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Nuovo tasso d’interesse legale: 0,3 %

Con il decreto 13 dicembre 2017 (G.U. n. 292 del 15 dicembre 2017) il Ministro dell’economia, ha fissato la nuova misura del tasso d’interesse legale ai sensi dell’art. 1284 del codice civile che, a partire dal 1° gennaio 2018, sarà pari allo 0,3% in ragione d’anno. Attualmente (e fino al 31 dicembre 2017) è pari allo 0,1 % in ragione d’anno.

 
L’art. 1284 del codice civile attribuisce al Ministro dell’economia il potere di modificare annualmente il tasso d’interesse legale, con proprio decreto da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce.
La determinazione del nuovo tasso d’interesse avviene sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tiene conto del tasso d’inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non venga fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.
 
Di seguito si riportano i tassi d’interesse legale applicati fino ad oggi e cioè:
-        5% dal 21/04/1942 al 15/12/1990 (art. 1284 c.c.);
-        10% dal 16/12/1990 e per gli anni 1991, 1992, 1993, 1994 e 1996 (Legge 353/1990 e Legge 408/1990);
-        5% per il 1997 e 1998 (Legge 662/1996);
-        2,5% per il 1999 e 2000 (DM 10/12/1998);
-        3,5% per il 2001 (DM 11/12/2000);
-        3% per il 2002 e 2003 (DM 11/12/2001);
-        2,5% per gli anni 2004, 2005, 2006 e 2007 (DM 1/12/2003);
-        3% per il 2008 e 2009 (DM 12/12/2007);
-        1% per il 2010 (DM 4/12/2009);
-        1,5% per il 2011 (DM 7/12/2010);
-        2,5% per il 2012 e 2013 (DM 12/12/2011);
-        1% per il 2014 (DM 12/12/2013);
-        0,5% per il 2015 (DM 11/12/2014)
-        0,2% per il 2016 (DM 11/12/2015)
-        0,1% per il 2017 (DM 7/12/2016).
 
L’elenco sopra riportato evidenzia, da un lato, che dal 2008 (anno di inizio dell’attuale ciclo economico negativo) ad oggi vi è stata una sostanziale e quasi progressiva riduzione del valore del tasso di interesse legale e, dall’altro, che il valore fissato per il 2017 rappresenta il minimo storico mentre per il 2018 sarà in lieve risalita.
 
Si ricorda che il tasso d’interesse legale può avere rilievo, tra l’altro, in tema di locazione di immobili urbani ed in particolare in tema di deposito cauzionale, qualora nel contratto non sia stata esclusa la produzione di interessi legali.
 
 

Rifiuti: nuove indicazioni per il responsabile tecnico

Il Comitato Nazionale dell’Albo Gestori Ambientali, con la delibera del 28 novembre 2017 n. 10, ha approvato il nuovo calendario delle verifiche di idoneità, relative all’anno 2018, che devono sostenere i responsabili tecnici, in attuazione dell’art. 13 del d.m. 120/2014.

 
In tutto sono state previste 36 date, la prima delle quali avrà luogo presso la Sezione dell’Albo della Regione Calabria il 21 febbraio 2018, mentre l’ultima si terrà presso quella della Toscana il 12 dicembre 2018.
 
Al riguardo, si sottolinea che:
  • i responsabili tecnici di imprese ed enti iscritti dal 16 ottobre 2017 devono sostenere le verifiche di idoneità;
  • i responsabili tecnici di imprese ed enti già iscritti al 16 ottobre 2017 dovranno sostenere la verifica di idoneità tra 5 anni e fino ad allora potranno continuare a svolgere la propria attività.
 
Infine, si ricorda che è prevista la figura del responsabile tecnico per l’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali nelle categorie 1 (raccolta e trasporto di rifiuti urbani), 4 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi), 5 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali pericolosi), 8 (intermediazione e commercio di rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi), 9(bonifica di siti), 10 (bonifica dei beni contenenti amianto).
 
Il medesimo obbligo non è invece previsto per l’iscrizione “semplificata” alla categoria 2 bis dell’Albo gestori ambientali relativa al trasporto dei propri rifiuti non pericolosi o pericolosi in quantità non eccedenti 30 kg/30 litri/ giorno(art. 212 comma 8 del D.gs. 152/2006). 
 
 
In allegato la delibera dell’Albo gestori Ambientali del 28 novembre 2017 n. 10 (CLICCARE QUI PER SCARICARLA)

Nuove costruzioni: confermata la gratuità dei parcheggi pertinenziali

Tutti i parcheggi pertinenziali – sia quelli realizzati negli edifici esistenti ai sensi dell’art. 9 Legge 122/1989, sia quelli previsti nelle nuove costruzioni ai sensi dell’art. 41 sexies della Legge 1150/1942 – sono esenti dal contributo di costruzione in quanto espressamente individuati come opere di urbanizzazione dall’art. 11 della Legge 122/1989.
 
È quanto ha ribadito il TAR Emilia Romagna in una recente sentenza (sez. I, sede di Bologna, 20 novembre 2017, n. 751), aderendo ad un orientamento giurisprudenziale che si sta sempre più consolidando (vedi anche TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 13 luglio 2017, n. 545 e 9 ottobre 2014, n. 939; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 11 settembre 2017, n. 1087; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6033 e 24 novembre 2016, n. 4937).
 
Il TAR, riprendendo le argomentazioni già fornite dal Consiglio di Stato, ha evidenziato che:
  • la legge 122/1989 all’art. 11 ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio;
  • i parcheggi pertinenziali in generale vanno qualificati come opere di urbanizzazione e quindi a tutti – e non solo a quelli previsti per la fruizione collettiva – è  attribuito un rilievo pubblico;
  • tale qualificazione e la conseguente gratuità vanno estese (art. 41 sexies, comma 1, Legge 1150/1942) anche ai parcheggi delle nuove costruzioni ad eccezione di quelli che superano la misura di legge pari a 1 mq di superficie a parcheggio ogni 10 mc di costruzione e perché non destinati ad un uso collettivo.
Il TAR quindi ha annullato il provvedimento con cui un comune aveva chiesto ad una società il pagamento della quota del contributo di costruzione riferita al costo di costruzione relativa alle superfici dei parcheggi pertinenziali da realizzare nell’ambito di un intervento di nuova costruzione.
 
Si ricorda che la legge 246/2005 ha eliminato per i parcheggi realizzati nelle nuove costruzioni l’obbligo del vincolo pertinenziale a favore dei proprietari delle relative unita immobiliari. Pertanto questi parcheggi possono essere ceduti autonomamente e separatamente dalle nuove unità immobiliari.
 
 

In allegato: La sentenza del TAR Emilia Romagna, Bologna, 751/2017( clicca qui)

Aree con materiali di riporto, nuove indicazioni ministeriali

Dopo il DPR 120, entrato in vigore lo scorso 22 agosto, relativo alla gestione delle terre e rocce da scavo provenienti dall’attività dei cantieri edili, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – Direzione Generale per i rifiuti e l’inquinamento - con la Circolare  n. 0015786 del 10 novembre 2017 ha chiarito alcuni aspetti particolarmente importanti relativi agli interventi di trasformazione urbana in aree nelle quali sono presenti i materiali di riporto.
 
In via preliminare è opportuno ricordare che il DPR 120/17 aveva definito le condizioni in base alle quali i materiali di riporto possono essere trattati, qualora ricorrano le condizioni tecniche indicate nel citato DPR (articoli 2 e  4, allegato 10), come sottoprodotti adottando le procedure amministrative previste per le terre e rocce da scavo.
 
La Circolare ministeriale chiarisce alcuni aspetti di una materia che, soprattutto a seguito delle interpretazioni da parte degli enti locali e della magistratura, ha evidenziato criticità nonostante i ripetuti interventi legislativi avviati dal 2012 sino a quello del DPR 120/2017.
 
Per altro la Circolare n. 0015786 del 10 novembre 2017 è particolarmente importante, considerati i termini e gli orientamenti a suo tempo espressi nella nota inviata dal Ministero dell’ambiente all’ISPRA il 14 maggio 2014.
 
Nel merito dei contenuti della Circolare n. 0015786 si evidenzia, come già accennato, che è relativa alle modalità di gestione del suolo contenente le matrici materiali di riporto per la cui individuazione si deve fare riferimento all’art. 3 del decreto legge n. 2/2012 ossia il suolo costituito “da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri.”
 
Nel paragrafo III la Circolare fornisce le indicazioni di carattere operativo per le gestione di tre fattispecie di cui la prima è quella relativa all’ipotesi del suolo che rientra nelle specifiche del sottoprodotto (art. 2 - 4, All. 10 DPR 120/17) trasportato in altro sito/processo produttivo secondo le indicazioni e le procedure del DPR 120/17.
 
Le altre due ipotesi con le relative soluzioni, sono quelle di interesse per le trasformazioni del territorio e cioè:
  • Terre e rocce contenenti matrici materiali di riporto non contaminate e conformi al test di cessione ai sensi dell’art. 3 comma 2 DL 2/12 possono essere utilizzate nel sito di produzione ai sensi dell’art. 24 comma 1 del DPR 120/17 e dell’art. 185 del d.lgs. 152/06.
  • Terre e rocce contenenti matrici materiali di riporto contaminate e non conformi al test di cessione ai sensi dell’art. 3 commi 2 e 3 DL 2/12 rappresentando fonti di contaminazione devono essere alternativamente:
  1. rimosse (procedura di bonifica);  
  2. sottoposte a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l'area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute (tali attività vanno intraprese in tutte quelle ipotesi in cui la normativa sulle bonifiche prevede l’applicabilità della messa in sicurezza permanente);
  3. rese conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento che rimuovano i contaminanti (in tali casi si prevede il “trattamento” di tali matrici, che ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera s), del d.lgs. n. 152 del 2006 consiste in tutte quelle “operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento”).
Infine, la Circolare precisa che se nelle matrici materiali di riporto è presente una fonte di contaminazione si dovrà procedere alla sua eliminazione prima del riutilizzo nel sito di produzione.
 
 

Recesso del committente: l’appaltatore deve essere indennizzato

In un contratto di appalto il committente è sempre libero, anche se i lavori sono già iniziati, di esercitare il diritto di recesso che la legge (art. 1671 del codice civile) gli riconosce. L’esercizio del diritto di recesso è svincolato da qualsiasi ipotesi di inadempimento dell’appaltatore e può essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente a porre fine al rapporto non essendo configurabile un diritto dell’appaltatore a proseguire nell’esecuzione dell’opera. Non è quindi necessario addurre alcuna giustificazione.
 
Ne consegue che può essere motivato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti di inadempimento (Cass. civ., sez. II, Ordinanza n. 23558 del 9-10-2017; Cass. civ., sez. II, n. 2130 del 27-1-2017).Anche qualora trovi la propria giustificazione in una violazione degli obblighi contrattuali da parte dell’appaltatore medesimo, il giudice non è tenuto a indagare né l’importanza né l’esistenza dell’inadempimento di quest’ultimo, a meno che il committente pretenda anche il risarcimento del danno (Cass. civ., sez. II, n. 2130 del 27-1-2017;Cass. civ. n. 10400 del 22-4-2008; Cass. civ. n. 11642 del 29-7-2003).
 
Il recesso non può più essere fatto valere se i lavori oggetto di appalto siano stati ultimati. Secondo la dottrina è irrilevante il fatto che l’opera non sia stata accettata dal committente: una volta completata l’opera il contratto ha ormai esaurito i suoi effetti, essendo stato raggiunto lo scopo per il quale lo stesso è stato sottoscritto. Il recesso comunicato dopo il compimento dell’opera sarà pertanto privo di efficacia e il committente sarà tenuto a corrispondere all’appaltatore il corrispettivo ancora dovuto.
 
Si fa presente che, nell’ambito del contratto,  le parti hanno facoltà di derogare alla disciplina codicistica regolando, quindi, in maniera diversa il recesso unilaterale del committente fino ad escluderlo (Cass. civ., n. 1295 del 29-1-2003).
 
L’aspetto importante è sicuramente quello riguardante l’indennizzo cui ha diritto, come anticipato, l’appaltatore che deve essere calcolato sulla base delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
 
Per spese sostenute si fa riferimento ai costi sopportati dall’appaltatore, che non si siano tradotti in lavori eseguiti. In questa voce di indennizzo rientrano a titolo di esempio: le spese di acquisto e trasporto di materiali che non sono stati utilizzati per la realizzazione delle opere oggetto dell’appalto e che, a seguito del rimborso, diventano di proprietà del committente; le spese per sopralluoghi; le spese per impianti di sorveglianza del cantiere.
 
Per quanto riguarda i lavori già eseguiti si deve fare riferimento a quelli svolti fino al momento del recesso.
 
L’indennizzo da mancato guadagno si riferisce, infine, ai lavori rimasti ineseguiti, ed è l’utile netto che l’appaltatore avrebbe avuto da essi se avesse potuto portare a termine l’opera. E’ onere dell’appaltatore che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno dimostrare quale sarebbe stato il guadagno conseguibile con l'esecuzione delle opere appaltate costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell'appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere (Cass. civ., sez. II, n. 8853 del 5-4-2017; Tribunale Grosseto, n. 652 del 4-7-2017).
 
In chiusura va segnalata una sentenza del Tribunale Napoli, sez. IV, 29-4-2016ai sensi della qualese contrattualmente previsto, l’appaltatore può legittimamente rifiutare la consegna del cantiere, anche a seguito dell’esercizio del diritto di recesso unilaterale da parte del committente, sino al versamento integrale degli importi dovuti.

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