella fase di predisposizione dei successivi decreti delegati.
 
Il contenuto delle principali novità previste nel provvedimento saranno a breve  illustrate dall’Ance nel documento “Riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza: le novità” .

Immobili da costruire: in futuro obbligo del “preliminare” dal notaio

Con l’approvazione definitiva del disegno di legge 2681/S  “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza” di prossima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il Governo è stato delegato ad adottare, entro i prossimi dodici mesi,  anche alcune norme che andranno a modificare la disciplina contrattuale in materia di tutela degli acquirenti di immobili da costruire.
Si tratta in particolare dell’art. 12 del Ddl, inserito come emendamento durante l’esame alla Camera e nei confronti del quale l’Ance aveva evidenziato alcuni profili di criticità.
 
COSA PREVEDE L’ARTICOLO 12
 
L’articolo 12 del Ddl stabilisce che il Governo dovrà adottare norme finalizzate a disciplinare:
  • l’obbligo di stipulare per atto pubblico o scrittura privata autenticata e quindi con l’assistenza del notaio il preliminare di compravendita (o atto equipollente) di un immobile da costruire;
  • la previsione della nullità relativa ( quindi fatta valere solo su istanza del promissario acquirente) per l’ipotesi di mancata consegna della polizza indennitaria decennale (analogamente a quanto previsto per il mancato rilascio della fideiussione).
La norma, che si presenta completamente avulsa rispetto all’intero articolato normativo, sembrerebbe rispondere alla finalità di individuare un rimedio giuridico verso la più volte denunciata disapplicazione, da parte dei costruttori, degli obblighi nascenti dal D.lgs. 122/2005 specie per quanto riguarda il rilascio delle fideiussioni a garanzia degli acconti. Pur non esistendo dati certi e affidabili sull’effettivo tasso di elusione della normativa l’Ance non è stata contraria ad individuare soluzioni normative che eliminassero gli ostacoli che rendono l’applicazione degli obblighi normativi spesso gravosi per le imprese di costruzioni. Tuttavia l’Ance ritiene che tale formulazione normativa dovrà trovare in sede di decreto legislativo una migliore e più chiara definizione che eviti ad esempio di dover anticipare la consegna della polizza postuma al momento del preliminare.
 
Considerato che, negli anni passati, sono state più volte presentate ipotesi emendative dai contenuti, che se fossero stati approvati si sarebbero tradotti immediatamente, senza necessità di ulteriore recepimento in sanzioni pecuniarie per le imprese inadempienti, la norma appena approvata va letta come un tentativo emendativo difficilmente arginabile, ma sul quale si avrà tempo di definirne meglio i contenuti.
 
LA NORMA NON HA EFFETTI IMMEDIATI.
 
Trattandosi di una norma di principio l’articolo 12 non avrà immediata attuazione per cui anche con la pubblicazione in GU e, quindi, con la sua entrata in vigore 15 giorni dopo, non cambierà nulla rispetto alla vigente disciplina. Occorrerà infatti attendere l’emanazione del decreto legislativo che recepirà quanto previsto dalla legge delega.
 
 

Rifiuti o sottoprodotti? Dalla Cassazione alcune indicazioni

Sono sottoprodotti quelle sostanze o quegli oggetti dei quali sin dall'inizio sia certa, e non eventuale, la destinazione al riutilizzo: è quanto ha affermato in una recente sentenza la Corte di Cassazione (sentenza n. 41607 del 13 settembre 2017).
 
In particolare, i giudici hanno evidenziato come “la mancanza di certezze iniziali sull'intenzione del produttore/detentore del rifiuto di «disfarsene» e l'eventualità di un suo riutilizzo legata a pure contingenze, impedisce in radice che esso possa essere qualificato come «sottoprodotto»”.
 
Ne deriva che – ad avviso della Corte - il deposito di rifiuti da demolizione in attesa di un loro eventuale, e quindi non certo, riutilizzo è di per se la prova dell’incertezza iniziale sul loro riutilizzo, prima ancora della loro produzione.
I giudici si sono poi soffermati sul reato di gestione illecita dei rifiuti di cui all’art. 256 del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente), sottolineando come si tratti di un illecito comune che può essere pertanto commesso da chiunque realizzi le condotte previste, ossia attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti non autorizzate. Come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, infatti, affinché si possa configurare tale reato ciò che rileva non è la qualifica soggettiva di chi lo commette, ma l’attività concreta posta in essere in assenza delle prescritte autorizzazioni (Sez. 3, n. 21925 del 14/05/2002; Sez. 3, n. 7462 del 15/01/2008; Sez. 3, n. 29077 del 04/06/2013; Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016).
 
 
In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 41607 del 13 settembre 2017 (clicca qui)

Progettista e direttore lavori: quali responsabilità nell’appalto?

La responsabilità prevista dall’articolo 1669 del codice civile per rovina, vizi e gravi difetti che possono manifestarsi nei dieci anni successivi all’esecuzione dell’intervento edilizio sull’immobile o su alcune sue parti può riguardare anche coloro che abbiano collaborato nella costruzione, sia nella fase di progettazione o dei calcoli relativi alla statica dell’edificio che in quella di direzione dell’esecuzione dell’opera.
 
Secondo la giurisprudenza (v. in Allegato una selezione di pronunce giurisprudenziali di merito e di legittimità curata dall’Ance) la responsabilità prevista dall’articolo 1669 ha, quindi, un ambito di applicazione più ampio rispetto al tenore letterale della norma perché operante anche a carico del progettista, del direttore dei lavori e addirittura dello stesso committente che abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera rendendo l’appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini.
 
La responsabilità dell’appaltatore perciò potrebbe essere esclusa: quando si tratti di vizio non rilevabile secondo l’ordinaria diligenza; l’errore da cui originano la rovina o i gravi difetti sia stato segnalato al committente ma quest’ultimo abbia egualmente richiesto di eseguire l’opera; la rovina o i gravi difetti siano dovuti a caso fortuito; l’appaltatore non disponga, nella realizzazione dell’opera, di un’autonomia tale da consentire l’imputazione della responsabilità in via esclusiva.
 
In ogni caso, anche quando nell’esecuzione dell’opera siano intervenuti, a vario titolo, altri soggetti dovrà comunque verificarsi chi tra questi abbia mantenuto il potere di direttiva o di controllo sull’altrui operato.
 
Questo significa, ad esempio, che la semplice presenza di un progetto fornito dal committente ( e di un direttore lavori) di per sé non tolgono all’appaltatore la propria autonomia in ordine ad un vaglio critico del progetto stesso e delle istruzioni che gli vengono impartite dal committente. Per cui l’appaltatore deve ritenersi corresponsabile dei vizi del progetto solo se questi erano palesemente riconoscibili con la perizia e lo studio che si può pretendere da lui nel caso concreto.
 
In pratica, se un’opera commissionata presenta gravi difetti causati da un progetto errato, dei danni derivanti da tali gravi difetti può essere a chiamato a rispondere non solo l'appaltatore, ma anche il progettista, ai sensi dell'art. 1669 c.c. Più precisamente mentre il progettista risponde dell'errata progettazione  l'appaltatore  va incontro ad una duplice responsabilità: risponde sia nell'ipotesi in cui si sia accorto degli errori e non li abbia tempestivamente denunciati; sia nell'ipotesi in cui avrebbe dovuto accorgersene, ma non lo ha fatto. Ciò vuol dire che anche in presenza di un progetto, residua pur sempre un margine di autonomia per l’appaltatore, che gli impone di attenersi alle regole dell’arte e di assicurare alla controparte un risultato tecnico conforme alle esigenze, eliminando le cause oggettivamente suscettibili di inficiare la riuscita della realizzazione dell’opera.
 
Rientra pertanto tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall’esecuzione dell’opera, dipende il risultato promesso; e che l’obbligazione dell’appaltatore è di risultato.
 
E’ sempre, quindi, consigliabile inserire nel contratto di appalto specifiche e dettagliate previsioni sulla responsabilità dell’appaltatore in relazione a vizi e difetti derivanti dall’attuazione del progetto fornito dal committente.
 
Peraltro analoghe pattuizioni possono essere inserite anche con riferimento alla attività del direttore lavori laddove sia figura diversa dal progettista al fine di estenderne l’obbligo di controllo e limitare così l’eventuale responsabilità dell’appaltatore.
 
Il direttore lavori è colui che deve vigilare e garantire il risultato di una regolare realizzazione dell’opera. Non è richiesta la presenza continua e giornaliera sul cantiere ma egli deve verificare, attraverso visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa e con le ditte esecutrici delle varie fasi lavorative, che vengano rispettate le regole dell’arte e la corrispondenza tra il progettato e il realizzato.
 
Costituisce obbligazione del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, e pertanto egli non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente.
 
La responsabilità del direttore lavori può anch’essa concorrere con quella dell’appaltatore il quale tuttavia, è bene ricordarlo, conserva la propria autonomia nonostante la presenza del direttore lavori. Peraltro, l’appaltatore ha il dovere di segnalare al direttore dei lavori gli eventuali inconvenienti e le complicazioni che sorgono in corso di esecuzione e che possano compromettere la regolarità dell’esecuzione stessa anche se non derivano da istruzioni del direttore. A maggior ragione può risultare opportuno che nel contrato di appalto siano definiti i limiti dell’incarico professionale conferito dal committente al direttore lavori ed in particolare la facoltà o meno di ordinare, ovvero autorizzare, variazioni dell’opera, di fissare termini ecc.
 
 

La nuova modulistica del Permesso di costruire

Lo scorso 6 luglio è stato siglato l’accordo  tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali sul modello unico di permesso di costruire che segue i modelli unici di Scia, Cila e Segnalazione certificata di agibilità già approvati con l’Accordo tra Stato-Regioni-Enti locali del 4 maggio 2017.
 
In particolare sono state apportate delle limitate modifiche che non variano di molto la struttura della precedente modulistica del permesso di costruire  come approvata con l’Accordo del 12 giugno 2014.
 
Le Regioni avevano tempo fino al 30 settembre 2017 per adeguarsi e introdurre le eventuali specificazioni derivanti dalle normative regionali, mentre il termine per i Comuni è il 20 ottobre 2017.
 
In particolare i Comuni hanno l’obbligo di pubblicare sul loro sito istituzionale entro e non oltre il 20 ottobre 2017 i moduli unificati e standardizzati.
 
L’obbligo di pubblicazione della modulistica è assolto anche attraverso il rinvio ai link:
- della piattaforma telematica di riferimento;
- della modulistica adottata dalla Regione, successivamente all’Accordo e pubblicata sul sito istituzionale della Regione stessa.
 
La mancata pubblicazione dei moduli e delle informazioni entro il 20 ottobre 2017 costituisce illecito disciplinare per il responsabile dell’ufficio punibile con la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da tre giorni a sei mesi (articolo 2, comma 5, decreto legislativo n. 126 del 2016).
 
In allegato:
 
 
 

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