HomeVarie

Varie

“Ecobonus condomini”, l’Agenzia delle Entrate riduce la portata della prima cessione

In caso di interventi agevolati con l’Ecobonus ed effettuati su parti comuni di edifici, il beneficiario della detrazione può effettuare la prima cessione del credito, ad essa corrispondente, ad un unico soggetto.

Questa la discutibile interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta ad interpello n.481 del 13 novembre 2019 e resa al titolare in comproprietà di un’unità abitativa facente parte di un condominio oggetto di lavori di riqualificazione energetica. L’istante intendeva, in particolare, acquistare il credito corrispondente alla detrazione di un condomino, insieme agli altri comproprietari.

L’Agenzia delle Entrate, invece, nega che, in sede di prima cessione, il credito derivante da “Ecobonus Condomini” possa essere ceduto ad una pluralità di soggetti.

Tale interpretazione si fonda sulla lettura del provvedimento n. 165110 del 28 agosto 2017.

In tale ultimo atto viene, infatti, previsto che:

  • il condomino può cedere l'intera detrazionecalcolata o sulla base della spesa approvata dalla delibera assembleare per l'esecuzione dei lavori per la quota a lui imputabile, o sulla base delle spese sostenute nel periodo d'imposta dal condominio, [...] per la quota a lui imputabile"
  • il cessionario può cedere, in tutto o in parte, il credito d'imposta acquisito solo dopo che tale credito è divenuto disponibile
    Dunque la circostanza che nel testo venga espressamente utilizzato il termine “cessionario della detrazione” al singolare ed il fatto che la detrazione debba essere ceduta per intero, portano l’Agenzia delle Entrate a concludere che, all'atto della prima cessione, la detrazione debba essere ceduta ad un solo soggetto cessionario.

Con la Risposta n.481/2019 l’Agenzia delle Entrate, delimitando ad un solo cessionario la prima cessione del credito corrispondente alla detrazione di imposta (in tal caso “Ecobonus condomini”), sembra porre un ingiustificato ed ulteriore vincolo alla possibilità di accedere alla cessione del credito di imposta quale modalità di fruizione dell’agevolazione per il risparmio energetico.

Innanzitutto, l’Amministrazione finanziaria sembra oltrepassare forzatamente il dato letterale della disposizione originaria, laddove il co.2-sexies dell’art.14, D.L. 63/2013 convertito con modifiche nella legge 93/2013, circa le regole della cessione, stabilisce che “in luogo della detrazione, i soggetti beneficiari […] possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito”.

Sulla base del ragionamento proposto dall’Agenzia delle Entrate nella risposta in commento, si dovrebbe concludere in senso diametralmente opposto a quello riportato.

Infatti, l’utilizzo del termine “fornitori” e “altri soggetti privati” (al plurale) porta a ritenere che il Legislatore abbia dato facoltà al soggetto cedente di accordare il proprio beneficio, all’atto della prima cessione, ad una pluralità di soggetti.

La limitazione posta ora dall’Agenzia, tra l’altro, sembrerebbe non trovare riscontro con quanto precisato nel più recente Provvedimento n. 100372 del 18 aprile 2019, che ha definito gli adempimenti per la cessione del credito dell’Ecobonus in caso di interventi effettuati sulle singole unità immobiliari.

Nel provvedimento sopra citato, infatti, è stato precisato, proprio ai fini della cessione, che nell’ipotesi in cui per l’esecuzione degli interventi ammessi all’agevolazione siano stati coinvolti più fornitori, “il credito cedibile a ciascun fornitore è pari alla detrazione calcolata sulle spese sostenute nel periodo di imposta nei confronti di ciascuno di essi”.

Tale precisazione presuppone, diversamente da quanto stabilito con la recente Risposta n.481, la possibilità, in presenza di una molteplicità di fornitori di effettuare una cessione del credito, sì dell’intera detrazione, ma verso una  pluralità di soggetti, seppure in relazione alle spese sostenute nei confronti di ciascuno.

Va, comunque, ricordato che il presente pronunciamento si aggiunge ad una serie di chiarimenti che nel corso degli ultimi due anni l’Amministrazione finanziaria ha fornito proprio in ordine all’ambito soggettivo dell’istituto della cessione del credito in caso di Eco e Sismabonus.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha suddiviso la platea di possibili cessionari in due categorie:

  • I fornitori dei beni e servizi necessari alla realizzazione degli interventi agevolabili;
  • altri soggetti privati, intendendosi per tali i soggetti (persone fisiche, esercenti lavoro autonomo o d’impresa, società ed enti), che, seppur diversi dai fornitori che realizzano gli interventi, siano comunque collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione.

In molteplici documenti di prassi, l’Agenzia delle Entrate ha poi precisato che possono considerarsi “soggetti collegati” con la detrazione originaria:

    • gli altri condòmini, in caso di interventi eseguiti sulla parti comuni condominiali (CM 11/E/2018);
    • le società facenti parte dello stesso gruppo dell’impresa esecutrice degli interventi agevolati (CM 11/E/2018);
    • in caso di lavori effettuati da un’impresa appartenente ad un Consorzio o ad una Rete, le altre società consorziate o retiste che non hanno realizzato direttamente gli interventi, oppure anche lo stesso Consorzio o la Rete (CM 17/E/2018);
    • subappaltatori e i fornitori di cui si serve l’impresa per realizzare gli interventi agevolati (CM 17/E/2018);
    • subappaltatori e i fornitori che realizzano lavori non inclusi nell’ambito operativo dei bonus, purché si tratti di interventi rientranti complessivamente nello stesso contratto d’appalto da cui originano le detrazioni medesime (CM 17/E/2018);
    • soci lavoratori dell’impresa subappaltatrice (Risposta dell’Agenzia delle Entrate n.109/2019);
    • le società che, tramite contratto di somministrazione, forniscono personale alle imprese appaltatrici di interventi per cui è consentita la cessione del credito (anche nell’ipotesi in cui la società che svolge l’attività di somministrazione di lavoro partecipi a un’associazione temporanea di imprese - o raggruppamento temporaneo di imprese - per l’assunzione di appalti per opere che legittimano la cessione del credito (Risposta dell’Agenzia delle Entrate n.61/2018);
    • il consulente (in forma autonoma o società) incaricato dall’appaltatore di fornire valutazioni tecniche sull’intervento da realizzare, quali, ad esempio, studi di fattibilità, diagnosi energetica, relazioni tecniche etc. (Risposta della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate dell’Abruzzo all’istanza di Consulenza giuridica n.915-1/2018 del 10 ottobre 2018, presentata da ANCE Teramo in accordo con ANCE Nazionale).

Diversamente, è stato precisato che non può considerarsi “soggetto collegato”:

    • il soggetto legato da vincoli di parentela con il beneficiario della detrazione, in quanto, a parere dell’Agenzia, il collegamento necessario ai fini della cedibilità del credito non è ravvisabile nel solo rapporto di parentela (Risposta dell’Agenzia delle Entrate n.56/2018); il consulente dell’appaltatore in ambito commerciale/amministrativo (es. analisi di mercato, adempimenti del condominio per la cessione del credito);
    • la stessa società che ha attribuito ai soci pro quota la detrazione per i lavori effettuati su un’unità immobiliare (cfr. Risposta 415/E/2019);
    • la società, non esecutrice dei lavori, della quale il beneficiario della detrazione è anche amministratore e socio (cfr. Risposta 247/E/2019);
    • la ditta individuale subappaltatrice dei lavori, della quale il beneficiario della detrazione è anche il titolare (in tale ipotesi, è stata negata la cessione del credito derivante anche dal Sismabonus – cfr. Risposta 249/E/2019).

1 allegato

Risposta ad interpello n.481 del 13 novembre 2019

 

Consegna differita dell’immobile: non dovuta l’imposta di registro

In tema di compravendita, la consegna dell'immobile entro e non oltre quindici giorni dalla stipula del rogito non configura un contratto di comodato e, dunque, non è dovuta l'imposta fissa di registro.

Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello n. 458 del 31 ottobre 2019, con cui ha evidenziato che la consegna differita non rappresenta l'effetto di un altro negozio, ma costituisce semplicemente una mera modalità concordata di adempimento di un'obbligazione del venditore.

Il quesito è stato sollevato da un notaio che si stava occupando della compravendita di un appartamento: poiché le parti avevano pattuito una consegna differita rispetto alla stipula del contratto, si è rivolto all'Amministrazione Finanziaria per verificare se fosse dovuta una tassazione aggiuntiva. Nello specifico, si chiedeva se, in caso di consegna differita dell'immobile, si configurasse un diverso e ulteriore contratto rispetto alla vendita, ossia un contratto di comodato[1] che avrebbe richiesto l'applicazione di un'imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell'art. 5 Tariffa, Parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

L'Agenzia delle Entrate, concordemente all'interpretazione prospettata dal contribuente, afferma che, dall'analisi del contratto preliminare, non ci sono elementi per ritenere che le parti abbiano voluto concludere un contratto di comodato, mancando gli elementi tipici di questa fattispecie contrattuale, come la durata dello stesso e l'obbligo di restituzione dell'immobile.

Nella risposta n.458, l'Agenzia ricorda, inoltre, i principi del diritto civile in tema di compravendita, tipico contratto soggetto al principio consensualistico quanto alla modalità di conclusione. Il contratto, cioè, produce i suoi effetti traslativi quando i contraenti si scambiano tra loro il consenso libero e non viziato in ordine al programma negoziale condiviso e non nel momento in cui il venditore consegna materialmente il bene al compratore. Ciò trova conferma nell'articolo 1476 del codice civile che prevede, tra le obbligazioni principali del venditore, quella di consegnare la cosa al compratore (art. 1477 c.c.); obbligo che rappresenta una mera esecuzione di un contratto già perfezionato in forza del solo scambio di volontà delle parti. Pertanto, la consegna contestuale non può dirsi elemento essenziale né caratterizzante la vendita, rilevando solo ai fini del trasferimento del possesso materiale del bene.

Come evidenziato dagli stessi giudici di legittimità in una sentenza richiamata nel parere in oggetto[2], i tempi di consegna del bene compravenduto possono essere regolati dall'accordo dell'autonomia delle parti.

Ciò posto, la consegna differita dell'immobile rappresenta una modalità concordata di adempimento dell'obbligazione del venditore, funzionale alla realizzazione dello schema negoziale della compravendita e non è inquadrabile nello schema negoziale del contratto di comodato. Di conseguenza, non deve scontare l'imposta fissa di registro.

[1] Ai sensi dell'art. 1803 del codice civile, il comodato è quel contratto con il quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

[2] Cfr. Cass. 11 gennaio 2008, n. 569.

1 allegato

risposta all'interpello n. 458 del 31 ottobre 2019

Reati tributari, le modifiche apportate dal decreto fiscale - Nuova Guida ANCE

Inasprimento delle sanzioni, riduzione delle soglie di rilevanza penale delle violazioni fiscali, introduzione della “confisca per sproporzione” nel settore tributario, estensione della responsabilità amministrativa dell’ente per i più gravi reati tributari.

Questi i contenuti del decreto fiscale 2020 (D.L. n. 124/2019), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 ottobre 2019 e in corso di discussione parlamentare (A.C. n. 2220).

Il decreto, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”, ha introdotto rilevanti innovazioni in materia di reati tributari[1]:

  • abbassando le soglie di punibilità e aumentando la pena della reclusione per la maggior parte delle condotte illecite, da un lato;
  • estendendo ai medesimi delitti la confisca “allargata” o “per sproporzione”, attraverso l’inserimento, nel corpo stesso del D.Lgs. n. 74/2000, di una nuova disposizione, l’art. 12-ter, dall’altro.

Il provvedimento, inoltre, va a incidere sull’ambito di applicazione del sistema della responsabilità degli enti, aggiungendo al D.Lgs. n. 231/2001 un nuovo articolo, il 25-quinquiesdecies, con cui ha introdotto la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i più gravi reati tributari commessi nel loro interesse o a vantaggio delle medesime.

Di seguito l’ANCE ha messo a punto una Guida riepilogativa delle modifiche apportate dal decreto fiscale, illustrando, altresì, gli effetti prodotti dalla sua approvazione.

Particolare attenzione è dedicata al tema delle intercettazioni, in quanto, a seguito del “rafforzamento” dei reati tributari, viene ampliato lo spazio di controllo dei p.m. sugli indagati.

Ulteriori aspetti trattati riguardano la possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere per i reati di infedele dichiarazione delle imposte sui redditi e IVA, e di omessa presentazione della dichiarazione imposte sui redditi, IVA e sostituti d’imposta; nonché l’esclusione della citazione diretta a giudizio da parte del p.m., per i medesimi delitti.

Seguirà un aggiornamento della Guida in relazione ai cambiamenti connessi all’iter parlamentare di conversione del decreto.

[1] Cfr. ANCE, “Manovra 2020: Pubblicato in GU il DL Fiscale” - ID N. 37489 del 29 ottobre 2019

 

 

ANCE - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941

Codice di Prevenzione Incendi: circolare esplicativa

La circolare n. 15406 del 15 ottobre 2019 evidenzia i principali elementi di novità introdotti dal decreto 12 aprile 2019, entrato in vigore il 20 ottobre scorso.

Il citato decreto modifica diversi articoli del cosiddetto Codice di Prevenzione Incendi (decreto ministeriale 3 agosto 2015), eliminando, tra l’altro, la regola del “doppio binarioper la progettazione antincendio delle attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco (cfr. documento Ance del 30 aprile 2019 dal titolo “Modifiche al Codice di Prevenzione Incendi”).

Di seguito un approfondimento dei VVF sugli articoli 2 e 3 del decreto:

  • Articolo 2
    Con tale articolo è stato ampliato l’elenco delle attività ricomprese in allegato I del D.P.R. 151/2011 a cui applicare le modalità di progettazione del c.d. Codice di prevenzione incendi (ad esempio le attività dalla n. 19 alla n. 26 e la n. 73 erano escluse dall’originario campo di applicazione del D.M. 3 agosto 2015).
    Per le attività di nuova realizzazione, con esclusione di quelle puntualmente elencate all’articolo 3 del decreto, le norme tecniche allegate al Codice diventano l’unico strumento di progettazione ammesso.
    Nei commi 3 e 4 sono fornite, invece, indicazioni riguardo alle modalità di progettazione per le attività esistenti che sono oggetto di modifiche e/o ampliamenti dopo l’entrata in vigore del decreto in argomento. È ammesso che per tali attività sia possibile mantenere le modalità progettuali secondo le normative di tipo tradizionale anche sulle parti oggetto di modifica/ampliamento, qualora l’applicazione alle stesse del Codice comportasse incompatibilità con le porzioni dell’attività non oggetto di intervento.
    Al tal riguardo, si evidenzia come la previsione sia tesa ad evitare potenziali elementi di criticità nella fase di transizione dalle normative tradizionali al Codice.
    Quando le modifiche o ampliamenti su attività esistenti progettate con le nuove disposizioni tecniche dovessero comportare interventi di conformazione, sia in termini strutturali che impiantistici, anche negli ambiti della stessa attività non oggetto di intervento, è consentito al responsabile dell’attività di poter continuare ad applicare le normative di tipo tradizionale. È fatta salva la possibilità, su base volontaria, di riprogettare l’intera attività, adottando le norme tecniche allegate al Codice.
    Al comma 5, viene previsto, infine, che le norme allegate al Codice possano essere di riferimento per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio, non solo delle attività “sottosoglia”, ossia che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti nell’allegato I del D.P.R. 151/2011, ma anche per quelle che non sono elencate nel D.P.R.; in tal caso, le attività che optano per l’applicazione del nuovo approccio progettuale sono esonerate dall’applicazione delle normative di tipo tradizionale.
  • Articolo 3
    L’articolo 3 introduce un nuovo art. 2 bis "Modalità applicative alternative".
    In alternativa alle norme tecniche, il legislatore consente di applicare i criteri generali di prevenzione incendi alle seguenti attività:
  1. 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all'aria aperta e dei rifugi alpini;
  2. 67, ad esclusione degli asili nido;
  3. 69, limitatamente alle attività commerciali, ove sia prevista la vendita e l'esposizione di beni;
  4. 71;
  5. 75, con esclusione dei depositi di mezzi rotabili e dei locali adibiti al ricovero di natanti ed aeromobili.
    Ciò vuol dire che il responsabile di un’attività ricettiva turistico alberghiera potrà ancora optare tra l’applicazione del D.M. 9 aprile 1994 e s.m.i. o del D.M. 9 agosto 2016.
    Di seguito uno schema riepilogativo delle modalità applicative del Codice, modificato dal D.M. 12 aprile 2019:  SCHEMA RIEPILOGATIVO

Si riporta in allegato il testo della circolare.

Circolare codice prev incendi

More Articles...

AREE TEMATICHE

sidebar-banner-183x100

\r\n

 

AREA RISERVATA

menu utente

NEWSLETTER

\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n
ance-nazionale
 
logo cassa edile LOGO ESIEA
CREDITS