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Distanze fra costruzioni: quando si applicano i limiti del DM 1444/1968

 L’art. 9 del DM 1444/1968 prescrive per i nuovi edifici ricadenti in zone diverse dalla zona A “la distanza minima assoluta di metri 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti” (comma 1, n. 2), mentre sono ammesse distanze inferiori solo nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano-volumetriche comma 3, ultimo periodo). 

La giurisprudenza è costante nel ritenere che si è in presenza di una norma inderogabile posta a garanzia di esigenze collettive connesse all’igiene e alla sicurezza, laddove la tutela del diritto di proprietà degli immobili circostanti è assicurata dalla disciplina delle distanze fra costruzioni prevista dal Codice civile.
 
Nella sentenza della sezione IV, 14 settembre 2017, n. 4337, il Consiglio di Stato è tornato sul tema dei limiti di distanza fra costruzioni, affermando alcuni principi innovativi e cioè: 
  • l’art. 9, comma 1, n. 2 del DM 1444/1968 riguarda la nuova pianificazione del territorio e quindi i nuovi edifici, intendendosi per tali gli edifici o parti di essi (es. sopraelevazioni) costruiti per la prima volta. L’art. 41 quinquies della Legge 1150/1942, del resto, ha previsto limiti inderogabili di densità edilizia, altezza distanza, ecc. ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti;
  • l’art. 9, comma 1, n. 2 del DM 1444/1968 non riguarda gli interventi sul patrimonio edilizio esistente e dunque gli immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione; in questi casi infatti l’applicazione del limite di 10 metri comporterebbe un arretramento dell’edificio rispetto all’allineamento degli altri fabbricati preesistenti con conseguente perdita coattiva di volume (una sorta di espropriazione del diritto di proprietà) e realizzazione di intercapedini, rientranze e spazi chiusi nocivi per l’igiene e la salubrità;
  • per stabilire se un intervento è soggetto al limite inderogabile di distanza di 10 metri non rileva, come nel caso esaminato nella sentenza, che sia qualificato come “nuova costruzione” e che sia stato oggetto di permesso di costruire (in particolare si trattava di una demolizione con ricostruzione di un edificio completamente diverso per tipologia e destinazione d’uso);
  • ciò che rileva per l’applicazione del limite inderogabile di distanza di 10 metri non è la formale definizione dell’intervento, ma il dato concreto della preesistenza di un immobile che si trova a distanza inferiore a quella prevista dall’art. 9, comma 1, n. 2.

   In allegato la sentenza del Consiglio di Stato n. 4337/2017 ( cliccare qui per scaricarla)

Legge concorrenza: le norme per il mercato privato

E’ stata pubblicata sulla GU del 14 agosto 2017, n. 189 la Legge del 4 agosto 2017, n. 124 recante “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”.

 
Di seguito alcune novità per il settore privato.
 
Il conto corrente “vincolato” dei notai (articolo 1 commi 142-143)
 
La legge sulla concorrenza interviene sulle regole per la tenuta, da parte dei notai, di un conto corrente vincolato per il deposito di alcune determinate somme. Il meccanismo del deposito vincolato era stato introdotto per la prima volta dalla Legge di Stabilità per il 2014 (Legge n. 147/2013) e di fatto mai entrato a regime per la mancata emanazione del regolamento attuativo. A suo tempo peraltro l’Ance aveva manifestato perplessità e preoccupazioni nei confronti della norma che mirava ad imporre, per le compravendite immobiliari, l’obbligo di depositare temporaneamente presso il notaio la somma pattuita.
 
Tale previsione è stata confermata anche dalla legge di modifica; tuttavia la scelta sul se depositare, fino alla trascrizione dell’atto nei registri immobiliari, la somma pattuita presso il conto vincolato appositamente creato oppure versarla direttamente a favore del venditore è stata rimessa alla volontarietà della parti contraenti e questo sembra maggiormente rispondere all’esigenza di introdurre norme a garanzia della trasparenza delle contrattazioni immobiliari preservando al contempo la libera volontà della parti (di fatto della sola parte acquirente l’unica che potrebbe vantare un reale interesse a far valere tale facoltà). Si ricorda che la disciplina sul deposito del prezzo è stata pensata con la finalità evidente di tutelare l’acquirente contro l’eventualità che, prima della trascrizione dell’atto di compravendita, sia trascritto un altro atto dispositivo dell’immobile oppure sia trascritta un’altra formalità pregiudizievole (es. ipoteca, pignoramento).
 
Nel dettaglio ecco cosa prevedono i commi da 63 a 67 dell’art. 1 della L. 147/2013 come modificata e integrata dalla Legge 124/2017: 
  • Obbligo, per il notaio, o altro pubblico ufficiale, di deposito su un conto corrente dedicato delle seguenti somme:
-   i tributi per i quali il notaio (o pubblico ufficiale) sia sostituto o responsabile d’imposta (es. imposte di registro, ipotecarie e catastali);
-   le spese anticipate per atti a repertorio ricevuti o autenticati e soggetti a pubblicità immobiliare (trascrizione, iscrizione, annotazione) commerciale (es. iscrizione nel registro delle imprese);
-   ogni altra somma affidatagli e soggetta ad obbligo di annotazione nel registro delle somme e dei valori (di cui alla legge 22 gennaio 1934, n. 64);
 
Finalità della normativa è di tutelare le parti in relazione ad eventi che possono creare confusione di tali somme con altre di proprietà del notaio. Le somme depositate nel conto corrente costituiscono, infatti, patrimonio separato. La previsione è relativa ad ipotesi di versamento di somme che, comunque, a prescindere dalla novella legislativa, andrebbero depositate presso il notaio. La novità consiste nell’obbligo, gravante sul notaio, di predisporre un apposito conto corrente.
  • Obbligo, per il notaio o altro pubblico ufficiale di deposito su un conto corrente dedicato, se richiesto da almeno una delle parti e conformemente all’incarico conferito:
-   dell’intero prezzo o corrispettivo, ovvero il saldo, se determinato in denaro, oltre alle somme destinate ad estinzione di gravami o spese non pagate (es. spese condominiali) o di altri oneri (es. mutuo garantito da ipoteca sull’immobile venduto) dovuti in occasione del ricevimento o dell’autenticazione di atti di trasferimento della proprietà o di trasferimento, costituzione o estinzione di altro diritto reale su immobili o aziende.
 
Si tratta, in sostanza, di somme che, di norma, non sono versate su un conto corrente presso il notaio ma transitano direttamente da parte acquirente a parte venditrice. La novità consiste nell’aver previsto la facoltà per le parti di chiedere espressamente che, a scopo cautelativo, tali importi siano provvisoriamente vincolati nell’apposito conto corrente notarile. La previsione della “segregazione” del conto corrente si applica, naturalmente, anche a questa fattispecie pur non rappresentandone la finalità principale ma determinando, in ogni caso, la possibilità di evitare pregiudizi alle parti.
 
Anche se la norma fa riferimento genericamente a somme dovute in occasione di atti di trasferimento della proprietà il caso più frequente deve intendersi riferito sicuramente alle compravendite immobiliari (escluso però il contratto preliminare di compravendita).
Una volta eseguite la registrazione e la pubblicità dell’atto, lo svincolo delle somme accantonate avverrà solo dopo che il notaio abbia verificato l’assenza di gravami e formalità pregiudizievoli ulteriori rispetto a quelle preesistenti. Se la verifica dà positivo il notaio deve provvedere senza indugio a disporre lo svincolo degli importi depositati a favore degli aventi diritto.
 
La legge non dispone nulla per l’ipotesi in cui la verifica da parte del notaio abbia esito negativo.
 
Aggiornamento catastale per gli interventi di attività edilizia libera (articolo 1 commi 172 e 173)
 
A partire dal 29 agosto 2017 (entrata in vigore della Legge 124/2017) chi esegue interventi di attività di edilizia libera ai sensi dell’articolo 6 del Dpr 380/2001 (ossia senza la presentazione di alcun titolo/comunicazione) è tenuto, nei casi in cui la legge lo preveda, a presentare direttamente, se necessario, i relativi atti di aggiornamento catastale.
 
L’articolo 1, comma 172, della Legge 124/2017 ha, infatti, sostituito il comma 5 dell’articolo 6 del Dpr 380/2001 prevedendo che spetti direttamente all’interessato presentare nei casi previsti dalle vigenti disposizioni gli eventuali atti di aggiornamento catastale.
 
Si ricorda che l’articolo 6 del Dpr 380/2001 è stato oggetto di modifica da parte del D.lgs. 25 novembre 2016, n. 222 (cd. Scia 2) che, in particolare, ha abrogato il comma 5 che prevedeva che spettasse all’amministrazione comunale (e non al privato) procedere al “tempestivo” inoltro della Comunicazione di inizio lavori (CIL) o della Comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), integrata dalla comunicazione di fine lavori, all’Agenzia delle entrate nel caso in cui, a seguito delle opere, vi fosse la necessità di provvedere all’aggiornamento catastale.
 
Questa norma era stata introdotta dal Dl 133/2014 convertito in Legge 164/2014, ma da subito aveva creato dei problemi applicativi in quanto la documentazione necessaria per l’accatastamento/variazione catastale deve seguire determinati schemi che non corrispondono in genere con quelli utilizzati per i progetti edilizi. La Legge 124/2017 (modificando il comma 5 dell’articolo 6 “una norma abrogata”) ha, quindi, reintrodotto l’obbligo a carico dei soggetti interessati di presentare i relativi atti di aggiornamento catastale con riferimento agli interventi di edilizia completamente libera (come modificati dal D.lgs. 222/2016).
 
Si ricorda che il D.lgs. 222/2016 ha:
-    eliminato la CIL e ricondotto i relativi interventi tra quelli completamente liberi (ora previsti dall’articolo 6 del DPR 380/2001);
-    introdotto un nuovo articolo (art. 6bis del Dpr 380/2001) relativo alle opere che sono invece soggette a CILA (comunicazione di inizio lavori asseverata).
 
In riferimento agli interventi soggetti a CILA rimane fermo quanto già previsto dalle modifiche apportate dal D.lgs. 222/2016 ossia che spetta all’amministrazione comunale di procedere all’inoltro tempestivo all’Agenzia delle entrate solo nel caso in cui la comunicazione di fine lavori sia accompagnata dalla prescritta documentazione per la variazione catastale.
 
La legge 124/2017 ha, inoltre, previsto una disposizione transitoria (comma 173) finalizzata a disciplinare l’aggiornamento dei dati catastali per gli interventi edilizi “già attivati” alla data di entrata in vigore del presente provvedimento prevedendo che il mancato adempimento entro 6 mesi dalla medesima data comporta l’applicazione delle sanzioni previste per le violazioni in materia di accatastamento.
 
In particolare, la norma fa riferimento agli interventi edilizi richiamati all’articolo 6, comma 5, del Dpr 380/2001 nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame e cioè quello che faceva riferimento all’aggiornamento catastale d’ufficio ove necessario.
 
Sul punto si evidenzia che in considerazione del fatto che la norma richiamata non è più in vigore dall’11 dicembre 2016 (entrata in vigore del D.lgs. 222/2016) bisognerà far riferimento agli interventi richiamati dal comma 5 dell'articolo 6 prima che questo venisse abrogato dal citato decreto.
 
In breve
Attività completamente libera (Articolo 6 Dpr 380/2001
Se la legge prevede l’aggiornamento catastale spetta all’interessato presentare direttamente entro 30 giorni dal momento in cui le mutazioni nello stato dei beni delle unità immobiliari si sono verificate, ai sensi dell'articolo 34-quinquies, comma 2, lettera b), del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4.
Interventi soggetti a CILA (Articolo 6bis del Dpr 380/2001)
L’aggiornamento catastale può essere eseguito d’ufficio dall’amministrazione comunale solo se la comunicazione di fine lavori sia accompagnata dalla prescritta documentazione per la variazione catastale.

2 allegati

Deposito prezzo notaio_testo a fronte
Legge 124-2017 art. 1 commi 172-173

Terre e rocce da scavo: in vigore dal 22 agosto il nuovo regolamento

Con la pubblicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120 nella Gazzetta Ufficiale n. 183 del 7 agosto 2017 si chiude il percorso di revisione della normativa sulle terre e rocce da scavo avviato dal Governo con l’art. 8 del Decreto Legge n. 133/14 convertito nella Legge n. 164/14.
 
Il DPR 120/17, oggetto di un iter quanto mai complesso e per certi versi innovativo, è stato emanato in notevole ritardo rispetto al termine previsto dall’art. 8 scaduto il 10 febbraio 2015.
 
Un iter innovativo in quanto, lo schema di DPR 120/17 è stato oggetto, oltre ai pareri del Consiglio di Stato, delle Commissione parlamentari, della Conferenza Unificata, anche di una consultazione pubblica conclusasi il 19 dicembre 2015 attivamente partecipata dall’ANCE sia attraverso la risposta al questionario proposto dal Governo, sia con una specifica nota tecnica.
 
Il DPR 120/17, ed è opportuno evidenziarlo, non attua tutte le indicazioni dell’art. 8 del Decreto Legge n.  133/14, ma solo una parte di esse con il risultato che non contribuisce a risolvere tutte le problematiche applicative emerse a seguito delle esperienze pluriennali sulla materia sia a seguito della realizzazione delle cosiddette grandi opere sia di interventi “normali”, nonché per il sovrapporsi di disposizioni normative di vario ordine (Decreto ministeriale, leggi ecc.).
 
Se, da un lato, con il DPR 120/17 si registrano alcuni positivi chiarimenti soprattutto di natura tecnica, dall’altro, vi sono degli irrigidimenti procedurali nella gestione delle terre e rocce provenienti dai cantieri relativi ad opere/attività non soggette a VIA/AIA e da quelli relativi ad opere/attività soggette VIA/AIA con volumi di scavo sino a 6.000 mc, nonché un evidente aggravio amministrativo, temporale ed economico per l’utilizzo delle terre e rocce provenienti dai siti soggetti a bonifica e da quelli con valori di fondo naturale superiori ai limiti di legge.
 
Altro aspetto fortemente critico del DPR 120/17 e la cui trattazione non sembrava essere stata inserita nella delega dell’art. 8 del Decreto Legge n. 133/14, è quello relativo all’utilizzo delle terre e rocce all’interno del sito di produzione che ora viene sempre esplicitamente assoggettato, per qualsiasi quantitativo, alla effettuazione della caratterizzazione ambientale secondo le indicazioni dell’Allegato 4 del DPR 120/17, mentre in precedenza era rimesso genericamente alle indicazioni dell’art. 185 del D. Lgs 152/06.
 
Infine si ricorda che il DPR 120/17 lascia inattuata l’indicazione dell’art. 8 DL 133/14 relativa alla razionalizzazione e semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce provenienti da cantieri di piccole dimensioni finalizzati alla costruzione o manutenzione di reti e infrastrutture. D’altro canto visto l’indirizzo generale assunto per l’utilizzo in sito delle terre e rocce, immaginare un percorso di semplificazione per questi cantieri, pur piccoli, sarebbe stato difficile e probabilmente, qualsiasi disposizione di contenuto diverso rispetto alla norma generale, avrebbe potuto divenire motivo di rinvio alla Corte Costituzionale. 
 
Il DPR 120/17, che è entrato in vigore il 22 agosto 2017 come espressamente riportato dalla Gazzetta Ufficiale, è composto da 31 articoli e 10 allegati alcuni dei quali con contenuto tecnico ed altri di tipo amministrativo, poiché riproducono la modulistica necessaria per svolgere gli adempimenti previsti dal DPR medesimo.
 
Per grandi linee il DPR 120/17 si compone di una:
-   parte dedicata alla gestione delle terre e rocce come sottoprodotti;
-   parte contenente varie disposizioni sia in materia di sottoprodotti sia di rifiuti.
 
E’ altresì opportuno sottolineare, in modo positivo, la volontà del Governo, espressa nel DPR 120/17, di seguire il progresso della tecnologia attraverso la possibilità, riconosciuta dall’art. 27 comma 6, di futuri aggiornamenti degli allegati mediante un decreto del MATM, di concerto con il MIT e previo parere di ISPRA e ISS, sentita la Conferenza Unificata.
 
Si tratta di un iter complesso ma che potrà essere attivato nel tempo ogni qual volta ve ne sarà la necessità.
 
Infine, per quanto attiene ai cantieri in attività alla data di entrata in vigore del DPR 120/17 e cioè il 22 agosto 2017, si evidenzia che la gestione delle terre come sottoprodotto effettuata secondo le regole previgenti non subirà modifiche, anche se per alcuni adempimenti (es. trasporto, dichiarazione, utilizzo) potrebbe essere utile adottare sin da ora le indicazioni comportamentali individuate dal DPR 120/17.
 
 

Appalto privato: il preventivo vale come contratto?

Il contratto di appalto è, in linea di principio, un contratto a forma libera non essendo soggetto ad alcun vincolo di forma. Questo principio oltre a trovare conferma nel codice civile è stato avvalorato dalla giurisprudenza:
“La stipulazione del contratto di appalto non richiede quale requisito la forma scritta". (Cassazione civile, sez. II, 06/06/2003,  n. 9077)
“In tema di contratto di appalto, non essendo richiesta la forma scritta ex lege, ove questa non sia stata convenuta dai contraenti o da uno di essi richiesta, deve trovare normale applicazione il principio di libertà di forma nella manifestazione della volontà negoziale, dal quale discende che il valutare se l'accordo sia stato o meno raggiunto per consenso manifestato in forma orale o anche tacitamente, per facta concludentia (ad. es. mediante l’inizio dell’esecuzione della prestazione).” (Tribunale Bari, sez. IV, 22/06/2015,  n. 2815).
Il contratto d'appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, né ad substantiam, né ad probationem, potendo dunque essere concluso anche per facta concludentia.” (Cassazione civile, sez. I, 26/10/2009,  n. 22616)
Non essendoci requisiti di forma anche l’esecuzione di lavori edili privati (di qualsiasi tipo) può essere affidata, quindi senza la sottoscrizione di un contratto scritto oppure, come spesso accade, utilizzando e accettando semplicemente il preventivo dei lavori. Se ciò, come visto, è in linea teorica ritenuto giuridicamente ammissibile è, tuttavia, vero che la probabilità di un contenzioso tra le parti è potenzialmente più elevata. Questo deriva sia dalle naturali vicissitudini che possono interessare il rapporto contrattuale, anche per il sopraggiungere di eventi inattesi o comunque non regolati dall’inizio (eventi atmosferici eccezionali, varianti in corso d’opera, lavori extra contrattuali, ritardi ecc.), sia perché, anche in conseguenza di alcune norme civilistiche ovvero di altre discipline di settore (tra cui quella in materia di obblighi sulla sicurezza dei lavoratori), potrebbe essere necessario rispettare determinati requisiti di forma e contenuto. Basti solo pensare alla necessità di dover accertare il regime delle responsabilità delle diverse figure professionali che prendono parte all’appalto così come dello stesso committente. 
Fatto questo breve inquadramento si richiama quanto affermato dalla Corte di Cassazione, II sezione civile, nella sentenza n. 14006 del 6 giugno 2017 proprio in ordine ad una questione relativa alla necessità di accertare se un semplice “preventivo” di spesa, recante anche la firma del destinatario ma senza alcuna indicazione su: data inizio lavori, modalità di esecuzione lavori, mancata indicazione dei termini di pagamento, potesse configurarsi come contratto di appalto dando con ciò diritto all’impresa ricorrente al risarcimento danni per recesso unilaterale dal contratto (da parte del presunto committente) ai sensi dell’articolo 1671 c.c..
Al di là del nome letterale dato ad un “documento”, ai fini del suo inquadramento in una delle figure contrattuali tipiche, occorre accertare la volontà negoziale delle parti. Ciò, oltre ad essere una precisa regola di diritto ai sensi dell’art. 1362 c.c., ha evidenziato la Corte rigettando il ricorso, è stato il percorso logico giuridico correttamente seguito dal Giudice di pace e dal Tribunale. In tal caso l’analisi condotta dai giudici ha rilevato non solo la mancanza di una descrizione analitica di tempi e modalità dell’esecuzione dell’opera e di pagamento del corrispettivo ma altresì di espressioni idonee ad evidenziare, in modo univoco, il sorgere del rapporto contrattuale, ritenendo al riguardo irrilevante la mera sottoscrizione del preventivo da parte del committente non accompagnata da alcuna espressione da cui potesse desumersi l’assunzione di una vera e propria obbligazione.
Il caso affrontato nella sentenza della Corte porta a suggerire l’utilizzo in forma scritta del contratto per l’affidamento di lavori edili specie laddove questi hanno una certa consistenza non solo in termini economici ma anche per la durata del cantiere, la necessità di ricorrere al subappalto per alcune lavorazioni, l’opportunità di regolare gli stati di avanzamento e i termini di pagamento ecc.
A tal fine si ricorda che l’ANCE ha predisposto uno schema di Contratto di appalto tipo per lavori privati di cui, su richiesta, è disponibile anche una versione in lingua inglese.
 
Allegati:
 

Impianti sportivi: nuove regole per realizzazione e riqualificazione

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 95 (Suppl. Ord. n. 20) del 24 aprile scorso è stato pubblicato il decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”.
 
Fra le misure di interesse del settore privato si segnala la modifica della procedura semplificata per favorire l’ammodernamento e la costruzione degli impianti sportivi, prevista dall’art. 1, commi 303-305 della Legge 147/2013 (Legge di stabilità 2014) e incentrata su due passaggi in conferenza di servizi, poteri di surroga del Presidente del Consiglio dei Ministri e su strumenti di finanziamento innovativi, con la possibilità di accompagnare all’impianto sportivo altri tipi di interventi strettamente funzionali alla fruibilità dell’impianto stesso e al raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa, ad esclusione di nuovi complessi di edilizia residenziale.
 
L’art. 62 del Decreto Legge 50/2017 integra tale normativa, da un lato adeguandola alle innovazioni nel frattempo intervenute in materia di conferenza di servizi e di contratti pubblici d’appalto, e dall’altro specificando e ampliando l’ambito di applicazione di alcune previsioni e cioè:
 
- lo studio di fattibilità, avente valore di progetto preliminare e su cui si pronuncerà la conferenza di servizi preliminare (art. 1, comma 304, lett. a, Legge 147/2013), può ricomprendere anche la costruzione di immobili con destinazioni d’uso diverse da quella sportiva, complementari e/o funzionali al finanziamento e alla fruibilità dell’impianto e può prevedere la demolizione dell’impianto da dismettere, la sua demolizione e ricostruzione anche con diversa volumetria e sagoma ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d) (ristrutturazione edilizia) ed f) (ristrutturazione urbanistica) del Dpr 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
 
In caso di interventi su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, lo studio di fattibilità può prevedere anche la cessione a titolo oneroso del diritto di superficie (max 90 anni) o del diritto di usufrutto (max 30 anni) dell’impianto sportivo e/o di altri immobili di proprietà pubblica per il raggiungimento dell’equilibrio finanziario dell’iniziativa. In questi casi viene ora richiesto alla società o all’associazione sportiva promotori dell’iniziativa il possesso dei requisiti previsti dall’art. 183, comma 8 del D.lgs. 50/2016 in tema di finanza di progetto.
 
- la conferenza di servizi decisoria (art. 1, comma 304, lett. b, Legge 147/2013) si svolge in forma simultanea e in modalità sincrona - ossia con la partecipazione dei rappresentanti delle amministrazioni competenti - eventualmente in sede unificata con quella avente ad oggetto la valutazione di impatto ambientale (VIA). Il verbale conclusivo può costituire anche variante allo strumento urbanistico generale, nel qual caso deve essere sottoposto a ratifica del Consiglio comunale.
 
Il Decreto Legge è in corso di conversione in Parlamento.
 

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