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Regime fiscale per la denuncia di opere edilizie – Risposta 319/2019

Imposta di bollo, nella misura di 16 euro per ogni foglio, per le denunce relative ad opere in cemento armato, per le istanze e le autorizzazioni di sopraelevazione, nonché per la dichiarazione di fine lavori e per il certificato di collaudo.
Così si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella Risposta n.319 del 25 luglio 2019, di particolare interesse per il settore delle costruzioni, in materia di applicabilità dell’imposta di bollo nell’ipotesi di denuncia, presso lo sportello unico comunale per l’edilizia, relativa all’esecuzione di opere in cemento armato.
In particolare, richiamando anche precedenti chiarimenti di prassi, l’Amministrazione finanziaria specifica che l’imposta di bollo è dovuta nella misura di 16 euro per ogni foglio (composto da quattro facciate) per i seguenti atti:
-       denuncia relativa ad opere in cemento armato (cd. “documentazione strutturale”), munita dell’attestazione di avvenuto deposito al Comune[1].
Gli allegati tecnici a tale denuncia, invece, sono assoggettati all’imposta di bollo solo in caso d’uso, ovvero quando sia richiesta la registrazione (nella medesima misura di 16 euro per ogni foglio)[2];
-       istanza per l’effettuazione di sopraelevazioni di edifici (per le quali sia obbligatorio il parere tecnico) e la relativa autorizzazione (o diniego)[3];
-       certificato di fine lavori e di collaudo[4].
Con riferimento, invece, alla denuncia di varianti in corso d’opera, l’Agenzia delle Entrate specifica che questa non deve essere assoggettata all’imposta di bollo se il Comune si limita unicamente ad acquisire tale documentazione, senza avviare alcun procedimento amministrativo di tipo autorizzativo.
 
[1] Cfr. l’art.6 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 642/1972 e la R.M. 302570/1984.
[2]Cfr. l’art.2, co.2, del D.P.R. 642/1972 e art.28 della tariffa, parte seconda a questo allegata.
[3] Cfr. gli artt. art.3, co.1, e 4, co.1, della tariffa, parte prima, del D.P.R. 642/1972.
[4] Ai sensi dell’art.2 della tariffa, parte seconda, allegata al medesimo D.P.R. 642/1972 – cfr. anche le R.M. 139/E/2009 e 97/E/2002.
 
 

Detrazione cumulata Eco+Sismabonus, sì al cambio di destinazione d’uso

È possibile fruire della “detrazione cumulata Eco+Sismabonus” anche se gli interventi agevolati comportano il cambio di destinazione d’uso, purché sussista la relativa autorizzazione nel provvedimento abilitativo.
 
È quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n.293 del 22 luglio 2019 al proprietario di tre unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali C/2 e C/6 che intende procedere alla loro integrale ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso mediante un intervento combinato per la riduzione del rischio sismico e la riqualificazione energetica dell’edificio.
 
In risposta ai quesiti dell’interpellante in merito alla possibilità di fruire della detrazione nel caso dell’unico proprietario di più unità immobiliari, al limite di spesa applicabile, e alla possibilità di optare per la cessione del credito, l’Agenzia delle Entrate ripercorre la disciplina della cd. “detrazione cumulata Eco+Sismabonus”.
 
Come noto, l’agevolazione in commento[1] consente, di fatto, di cumulare il Sismabonus e l’Ecobonus in caso di interventi eseguiti su parti comuni di edifici condominiali, ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, volti congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla riqualificazione energetica, e si applica nella misura unica del:
 
·       80% delle spese sostenute, da assumere entro un massimo di 136.000 euro, ove gli interventi determinino il passaggio ad 1 classe di rischio sismico inferiore,
·       85% delle spese sostenute, da assumere entro un massimo di 136.000 euro, ove gli interventi determinino il passaggio a 2 classi di rischio sismico inferiori.
 
In merito alla fruizione delle detrazioni fiscali previste sulle parti comuni di edifici condominiali per l’unico proprietario di più unità immobiliari distintamente accatastate, l’Amministrazione finanziaria ricorda che tale possibilità è ammessa laddove siano rinvenibili parti comuni alle varie unità. L’espressione “parti comuni di edificio residenziale”, infatti, va intesa in senso oggettivo e non soggettivo, quindi riferita alle unità immobiliari e non ai possessori delle stesse.
 
Per quanto riguarda la possibilità di fruire della detrazione cumulata in caso di interventi che comportano anche il cambio di destinazione d’uso, l’Agenzia si pronuncia positivamente. Viene, però, ribadito che dal titolo abilitativo deve risultare che l’opera da realizzare consiste in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente[2] e non in un intervento di nuova costruzione. Dallo stesso provvedimento deve, inoltre, risultare che gli interventi comporteranno il cambio di destinazione d’uso.
In relazione, invece, all’applicazione del limite di spesa (136.000 euro per ciascuna delle unità immobiliari) viene precisato che esso va attribuito a ciascuna delle unità immobiliari che compongono l’edificio prima dell’intervento, anche nel caso in cui le unità immobiliari su cui si effettuano i lavori non siano ad uso abitativo.
 
[1] Cfr. Art.14, co.2-quater.1 del citato DL 63/2013, convertito con modifiche nella legge 90/2013.
[2] Cfr. Art. 3, comma 1, lett. d), del DPR n. 380 del 2001.
 

Bonus Ristrutturazioni e Sismabonus: l’Agenzia delle Entrate aggiorna le Guide

L’Agenzia delle Entrate ha aggiornato le Guide sul Sismabonus e sul Bonus per le Ristrutturazioni, arricchendole delle recenti novità introdotte dal cd. Decreto Crescita.
Per quanto riguarda il Sismabonus, si tratta, in particolare, dell’estensione dell’agevolazione riconosciuta in caso di acquisto di unità immobiliari antisismiche alle zone classificate a rischio sismico 2 e 3. Ulteriore novità è la possibilità di optare, in alternativa alla detrazione per un contributo di pari ammontare sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dall’impresa esecutrice dei lavori.
Per quanto concerne, invece, il Bonus per le Ristrutturazioni, la novità principale riguarda l’introduzione, per i beneficiari dell’agevolazione, della facoltà di cessione del credito in caso di interventi finalizzati al conseguimento di risparmi energetici.
Più nel dettaglio, la Guida “Sismabonus: le detrazioni per gli interventi antisismici, aggiornata a Luglio 2019, nel confermare quanto già chiarito nelle precedenti pubblicazioni[1], recepisce le due più importanti novità introdotte dal DL 34/2019 cd. Decreto crescita[2] (DL 34/2019 convertito, con modifiche, nella legge 58/2019).
1.    Estensione del “Sismabonus acquisti”
Si tratta, in particolare, dell’estensione[3], anche alle zone a rischio sismico 2 e 3, del bonus previsto per l’acquisto di immobili antisismici (cd. Sismabonus acquisti), riconosciuto, in precedenza, solo alle zone a rischio sismico 1. 
Questa agevolazione è riconosciuta per gli acquisti di unità immobiliari facenti parte di edifici demoliti e riscostruiti, anche con variazione volumetrica e con miglioramento di 1 o 2 classi sismiche, cedute, entro 18 mesi dalla fine lavori, dalle imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che hanno eseguito l’intervento.
La detrazione consente all’acquirente di detrarre il 75%, o l’85% (a seconda della riduzione del rischio sismico rispettivamente pari a 1 o 2 classi), del prezzo d’acquisto del bene, sino ad un massimo di 96.000 euro per unità immobiliare, e va ripartita in 5 quote annuali di pari importo.
L’agevolazione è concessa sino al 31 dicembre 2021 ed è possibile, per l’acquirente, cedere la detrazione sotto forma di credito d’imposta.
2.    Introduzione di uno sconto sul corrispettivo dovuto per interventi di messa in sicurezza sismica.
Altra novità che, si ricorda, non riguarda solo il Sismabonus, ma anche l’Ecobonus[4], è l’introduzione della possibilità[5], di fruire, in alternativa alla detrazione e alla cessione del credito, di uno sconto corrispondente all’importo detraibile anticipato dall’impresa esecutrice dei lavori. Lo sconto viene rimborsato all’impresa sotto forma di credito di imposta e recuperato mediante compensazione (tramite F24) in 5 quote annuali di pari importo.
I fornitori che hanno effettuato gli interventi, hanno a loro volta, la facoltà di cedere il credito d’imposta ai propri fornitori di beni e servizi, con esclusione di ulteriori cessioni da parte di questi ultimi. Rimane esclusa la possibilità di cessione ad istituti di credito e intermediari finanziari.
Le modalità attuative di questa nuova disposizione saranno definite da un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.
La Guida “Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali” aggiornata a Luglio 2019[6], recepisce quando contenuto nella disposizione[7] del Decreto Crescita che consente, a partire dal 30 giugno 2019, ai  contribuenti che beneficiano della detrazione IRPEF del 50% spettante per gli interventi effettuati per il conseguimento di risparmi energetici[8], di optare per la cessione del credito in favore del fornitore dei beni e servizi necessari alla loro realizzazione.
Per le medesime imprese, viene prevista la facoltà di una sola ulteriore cessione del credito ai propri fornitori, mentre rimane esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari.
 
[1] Cfr. ANCE “Sismabonus: l’Agenzia delle Entrate pubblica la prima Guida” - ID N.35131 del 22 febbraio 2019.
[2]Cfr. ANCE “D.L. 34/2019 – cd. “D.L. Crescita” – Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale” - ID N. 36496 del 1° luglio 2019.
[3] Cfr. Art. 8 del DL 34/2019 che modifica il comma 1-septies dell’art.16 del DL 63/2013 convertito con modifiche dalla legge 90/2013.
[4] Cfr. Art. 10 del DL34/2019 che, per quanto riguarda il Sismabonus aggiunge il comma 1-octies all’art.16 del DL 63/2013 convertito con modifiche dalla legge 90/2013.
[5] Compresi gli interventi di prevenzione sismica eseguiti anche su singoli immobili ,che danno diritto alla detrazione nella misura “base” non cedibile sotto forma di credito d’imposta (50% in caso di interventi che non comportino miglioramento delle classi sismiche; 70% in caso di miglioramento di 1 classe di rischio e 80% nell’ipotesi di miglioramento di 2 classi di rischio – art.16, co. 1bis-1quater, DL 63/2013, convertito nella legge 90/2013).
[6]ANCE “Bonus Ristrutturazioni e Bonus mobili: l’Agenzia delle Entrate aggiorna le guide” - ID N. 35071 del 15 febbraio 2019.
[7]Cfr. Art.10, comma 3-ter, del decreto legge n. 34/2019.
[8] Cfr. 16-bis, comma 1, lettera h, del DPR 917/86 TUIR. Si ricorda che in base all’ultima proroga (Legge 145/2018  Bilancio 2019), la detrazione IRPEF delle spese sostenute per gli interventi di recupero nella misura potenziata del 50% su un ammontare massimo di spese non superiore a 96 mila euro per unità immobiliare, trova applicazione sino al 31 dicembre 2019. Dal primo gennaio 2020, salvo ulteriori proroghe, la detrazione tornerà ad applicarsi nella misura a regime (detrazione del 36% su un ammontare massimo di 48.000 euro ad unità immobiliare).
 
 

Bonus Edilizia: per gli interventi agevolati valgono le definizioni del “TU dell’edilizia”

Per individuare gli interventi di recupero delle abitazioni, agevolati con il Bonus edilizia, occorre rifarsi unicamente alle definizioni contenute nell’art.3 del Testo Unico dell’edilizia – DPR 380/2001. Non assumono, infatti, rilevanza le disposizioni del D.Lgs. 222/2016, né quelle del DM attuativo 2 marzo 2018, che, con l’approvazione del “Glossario unico”, hanno operato solo una ricognizione degli interventi edilizi, distinguendoli in funzione del titolo abilitativo richiesto, senza incidere né modificare la definizione dei lavori di recupero.
 
Così precisa l’Agenzia delle Entrate nella Risposta n.287 del 19 luglio 2019, in merito alla possibilità di fruire della detrazione Irpef per il recupero edilizio delle abitazioni (cd Bonus edilizia - detrazione del 36%, elevata al 50% sino al prossimo 31 dicembre 2019[1]), nell’ipotesi di realizzazione di lavori di miglioramento dei servizi igienico sanitari, per i quali il Comune non richiede alcun titolo abilitativo, rientrando tra gli interventi eseguibili in regime di “edilizia libera”, ossia senza necessità del provvedimento autorizzativo.
 
In merito, nel ribadire che, con riferimento alle singole unità abitative, rientrano nell’ambito operativo dell’agevolazione gli interventi definibili quantomeno di manutenzione straordinaria[2], l’Agenzia precisa che la realizzazione ed il miglioramento dei servizi igienici dell’abitazione possono continuare ad essere agevolati, quali lavori di manutenzione straordinaria definiti dall’art.3, co.1, lett.b, del DPR 380/2001[3]anche se il citato DM 2 marzo 2018[4] li qualifica come opere di manutenzione ordinariarealizzabili in regime di “edilizia libera.
 
A parere dell’Agenzia, infatti, considerato che le modifiche apportate dal D.Lgs. 222/2016 e dal DM 2 marzo 2018 “non hanno riguardato anche le definizioni degli interventi edilizi contenute nell’art. 3 del medesimo Testo unico dell’edilizia … deve ritenersi che le stesse non esplichino effetti ai fini delle detrazioni”.
Resta fermo, naturalmente, che la possibilità di fruire del Bonus edilizia presuppone, oltre all’espletamento degli adempimenti prescritti, anche la regolarità dell’intervento eseguito sotto il profilo edilizio.
 
Pertanto, qualora prevista, è necessaria l’acquisizione del provvedimento abilitativo e solo nei casi in cui questo non sia prescritto dalla legislazione edilizia vigente, il contribuente, che ha sostenuto le spese agevolate, dovrà indicare la data di inizio lavori e la circostanza che gli stessi rientrino tra i lavori agevolabili, attraverso una dichiarazione sostitutiva di atto notorio(resa ai sensi dell’art.47 del DPR 445/2000).
 
Alla luce di tale pronuncia, quindi, devono intendersi confermate le elencazioni esemplificative dei vari lavori ammissibili all’agevolazione, fornite, nel corso del tempo, dalla stessa Agenzia delle Entrate, relativamente a ciascuna delle categorie di intervento stabilite dal citato Testo Unico dell’Edilizia[5],che, per completezza, si riportano sinteticamente in allegato.
 
 

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