Facendo seguito alla precedente nota n. 13/20, già oggetto della comunicazione Ance del 6 aprile 2020, l’Inail, con l’allegata circolare n. 22/20, ha fornito ulteriori chiarimenti in relazione alla tutela infortunistica per gli eventi legati al contagio da COVID – 19, cosi come previsto dall’art. 42, comma 2, del D.L. n. 18/20, convertito nella L. n. 27/20, come formalmente richiesto dall’ANCE in tutte le sedi istituzionali.
L’Istituto, dopo aver richiamato i principi generali in relazione ai contenuti del citato art. 42, già espressi nella precedente circolare n. 13/20 ed a cui si fa rinvio per una puntuale conoscenza, ha ritenuto opportuno evidenziare che la ratio che ha dato seguito a tale disposizione normativa è quella di escludere totalmente l’incidenza degli infortuni da COVID – 19 in occasione di lavoro sulla misura del premio pagato dal singolo datore di lavoro, in quanto tali eventi infortunistici non sono considerati direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro.
Ai fini assistenziali, pertanto, tali eventi devono essere trattati allo stesso modo dell’infortunio in itinere. Ciò sta a significare che al lavoratore viene riconosciuta la tutela assicurativa, ma al datore di lavoro non viene imputata alcuna conseguenza per l’evento infortunistico.
Fermo restando che la tutela infortunistica interessa i lavoratori che abbiano contratto il contagio in ambienti di lavoro, l’Inail richiama i principi cardine su cui si fonda l’accertamento nel caso di malattie infettive per le quali è difficile, se non impossibile, stabilire il momento del contagio.
In particolare, non potendosi ammettere nessun automatismo ai fini dell’ammissione alla tutela assicurativa, l’accertamento da parte dell’Inail deve trovare fondamento in elementi noti, e quindi indizi gravi, precisi e concordanti, sui quali si verrà a basare il principio della presunzione semplice di origine professionale, ferma restando la possibilità della prova contraria a carico dell’Istituto.
A tal riguardo è necessario ricordare che, come espressamente precisato dallo stesso Istituto con la circolare n. 13/20, nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari, per i quali vige, in virtù dell’elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico, la presunzione semplice di origine professionale, considerata l’elevatissima probabilità che tali operatori vengano a contatto con il COVID - 19. Ovviamente, tale casistica non esaurisce l’ambito di intervento della tutela assistenziale, dovendosi considerare casi residuali, nei quali manca l’indicazione o la prova di specifici episodi di contagio o comunque indizi gravi precisi e concordanti tali da far scattare la presunzione semplice.
A tal riguardo, viene espressamente confermato che:” il riconoscimento dell’origine professionale del contagio è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio”.
In virtù di tale chiarimento, pertanto, viene confermato che non devono essere confusi i presupposti per l’erogazione dell’indennizzo da parte dell’Inail con quello per la responsabilità penale e civile del datore di lavoro, che va accertato con criteri diversi rispetto ai primi.
I presupposti della responsabilità, infatti, oltre a dover trovare conferma nella prova del nesso di causalità, devono trovare fondamento anche nell’imputabilità di una condotta quantomeno a titolo di colpa del datore di lavoro.
Visto e considerata la vigenza del principio di presunzione di innocenza, nonché dell’onere della prova a carico del Pubblico Ministero, l’eventuale riconoscimento della prestazione assistenziale non costituisce presupposto per sostenere l’accusa in sede penale né tantomeno in quella civile, dove la colpa costituisce condicio sine qua non ai fini del riconoscimento della responsabilità datoriale.
Richiamando la massima della sentenza della Cassazione n. 3282/20, l’Istituto ha, in sostanza, confermato che la responsabilità datoriale è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche; nel caso di COVID – 19, quindi, dal mancato rispetto dei Protocolli e delle linee guida governative e regionali di cui all’art. 1, co. 14 del D.L. n. 33/20.
L’azione di regresso, non essendo subordinata ad una condanna penale, presuppone la configurabilità del reato perseguibile d’ufficio a carico del datore di lavoro o di altra persona che opera per suo conto.
Pertanto, l’attivazione del regresso, conclude l’lnail, non può basarsi sul semplice riconoscimento della tutela assistenziale, ma deve necessariamente essere collegata all‘imputabilità a titolo di colpa della condotta datoriale.
Al fine di gestire pertanto in modo omogeneo e secondo detti principi possibili azioni di regresso, l’Istituto raccomanda alle proprie Avvocature territoriali di trasmettere i relativi atti, accompagnati da una relazione che ne evidenzi i presupposti richiesti, alla Avvocatura generale.
Si fa riserva di fornire ogni ulteriore chiarimento in merito, considerata anche l’annunciata modifica legislativa da parte della Ministra del Lavoro.
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Con l’allegato messaggio n. 2101/20, l’Inps, per facilitare le procedure di richiesta dei trattamenti di CIGO con causali “COVID-19”, ha reso noto di aver aggiornato la funzione “Copia domanda CIGO”, già esistente nella procedura “UNICIGO”.
Ciò consentirà alle aziende di inviare nuove domande basandosi sulle precedenti già inviate.
L’unico elemento che non sarà possibile copiare con tale funzione è il ticket, che pertanto dovrà essere comunque creato ed allegato alla domanda. Resta confermato che tutti gli ulteriori allegati, relazione tecnica e verbale di esame congiunto per le causali “COVID-19”, non sono obbligatori.
In caso di richiesta di proroga di una precedente domanda con causale “COVID-19”, dopo aver copiato la domanda originaria, utilizzando la funzione “Copia domanda”, dovrà esclusivamente essere variato il periodo richiesto e, di conseguenza, i dati di cui al quadro “G”; eventualmente potranno essere variati anche i nominativi dei lavoratori beneficiari, se diversi rispetto alla prima istanza.
Non dovranno essere compilati i quadri “I” (Dati sui lavoratori addetti allo stabilimento/cantiere per mansione) ed “L” (Dati su assunzioni, licenziamenti e dimissioni) e non dovranno essere compilati nemmeno i quadri “D” (Dati ripresa attività) e “N” (Dati sulle comunicazioni alle rappresentanze sindacali).
Per quanto sopra, pertanto, rispetto ai quadri “A” – “B” – “C” – “E” – “G”, utilizzando la funzione “Copia domanda”, i dati verranno riprodotti in automatico dalla precedente istanza, così come la lista dei beneficiari che comunque all’occorrenza potrà essere modificata.
L’Inps, con il messaggio in parola, produce in allegato un file excel semplificato per dichiarare il fruito CIGO, che dovrà essere allegato nelle domande di proroga con causale “COVID-19”.
In questo modo si potrà determinare, a consuntivo della CIGO richiesta, l’effettivamente fruito, che potrà liberare la disponibilità di ulteriori settimane concedibili.
Dalla somma del numero dei giorni sarà possibile risalire al numero di settimane ancora residue da godere, che si potranno richiedere con una nuova domanda.
A tal riguardo, si ricorda che si considera fruita ogni giornata in cui almeno un lavoratore, anche per una solo ora, sia stato posto in CIG, indipendentemente dal numero di dipendenti in forza e che si considera fruita una settimana, dividendo il numero delle predette giornate per 5 o 6 a seconda dell’orario contrattuale prevalente in azienda.
L’Inps conclude evidenziando che è stata implementata anche la funzione “Cerca esiti” - “Duplica domanda”, per rendere più rapido l’invio di nuove domande di assegno ordinario con causale “COVID-19”.
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Messaggio numero 2101 del 21-05-2020
Messaggio numero 2101 del 21-05-2020_Allegato n 1
Messaggio numero 2101 del 21-05-2020_Allegato n 2
Per immediata opportuna informativa si allega la circolare Inail sul tema infortunio - Covid 19.
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A seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del D.L. n. 23/20, che ha previsto, tra l’altro, ulteriori interventi aventi ad oggetto la sospensione dei versamenti contributivi, l’Inps, con l’allegata circolare n. 59/20, ha fornito le relative istruzioni ad integrazione delle disposizioni amministrative già emanate con la circolare n. 52/20.
Rispetto a quanto disciplinato dall’art. 18 del D.L. n. 23/20, viene confermato che il raffronto tra i ricavi o compensi, che nelle imprese con fatturato fino a 50 milioni di euro deve essere in diminuzione di almeno il 33 per cento, mentre in quelle che superano i 50 milioni di euro di almeno il 50 per cento, il requisito della riduzione del fatturato rispetto allo stesso mese del precedente periodo d’imposta deve essere verificato distintamente per il mese di marzo e per il mese di aprile.
In questo modo sarà possibile applicare la sospensione dei versamenti contributivi anche per un solo mese.
L’Inps ricorda, altresì, che le disposizioni richiamate dall’art. 18 del D.l. n. 23/20 non sospendono gli adempimenti informativi, ma unicamente i termini dei versamenti in scadenza nei mesi di aprile e di maggio 2020 e che i versamenti per i predetti mesi sono sospesi anche per le imprese che hanno iniziato l’attività in data successiva al 31 marzo 2019. In tale caso, la sospensione dei versamenti non richiede la verifica del requisito della diminuzione del fatturato.
Viene chiarito inoltre che, per le sue caratteristiche, la norma non risulta idonea a determinare un vantaggio a favore di determinati settori, regioni o tipi di imprese e, pertanto, non rientra tra gli aiuti c.d. di Stato.
Viene confermato che la sospensione non si applica al termine di decadenza di cui all’articolo 7, comma 3, del D.lgs n. 148/2015 (termine di sei mesi per le richieste di rimborso delle prestazioni di Cassa integrazione).
Nella sospensione sono ricompresi i versamenti relativi ai piani di rateazione concessi dall’Istituto, alle note di rettifica, nonché agli atti di recupero da accertamento amministrativo o di vigilanza le cui scadenze ricadano nel periodo di aprile e maggio 2020.
Per quanto riguarda le modalità operative, le aziende dovranno inserire nell’elemento, i seguenti codici di nuova istituzione:
L’Istituto, previa istruttoria, provvederà all’attribuzione del codice di autorizzazione “7G”, avente il significato di “Azienda interessata alla sospensione dei versamenti contributivi a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. D.L. n. 23/2020, Art. 18”.
I versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali, oggetto della sospensione, sono quelli con scadenza legale nell’arco temporale decorrente dal 1° aprile 2020 al 31 maggio 2020, ferma restando, come sopra evidenziato, l’eventuale operatività disgiunta per il mese di aprile e maggio 2020.
La sospensione contributiva, ricorda l’Inps, si applica anche alle quote di TFR da versare al Fondo di Tesoreria, trattandosi di contribuzione previdenziale equiparata, ai fini dell’accertamento e della riscossione, a quella obbligatoria dovuta a carico del datore di lavoro.
In relazione a quanto previsto dall’art. 60, comma 1, del D.L. n. 18/20, che stabiliva la proroga al 20 marzo 2020 dei versamenti, in scadenza il 16 marzo 2020, in ottemperanza alle disposizioni di cui all’articolo 21 del D.L. n. 23/20, l’Inps ricorda che tali versamenti vengono considerati tempestivi se sono stati effettuati entro il 16 aprile 2020.
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