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Bonus fiscali per la casa, il punto dell’ANCE sulle pronunce dell’Agenzia delle Entrate

Data l’importanza nonché la frequenza delle pronunce dell’Agenzia delle Entrate in tema di Bonus edilizia, Ecobonus, Sismabonus, e Detrazione cumulata Eco+Sismabonus, si è ritenuto utile compilare un Dossier che facesse il punto sui principali documenti di prassi prodotti dall’Amministrazione Finanziaria sui bonus fiscali per la casa.
Si tratta di una raccolta sintetica delle principali pronunce (Provvedimenti, Risoluzioni, Circolari, e Risposte ad Interpello) emesse dall’Agenzia delle Entrate, sulle agevolazioni sopra indicate, in particolare nel periodo che va dal 1 gennaio 2018 al 30 giugno 2019.
Con questo Dossier di riepilogo, che verrà aggiornato periodicamente, si intende fornire uno strumento analitico di consultazione degli orientamenti e delle interpretazioni normative forniti dall’Amministrazione Finanziaria sui bonus fiscali, che per alcuni aspetti, come ad esempio quello legato alla cessione del credito delle detrazioni cd. Ecobonus e Sismabonus, hanno inciso sulla disciplina e l’ambito di applicazione delle agevolazioni stesse.

Emerge, inoltre, da una lettura complessiva dei vari documenti anche un quadro delle questioni ancora aperte, quale ad esempio l’assenza, ad oggi, di indicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate circa le modalità da seguire per rendere “operativa” la cessione del credito corrispondente alla detrazione riconosciuta in caso di acquisto di unità immobiliari antisismiche.

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Dossier

ANCE - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941

 

Consorzio costituito a valle di ATI – Ribaltamento di costi e ricavi

Regime IVA, IRES ed IRAP del ribaltamento dei costi e dei ricavi da parte di un Consorzio costituito a valle di un'ATI appaltatrice di lavori pubblici, in base ad un mandato senza rappresentanza.
Questo il contenuto della Risposta 12 giugno 2019, n.188 con la quale l'Agenzia delle Entrate risponde ad un'istanza d'interpello formulata da un Consorzio costituito per l'esecuzione di un contratto d'appalto di lavori pubblici.
In particolare, nella fattispecie oggetto di esame da parte dell'Agenzia, le imprese aggiudicatarie di un appalto pubblico di lavori nel settore edile si sono, dapprima, raggruppate in associazione temporanea di imprese – ATI, ed in seguito hanno costituito, in virtù di un mandato senza rappresentanza[1], un Consorzio per l'esecuzione delle prestazioni di servizi oggetto del contratto.
Quest'ultimo organismo, dotato di autonomia soggettiva rispetto alle singole imprese consorziate, proprio sulla base della tipologia di mandato ad esso conferito, in virtù della quale agisce in nome proprio e per conto delle stesse, procede direttamente alla fatturazione delle lavorazioni alla Stazione appaltante e ribalta alle medesime imprese i relativi costi e ricavi[2].
Al riguardo, viene chiesto di conoscere il regime fiscale IVA e delle imposte dirette (IRES ed IRAP), relativo alla fase di ribaltamento, alle singole imprese consorziate, dei costi e dei ricavi relativi all'esecuzione del contratto d'appalto.
In merito, sulla base delle indicazioni fornite nello Statuto del Consorzio circa la propria soggettività passiva dal punto di vista fiscale, l'Agenzia delle Entrate evidenzia che il rapporto giuridico instauratosi tra il Consorzio e le imprese associate è effettivamente configurabile come un "mandato senza rappresentanza".
Ciò comporta che gli effetti giuridici delle operazioni eseguite si producono direttamente in capo al Consorzio, con la conseguenza che:
- ai fini IVA:
- nelle fatture emesse dalle imprese consorziate, relative al ribaltamento dei corrispettivi percepiti dal Consorzio, deve essere esposta l'IVA con l'aliquota propria delle prestazioni effettuate dal Consorzio alla Stazione appaltante (cd. "doppia fatturazione");
- i costi sostenuti dal Consorzio, relativi alle prestazioni da questo eseguite, e ribaltati «analiticamente e per natura» alle imprese consorziate, devono essere assoggettati ad IVA, in base al regime specifico previsto per le singole operazioni eseguite a favore del Consorzio[3];
- ai fini IRES ed IRAP:
- costituiscono costi, per il Consorzio, sia quelli sostenuti direttamente per l'esecuzione delle prestazioni relative all'appalto, sia quelli derivanti dalle fatture emesse pro-quota nei suoi confronti dalle imprese consorziate, per i lavori da queste eseguiti.
Sul piano contabile e fiscale, tali costi devono essere indicati nel conto economico in base al principio di competenza[4] e risultano deducibili per il Consorzio, come componenti negative di reddito, ai fini IRES ed IRAP;
- costituiscono ricavi, per il Consorzio, sia gli importi da questo fatturati alla Stazione appaltante per l'esecuzione delle prestazioni, sia quelli fatturati alle imprese consorziate a titolo di ribaltamento dei costi sostenuti direttamente.
Come tali, quindi, tali componenti devono essere indicati nel conto economico e concorrono, sul piano fiscale, alla determinazione della base imponibile ai fini IRES ed IRAP.
In ogni caso, specifica l'Agenzia delle Entrate, la citata ripartizione dei costi e ricavi ai fini IRES/IRAP deve essere, poi, rettificata dal Consorzio in virtù della fase di ribaltamento degli stessi alle consorziate, in modo da riportare "a zero" sia le scritture contabili che l'imponibile fiscale.
Tale operazione consente, infatti, di far emergere, in capo alle consorziate medesime, il margine relativo alle prestazioni oggetto del contratto d'appalto, in base alla propria quota di partecipazione.
Viene, così, garantita la condizione di neutralità economica che caratterizza organismi come i Consorzi, nelle ipotesi in cui la causa del contratto societario è costituita da una «mera necessità organizzativa, di miglioramento dell'utilizzo delle risorse appartenenti a più imprenditori» (cfr. anche le C.M. 10/1988 e R.M. 52/E/20

[1] Ai sensi dell'art.3, co.3, del D.P.R. 633/1972 (cd. "Decreto IVA"). Cfr. anche l'art.1703 del codice civile.
[2]In particolare, le imprese consorziate emettono fattura nei confronti del Consorzio secondo le rispettive quote di partecipazione al capitale per un ammontare globale pari ai corrispettivi fatturati da quest'ultimo alla Stazione Appaltante.
Si tratta di un consorzio diverso dalla cd. "società consortile operativa", costituita a valle di un'ATI, ai sensi dell'art.93 del D.P.R. 207/2010 (cfr. anche l'art.216, co.14, del D.Lgs. 50/2016), per la quale l'Agenzia delle Entrate ha più volte precisato che la fatturazione avviene, in sede di ribaltamento, a costi tra la "società consortile operativa" e le consorziate, le quali fatturano a corrispettivi alla Stazione appaltante.
[3] Circa la corretta aliquota IVA da esporre nelle fatture di ribaltamento, l'Agenzia delle Entrate nella R.M. 188/2019 specifica che, nel caso di specie, si tratta di lavorazioni (di "rifunzionalizzazione e adeguamento") su impianti di depurazione, la cui definitiva qualificazione, come "opera di urbanizzazione primaria", spetta al Comune. Al riguardo, l'Amministrazione finanziaria ricorda che, nella sola ipotesi di "costruzione" dell'opera viene riconosciuta l'aliquota IVA agevolata del 10% (n.127-septies, Tab. A, parte III, allegata al D.P.R. 633/1972). La semplice manutenzione o adeguamento di un'opera già esistente sconta, invece, l'aliquota IVA ordinaria (cfr. R.M. 202/E/2008). Invece, le prestazioni di progettazione dell'impianto non sono autonomamente agevolabili con l'aliquota IVA del 10%, salvo che siano rese in dipendenza di un unico contratto d'appalto (cfr. R.M. 52/E/2008). Infine, conferma l'Agenzia, le prestazioni di gestione dell'impianto di depurazione sono assoggettate all'aliquota IVA del 10% (n.127-sexiesdecies, Tab. A, parte III, allegata al D.P.R. 633/1972).
[4]Cfr. art.109 del D.P.R. 917/1986 – TUIR.

1 allegato

Risposta 12 giugno 2019 n.188

IVA e fideiussione negli appalti pubblici – L’ANCE ribadisce il proprio orientamento

L'importo della fideiussione relativa alla rata di saldo, richiesta negli appalti pubblici, deve essere commisurato al solo corrispettivo, con esclusione dell'IVA.

Il medesimo principio vale anche nell'ipotesi di fideiussione in presenza di fatture emesse in regime di scissione dei pagamenti (cd. "split payment" - ter, del D.P.R. 633/1972).

Così ribadisce l'ANCE, confermando il proprio orientamento già espresso in passato[1] in risposta ad istanze specifiche pervenute dalle rete associativa, sulle modalità di determinazione dell'importo relativo alla fideiussione dovuta dall'appaltatore per la corretta esecuzione dei lavori, a garanzia della rata di saldo che questi deve ricevere dal committente in fase di collaudo provvisorio dell'opera.

L'ANCE giunge a tali conclusioni alla luce della normativa in tema di appalti pubblici, riferita alle garanzie correlate all'esatto adempimento contrattuale, cui è tenuto l'appaltatore ai fini dell'ottenimento del corrispettivo da parte della Stazione appaltante.

In tal senso, l'art.103 co.6, del D.lgs. n. 50/2016[2] stabilisce che, ai fini del pagamento a saldo per i lavori eseguiti in fase di collaudo provvisorio, l'appaltatore deve prestare un'idonea garanzia fideiussoria, bancaria o assicurativa.

L'ammontare della predetta garanzia si assume pari alla rata di saldo, aumentata degli interessi legali maturati nel periodo intercorrente tra la data di emissione del certificato di collaudo provvisorio e la data nella quale il collaudo diviene definitivo.

Tenuto conto che il saldo viene anticipato già al collaudo provvisorio dell'opera, la garanzia tutela la Stazione appaltante per gli eventuali vizi della stessa che dovessero presentarsi fino al collaudo definitivo (ossia, in linea generale, decorsi due anni dall'emissione del certificato di collaudo provvisorio, come previsto dall'art.102 co.3 del "Codice dei contratti pubblici").

Sotto il profilo fiscale, la norma sopracitata non specifica se nella garanzia debba essere incluso anche l'importo dell'IVA.

In assenza di chiarimenti specifici sul punto, si ritiene mutuabile quanto stabilito dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (ex AVCP, ora Autorità nazionale anticorruzione - ANAC), con riferimento all'art.113 del D.Lgs. 163/2006 (ora art.103 del D.Lgs. 50/2016) che disciplina la cd. "cauzione definitiva", ossia la garanzia fideiussoria che l'esecutore del contratto deve prestare, al momento dell'aggiudicazione, in misura pari al 10% dell'importo contrattuale.

Sul tema, con la Determinazione 11 settembre 2007, n.7, il predetto organismo ha chiarito che l'IVA deve essere esclusa dal computo dell'importo relativo alla fideiussione, sul presupposto che l'imposta non è parte dell'importo contrattuale, avendo questa un carattere accessorio e variabile rispetto al corrispettivo.

Il suddetto orientamento appare condivisibile, in considerazione del fatto che, da un punto di vista esclusivamente contrattuale, è il solo corrispettivo, e non anche l'IVA, che remunera l'esecutore dei lavori per la prestazione eseguita, tenuto conto che l'imposta sul valore aggiunto indicata in fattura costituisce, per l'appaltatore, una mera movimentazione finanziaria (cd. "principio di neutralità dell'IVA").

Infatti, l'ammontare dell'imposta versata dal committente insieme al corrispettivo perviene solo temporaneamente nella disponibilità dell'appaltatore, dovendo da questi essere versata all'Erario.

Al riguardo, si ritiene che quanto espresso dall'ex AVCP relativamente alla cauzione definitiva possa assurgere a principio di carattere generale, applicabile, quindi, anche alla fideiussione commisurata alla rata di saldo, sul presupposto che entrambe le citate garanzie sottendono alla medesima finalità di tutelare la Stazione appaltante da eventuali difformità e vizi delle opere rispetto a quanto stabilito nel contratto.

Tale circostanza risulta ancor più evidente per le fatture emesse dal 1° gennaio 2015 in regime di scissione dei pagamenti (cd. "split payment")[3].

E', quindi, palese che l'importo della fideiussione non possa comprendere un ammontare che, di fatto, non viene più corrisposto all'esecutore dei lavori, ma versato direttamente dalla Stazione appaltante all'Erario.

Peraltro, tale principio può essere desunto anche dai chiarimenti forniti, dapprima dell'Agenzia delle Entrate con la CM n.15/E del 13 aprile 2015 e, da ultimo, dalla Ragioneria Generale dello Stato con la Circolare , nelle quale sono state prese in considerazione alcune delle fattispecie relative alla disciplina dei pagamenti delle P.A. sulle quali il nuovo meccanismo dello "split payment" produce effetti[4].

A titolo esemplificativo, si fa riferimento a quanto espresso nell'ambito della disciplina dei pagamenti superiori a 5.000 euro (ex 10.000 euro), ai sensi dell'art.48-bis del D.P.R. 602/1973[5], nonché per quel che riguarda il DURC negativo[6].

In entrambi i casi, è stato precisato che l'importo su cui devono essere effettuate le verifiche (sia ai fini dell'art.48-bis, che del DURC negativo) coincide con il corrispettivo risultante in fattura, al netto dell'IVA, proprio in virtù del fatto che l'imposta non viene più corrisposta all'appaltatore.

Pertanto, in base alle considerazioni che precedono, si è dell'avviso che, in assenza di chiarimenti specifici, le citate precisazioni possano essere mutuate anche per gli importi da determinare ai fini della fideiussione sulla rata di saldo, con la conseguenza che questi debbano essere commisurati al solo corrispettivo, con esclusione dell'IVA.

[1] Cfr. ANCE "IVA e fideiussione per la rata di saldo negli appalti pubblici – Orientamento ANCE" - ID n. 21663 del 07 agosto 2015.
[2] Si tratta del cd. "Codice dei contratti pubblici".
[3]Di cui all'art.17-ter del DPR 633/1972, introdotto dalla legge di Stabilità 2015 (legge 190/2014).
[4] Cfr. ANCE "Pagamenti delle PA e verifiche fiscali: nuovi chiarimenti dalla Ragioneria dello Stato"-ID n. 32020 del 22 marzo 2018 e ANCE "Split Payment – CM 15/E/2015 e il punto sui chiarimenti dell'AdE" - ID n.20122 del 15 aprile 2015.
[5] In base a tale disposizione, le Pubbliche Amministrazioni (e le società a prevalente partecipazione pubblica) possono sospendere i pagamenti, per importi superiori a 5.000 euro, nell'ipotesi in cui il beneficiario risulti inadempiente rispetto all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle esattoriali, per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo.
[6] Come noto, l'art. 30 comma 5 del Codice dei contratti prevede che in caso di inadempienza contributiva risultante dal DURC le PA, prima di effettuare pagamenti a favore dei propri fornitori, attivino il c.d. "intervento sostitutivo" che consiste nel pagare l'importo dovuto direttamente all'istituto previdenziale o assicurativo creditore.

Ecobonus – Nuove risposte dell’Agenzia delle Entrate

Le agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici spettano anche per gli interventi che comportano la demolizione e ricostruzione del fabbricato con una volumetria inferiore rispetto a quella preesistente, sempre nel rispetto dei limiti di efficienza e trasmittanza energetica posti normativamente a vincolo per l'accesso del beneficio.
Allo stesso modo, nell'ipotesi in cui uno solo dei condòmini sostenga integralmente a titolo personale le spese per il rifacimento del tetto dell'edificio condominiale, lo stesso beneficio spetta anche con riferimento alle spese eccedenti la quota parte a lui riferibile in base alla tabella millesimale.

Questi gli ultimi chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate in tema di applicabilità delle detrazioni per la riqualificazione energetica (cd. Ecobonus[1]), contenuti rispettivamente nelle risposte dell'Agenzia delle Entrate n.210 e n.213 del 27 giugno 2019.

Demolizione e ricostruzione con riduzione volumetrica
Al riguardo, l'Agenzia delle Entrate chiarisce che la detrazione per interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti risulta applicabile anche nell'ipotesi di interventi di demolizione e ricostruzione da cui risulti una volumetria inferiore rispetto a quella preesistente.
Come già affermato in tema di detrazione IRPEF del 50% per le ristrutturazioni edilizie[2], l'Amministrazione finanziaria argomenta la propria posizione rinviando a quanto specificato dal parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 16 luglio 2015, che ha sciolto alcuni nodi interpretativi circa l'esatta individuazione degli interventi di "ristrutturazione edilizia", di cui all'art.3, co.1, lett. d, del D.P.R. 380/2001[3].
Secondo tale Organismo, in particolare, gli «interventi di demolizione e ricostruzione che non sfruttino l'intera volumetria preesistente, ma ne ricostruiscano soltanto una quota parte (...) appaiono rientrare a pieno titolo nella fattispecie della ristrutturazione edilizia».
L'Agenzia, tuttavia, ribadisce che tale conclusione può ritenersi valida soltanto nel caso in cui l'intervento di riqualificazione sia riferito ad un immobile non sottoposto ai vincoli previsti dal D.Lgs. 42/2004 (cd. "Codice beni culturali e paesaggio").
Infatti, per tale tipologia di immobili, cd. immobili sottoposti "a vincolo", tra gli interventi di "ristrutturazione edilizia", di cui all'art.3, co.1, lett. d, del D.P.R. 380/2001, sono ricompresi quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione e nel ripristino di edifici crollati o demoliti, solo se viene rispettata la sagoma dell'edificio preesistente, requisito che non può essere rispettato in caso di variazione volumetrica (anche in diminuzione).

Spese su "parti comuni" sostenute da un unico condomino
Nell'ipotesi di rifacimento del tetto di un condominio, in presenza di spese sostenute da uno solo dei condòmini, l'Ecobonus è riconosciuto, nella misura del 65% e nel rispetto di un unico limite massimo di spesa pari a 60.000 euro, per l'intero ammontare delle stesse, e non solo sulle spese a lui riferibili in base alla tabella millesimale.
In tal caso, per i pagamenti eseguiti (in acconto e a saldo) nel periodo d'imposta 2018, viene ammessa la cessione del credito, ma resta fermo che, trattandosi di lavori condominiali, i relativi adempimenti devono essere eseguiti dall'amministratore.
L'Agenzia delle Entrate, nella citata risposta n.213 ha fornito chiarimenti in merito all'applicabilità dell'Ecobonus in caso di lavori di rifacimento del tetto di un condominio, effettuati da un solo condòmino, che ne ha sostenuto interamente la spesa[4].
Al riguardo, viene precisato che:
- l'applicabilità del beneficio viene ammessa per l'intero ammontare delle spese sostenute dal condòmino, e non solo sull'importo a lui riferibile in base alla tabella millesimale, nella misura del 65% ed entro un unico limite massimo pari a 60.000 euro[5].
Tale importo, specifica l'Amministrazione finanziaria, deve riferirsi unicamente all'unità immobiliare posseduta dal condòmino, non essendo applicabili, nel caso di specie, gli ulteriori limiti di spesa attribuibili alle altre unità che compongono l'edificio[6];
- viene ammessa la cessione del credito[7] per l'intero ammontare della detrazione spettante al condòmino.
Nel caso di specie, il pagamento delle spese era avvenuto in momenti diversi (acconti e saldo), anche successivamente alla fine dei lavori, ma sempre entro la fine del medesimo periodo d'imposta (2018);
- trattandosi di lavori condominiali, l'amministratore del condominio deve effettuare tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa.
[1]Di cui all'art.14 del D.L. 63/2013, convertito, con modificazioni, nella legge 90/2013, come prorogato dall'art.1, co.67, della legge 145/2018 (legge di Bilancio 2019). Il beneficio è applicabile per le spese sostenute su singole unità immobiliari fino al 31 dicembre 2019, e per gli interventi condominiali fino al 31 dicembre 2021.

[2]Sullo stesso tema, cfr. ANCE "Ristrutturazioni ed Ecobonus – L'Agenzia delle Entrate risponde alla stampa" -ID n.36178 del 3 giugno 2019.
[3] Come noto, l'art.3, co.1, lett.d, del D.P.R. n.380/2001-Testo Unico dell'Edilizia) annovera tra gli interventi di "ristrutturazione edilizia" quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.
[4] Nel caso di specie, si tratta del proprietario della mansarda abitabile, il cui soffitto viene coperto interamente dal tetto dell'edificio, che è stato autorizzato dall'assemblea all'esecuzione dei lavori, nonché al sostenimento per intero della relativa spesa.
[5] Ai sensi dell'art.1, co.345, della legge 296/2006 – cfr. anche, da ultimo, l'art.1, co.67, della legge 145/2018 (legge di Bilancio 2019), che ha prorogato l'Ecobonus fino al 31 dicembre 2019. Resta confermata l'applicabilità sino al 31 dicembre 2021 del beneficio per quel che riguarda i lavori energetici eseguiti su parti comuni condominiali.
[6] In deroga alla regola generale secondo la quale, in presenza di lavori condominiali, l'ammontare massimo di detrazione deve intendersi riferito a ciascuna delle unità immobiliari che compongono l'edificio, fatta eccezione per gli interventi di "riqualificazione energetica globale".
[7]Secondo le regole di cui al Provvedimento n.165110 del 28 agosto 2017.

2 allegati

Risp AdE 210 All1
Risp AdE 213 All2

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