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Codice di Prevenzione Incendi: circolare esplicativa

La circolare n. 15406 del 15 ottobre 2019 evidenzia i principali elementi di novità introdotti dal decreto 12 aprile 2019, entrato in vigore il 20 ottobre scorso.

Il citato decreto modifica diversi articoli del cosiddetto Codice di Prevenzione Incendi (decreto ministeriale 3 agosto 2015), eliminando, tra l’altro, la regola del “doppio binarioper la progettazione antincendio delle attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco (cfr. documento Ance del 30 aprile 2019 dal titolo “Modifiche al Codice di Prevenzione Incendi”).

Di seguito un approfondimento dei VVF sugli articoli 2 e 3 del decreto:

  • Articolo 2
    Con tale articolo è stato ampliato l’elenco delle attività ricomprese in allegato I del D.P.R. 151/2011 a cui applicare le modalità di progettazione del c.d. Codice di prevenzione incendi (ad esempio le attività dalla n. 19 alla n. 26 e la n. 73 erano escluse dall’originario campo di applicazione del D.M. 3 agosto 2015).
    Per le attività di nuova realizzazione, con esclusione di quelle puntualmente elencate all’articolo 3 del decreto, le norme tecniche allegate al Codice diventano l’unico strumento di progettazione ammesso.
    Nei commi 3 e 4 sono fornite, invece, indicazioni riguardo alle modalità di progettazione per le attività esistenti che sono oggetto di modifiche e/o ampliamenti dopo l’entrata in vigore del decreto in argomento. È ammesso che per tali attività sia possibile mantenere le modalità progettuali secondo le normative di tipo tradizionale anche sulle parti oggetto di modifica/ampliamento, qualora l’applicazione alle stesse del Codice comportasse incompatibilità con le porzioni dell’attività non oggetto di intervento.
    Al tal riguardo, si evidenzia come la previsione sia tesa ad evitare potenziali elementi di criticità nella fase di transizione dalle normative tradizionali al Codice.
    Quando le modifiche o ampliamenti su attività esistenti progettate con le nuove disposizioni tecniche dovessero comportare interventi di conformazione, sia in termini strutturali che impiantistici, anche negli ambiti della stessa attività non oggetto di intervento, è consentito al responsabile dell’attività di poter continuare ad applicare le normative di tipo tradizionale. È fatta salva la possibilità, su base volontaria, di riprogettare l’intera attività, adottando le norme tecniche allegate al Codice.
    Al comma 5, viene previsto, infine, che le norme allegate al Codice possano essere di riferimento per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio, non solo delle attività “sottosoglia”, ossia che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti nell’allegato I del D.P.R. 151/2011, ma anche per quelle che non sono elencate nel D.P.R.; in tal caso, le attività che optano per l’applicazione del nuovo approccio progettuale sono esonerate dall’applicazione delle normative di tipo tradizionale.
  • Articolo 3
    L’articolo 3 introduce un nuovo art. 2 bis "Modalità applicative alternative".
    In alternativa alle norme tecniche, il legislatore consente di applicare i criteri generali di prevenzione incendi alle seguenti attività:
  1. 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all'aria aperta e dei rifugi alpini;
  2. 67, ad esclusione degli asili nido;
  3. 69, limitatamente alle attività commerciali, ove sia prevista la vendita e l'esposizione di beni;
  4. 71;
  5. 75, con esclusione dei depositi di mezzi rotabili e dei locali adibiti al ricovero di natanti ed aeromobili.
    Ciò vuol dire che il responsabile di un’attività ricettiva turistico alberghiera potrà ancora optare tra l’applicazione del D.M. 9 aprile 1994 e s.m.i. o del D.M. 9 agosto 2016.
    Di seguito uno schema riepilogativo delle modalità applicative del Codice, modificato dal D.M. 12 aprile 2019:  SCHEMA RIEPILOGATIVO

Si riporta in allegato il testo della circolare.

Circolare codice prev incendi

Manovra 2020: Pubblicato in GU il “DL Fiscale”

Affidato al committente il versamento delle ritenute sul reddito dei dipendenti dell’appaltatore e del subappaltatore e contrasto alle indebite compensazioni dei crediti IRPEF/IRES.

Questi i contenuti di maggiore interesse del cd. “Decreto fiscale” DL  26 ottobre 2019, n. 124, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 252  della medesima data ed in vigore dal 27 ottobre 2019.

Il decreto è il primo provvedimento emanato dal Governo nell’ambito della Manovra economico-finanziaria per il 2020 ed è in attesa di iniziare l’iter parlamentare di conversione in legge (DDL 2220/C).

1. Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti (Art 4)

L’art.4 introduce, a decorrere dal 1° gennaio 2020, un meccanismo di sostituzione nel versamento delle ritenute fiscali per il lavoro dipendente nell’ambito degli appalti e subappalti, sia pubblici che privati.

In deroga al sistema della compensazione, si prevede che in tutti i casi in cui un committente affidi ad un’impresa l’esecuzione di un’opera o di un servizioil versamento delle ritenute fiscali per i lavoratori dipendenti impiegati nei lavori venga effettuato dal committente, laddove questi sia un sostituto di imposta residente nel territorio dello stato ai fini delle imposte sui redditi[1].

Il meccanismo, nella sostanza, prevede che, 5 giorni prima della scadenza del versamento mensile delle ritenute dovute (in altri termini, entro l’11 di ogni mese) l’appaltatore/subappaltatore:

  • metta a disposizione del committente la provvista necessaria per effettuare il versamento delle stesse al suo posto, tramite bonifico su conto corrente postale/bancario specificatamente indicato,
  • trasmetta tramite PEC l’elenco nominativo dei lavoratori, con dettaglio delle ore lavorate nel mese precedente per l’opera appaltata.

Il committente, da parte sua, esegue il versamento mediante delega F24, senza possibilità di utilizzare propri crediti in compensazione, e ha l’obbligo di comunicare al proprio fornitore l’avvenuto pagamento per suo conto. Laddove il committente non proceda al pagamento, il fornitore deve comunicare l’inadempienza all’Agenzia delle Entrate.

Se, entro il termine di versamento della provvista, l’appaltatore/subappaltatore ha già maturato corrispettivi non ancora liquidati, lo stesso può chiedere al committente di decurtare l’importo delle ritenute da quanto a lui dovuto.

Qualora, invece, l’appaltatore/subappaltatore non provveda a rendere disponibili le somme necessarie al versamento o le informazioni necessarie all’effettuazione dello stesso, il committente deve sospendere il pagamento del corrispettivo all’impresa.

Dalla scadenza del versamento delle ritenute all’Erario, l’appaltatore/subappaltatore ha 90 giorni di tempo per rendere disponibili le somme necessarie al pagamento, comprensive delle sanzioni e degli interessi[2].

Superato tale ultimo termine, il committente ha l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate l’inadempimento da parte dei propri fornitori.

Le imprese appaltatrici e subappaltatrici rimangono responsabili della corretta determinazione ed esecuzione delle ritenute (ossia delle trattenute al lavoratore), mentre il committente è responsabile del versamento delle stesse, entro l’ammontare dei bonifici ricevuti dai propri fornitori[3].

Sono previste soglie dimensionali minime delle imprese che, su opzione, possono avvalersi delle ordinarie procedure di versamento delle ritenute applicate ai propri dipendenti.

Nello specifico, si tratta degli appaltatori/subappaltatori, che nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza:

  1. risultino in attività da almeno 5 anni, ovvero, abbiano eseguito nel corso dei 2 anni precedenti complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo superiore a Euro 2 milioni;
  2. non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione relativi a tributi e contributi previdenziali per importi superiori ad Euro 50.000, per i quali siano ancora dovuti pagamenti, o per i quali non siano stati accordati provvedimenti di sospensione.

Le norme attuative procedimentali saranno successivamente indicate da provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Come norma di chiusura, inoltre, viene previsto che le imprese appaltatrici/subappaltatrici non possono versare i contributi previdenziali, assistenziali e i premi assicurativi per i dipendenti direttamente impiegati nell’esecuzione delle opere, mediante la compensazione con propri crediti fiscali.

Seppur con il condivisibile obiettivo di combattere l’evasione in tema di versamento delle ritenute per il lavoro dipendente, la disposizione è fortemente negativa sotto un duplice profilo.

Da un lato, l’introduzione di tale meccanismo aggrava pesantemente la gestione amministrativa delle commesse, lungo tutta la filiera dei soggetti coinvolti nell’attività edile: dal committente (privato o pubblico) fino al subappaltatore o subfornitore, rischiando di paralizzare l’esecuzione dei contratti.

Problema reso più evidente dalla tipicità dell’attività edilizia, che vede le imprese impegnare i propri lavoratori in più appalti anche nel corso dello stesso mese.

Ancor più gravi, inoltre, appaiono le conseguenze sotto il profilo finanziario, laddove viene sottratta liquidità alle imprese per il pagamento “cash” delle ritenute, adempimento sinora espletato attraverso la compensazione con i crediti fiscali.

Per questo l’ANCE, anche durante l’iter di conversione in legge del decreto legge, reitererà le azioni già intraprese con tutte le principali sigle del mondo immobiliare per chiedere l’abrogazione totale della disposizione.

2. Contrasto alle indebite compensazioni (Art 3)

L’articolo 3 uniforma la disciplina della compensazione orizzontale dei crediti derivanti dalle imposte sui redditi con quella relativa alla compensazione dei crediti IVA.

Infatti, con una modifica dell’art. 17 del Dlgs 241/1997 viene stabilito che anche la compensazione dei crediti relativi alle imposte sui redditi (IRPEF, IRES), alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all’IRAP, per importi superiori a 5.000 euro annui dovrà essere fatta dal decimo giorno successivo alla presentazione della dichiarazione o dall’istanza  da cui emerge il credito.

Tale diposizione si applica ai crediti maturati a decorrere dal periodo di imposta 2019.

Di conseguenza, dal 1° gennaio 2020 non sarà più possibile utilizzare liberamente in compensazione i crediti derivanti dalle imposte sui redditi, superiori a 5.000 euro, ma sarà necessario attendere il decimo giorno successivo a quello della presentazione della dichiarazione annuale con l’apposizione del visto di conformità[4].

Il termine ultimo per l’invio della dichiarazione dei redditi è, si ricorda, il 30 novembre (non più il 30 settembre) dell’anno successivo al periodo di imposta oggetto di dichiarazione[5].

Resta fermo, che per i crediti di importo inferiore a 5.000 euro non sarà necessaria l’apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi e il loro utilizzo in compensazione potrà essere già effettuato dal 1° gennaio successivo al periodo di imposta in cui è sorto il credito.

Anche per i soggetti non titolari di partita IVA, sussiste l’obbligo di presentare all’Agenzia delle Entrate, il modello F24 in via telematica.

Viene previsto un regime sanzionatorio per i tentativi di indebita compensazione, da applicare nei casi in cui, a seguito dell’attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate[6], venga individuato il tentativo di compensare crediti non utilizzabili. In queste ipotesi, l’Agenzia delle Entrate comunica telematicamente la mancata esecuzione della delega di pagamento al soggetto interessato e si applica una sanzione pari a 1.000 euro per ciascuna delega non eseguita.

3. Modifiche all’art. 96 del TUIR (Art 35)

L’art.35, modifica l’art. 96 del TUIR (DPR 917/1986) in tema di limiti alla deducibilità degli interessi passivi, nella parte in cui stabilisce l’esclusione dall’ambito operativo della norma per gli interessi passivi relativi a prestiti contratti da società di progetto allo scopo di finanziare progetti infrastrutturali pubblici a lungo termine.

Come noto, l’art. 96 del TUIR detta disposizioni limitative in tema di deducibilità degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati[7], stabilendo la regola generale per cui gli stessi risultano deducibili solo entro un ammontare massimo, pari al 30% del Risultato Operativo Lordo (ROL) di periodo.

Il comma 8 dell’art. 96, del DPR 917/1986 ammette però la deducibilità integrale degli interessi passivi relativi a prestiti, contratti per finanziare “progetti infrastrutturali pubblici a lungo termine”che non siano garantiti da beni appartenenti al gestore diversi da quelli afferenti al progetto infrastrutturale stesso, oppure da un soggetto diverso.

L’art. 96 prevede, inoltre, che sono interamente deducibili gli interessi passivi che maturano sui prestiti oggetto di segregazione patrimoniale o su quelli destinati esclusivamente al finanziamento del progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine e rimborsati solo con i flussi generati da esso.

L’art. 35 del Decreto fiscale interviene su questi aspetti per chiarire che:

  • i “progetti infrastrutturali pubblici a lungo termine” citati dalla disposizione del TUIR sono quelli a cui si applicano le disposizioni della Parte V del Dlgs. 50/2016, ovvero le infrastrutture e gli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese, inseriti negli appositi strumenti di pianificazione e programmazione dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
  • in caso di costituzione di una società di progetto strumentale alla segregazione patrimoniale rispetto ad attività e passività non afferenti al progetto, sono integralmente deducibili gli interessi passivi e oneri finanziari relativi a prestiti stipulati dalla società anche se assistiti da garanzie diverse da quelle previste al comma 8 dell’art. 96[8], utilizzati per finanziare progetti infrastrutturali pubblici concernenti contratti di concessione e di partenariato pubblico privato.

4. precompilata IVA (Art 16)

La disposizione prevede che, in via sperimentale, per le operazioni IVA effettuate a partire dal 1 luglio 2020, l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione dei soggetti passivi IVA, in una area del sito dedicata, le bozze dei registri IVA (fatture emesse e fatture d’acquisti di cui agli artt. 23 e 25 del DPR 633/1972) e delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA.

A partire dal 2021 verrà elaborata la bozza della dichiarazione annuale IVA (termine di presentazione periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 aprile 2020).

5. Imposta di bollo sulle fatture elettroniche (Art 17)

Viene stabilito che in caso di ritardato, omesso o insufficiente pagamento dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite Sistema di Interscambio, l’Agenzia delle Entrate comunica in via telematica al contribuente l’ammontare dell’imposta comprensiva della sanzione amministrativa dovuta[9] (pari, ad esempio, al 30% dell’importo per i pagamenti con ritardo superiore a 90 giorni), ridotta di un terzo, e con aggiunta degli interessi.

Viene, inoltre, stabilito che se il contribuente non provvede al pagamento entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, l’Agenzia iscrive a ruolo gli importi non versati.

Si ricorda, che il pagamento dell'imposta di bollo relativa alle fatture elettroniche emesse in ciascun trimestre solare è effettuato entro il giorno 20 del primo mese successivo.

6. Modifiche alla disciplina penale e della responsabilità amministrativa degli enti (Art 39)

La disposizione introduce modifiche al Dlgs 74/2000 con riferimento ai reati tributari relativi a dichiarazioni fraudolente, infedeli e omesse, riferite a imposte sui redditi[10] ed  Iva, nonché alle ipotesi di distruzione delle scritture contabili[11].

Sanzioni più rilevanti vengono stabilite anche in presenza di emissione di fatture per operazioni inesistenti[12].

Inoltre, viene ridotta la soglia di rilevanza penale legata al mancato versamento:

  • di ritenute, che passa da 150.000 a 100.000 euro (il mancato versamento si riferisce a ciascun periodo di imposta come risultante dalla dichiarazione annuale del sostituto di imposta)[13];
  • dell’Iva risultante dalla dichiarazione annuale[14], che passa da 250.000 a 150.000 euro [15].

[1] Si tratta, in particolare, di tutti i soggetti elencai nell'art.73 del TUIR-DPR 917/1986, ossia:

  • le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;
  • gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
  • gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;
  • le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

[2] di cui all'art.13, co.1, lett. a e a-bis del D.Lgs. 472/1997.

[3]In particolare, viene disposto che sia l'appaltatore/subappaltatore che il committente che non eseguono in tutto o in parte i versamenti delle ritenute incorrono nella responsabilità penale per omesso versamento di cui all'art. 10-bis del DLgs 74/2000 (cfr. il comma 17 dell'art.4). Si sottolinea, a tal riguardo, che l'art.39 del Decreto fiscale in commento introduce alcune modifiche alla disciplina penale dei reati tributari e, tra l'altro, riduce la soglia di rilevanza penale legata al mancato versamento delle ritenute. Tale soglia, infatti, passa da 150.000 a 100.000 euro (il mancato versamento si riferisce a ciascun periodo di imposta come risultante dalla dichiarazione annuale del sostituto di imposta).

[4] Cfr. Art. 1, comma 574, della legge n. 147/2013 (stabilità 2014) come modificato dall'art. 3 del DL 50 /20 Convertito con modificazioni, dalla legge n.96/ 2017 .

[5] Cfr. Art. 4-bis del DL 34/2019, convertito con modifiche, dalla legge n. 58/2019.

[6] Prevista ai sensi dell'art. 37, comma 49-ter, del DL 223/2006 convertito con modifiche nella legge n.248/2006.

[7] Cfr. ANCE "D.Lgs. 142/2018: le nuove regole di deducibilità degli interessi passivi per i finanziamenti immobiliari"- ID N. 34804 del 17 gennaio 2019.

[8] Secondo cui i prestiti devono essere garantiti da beni appartenenti al gestore del progetto afferenti al progetto stesso.

[9] Ai sensi dell'art. 13, comma 1, del Dlgs n.471/1997.

[10] Cfr. i nuovi artt. 2, 3, 4, 5 del Dlgs 74/2000.

[11]Cfr. il nuovo art. 10.

[12]Cfr. il nuovo art. 8.

[13]Cfr. il nuovo 10-bis.

[14] La sanzione si applica se il versamento non avviene entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo (27 dicembre).

[15] Cfr. il nuovo art.10-ter.

Ecobonus – No alla cessione del credito dai soci alla società – R. n. 415/2019

I soci di una società, beneficiari per trasparenza dell’Ecobonus, non possono effettuare la cessione del credito in favore della stessa società che ha loro attribuito, pro quota, la detrazione per interventi di risparmio energetico su un’unità immobiliare.
Così si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella Risposta 15 ottobre 2019, n. 415, per quel che riguarda l’applicabilità della cessione del credito in presenza di interventi edilizi agevolabili con l‘Ecobonus, specie per quel che riguarda la nozione dei “soggetti collegati” con l’esecuzione dei lavori[1].
Come noto, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta[2] per quel che riguarda l’individuazione dei soggetti cessionari del credito di imposta corrispondente all’Ecobonus, che sono stati suddivisi in due categorie:
·        fornitori dei beni e servizi necessari alla realizzazione degli interventi agevolabili;
·        altri soggetti privati[3], intendendosi per tali i soggetti (persone fisiche, esercenti lavoro autonomo o d’impresa, società ed enti), che, seppur diversi dai fornitori che realizzano gli interventi, siano comunque collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione[4].
Nel caso di specie, una società intende eseguire lavori volti al risparmio energetico su un immobile, trasferendo, poi, la corrispondente detrazione da Ecobonus ai soci pro quota in base al principio di trasparenza.
In merito, viene chiesto all’Agenzia delle Entrate se sia possibile, da parte dei soci, che hanno una limitata capienza IRPEF, cedere il beneficio loro attribuito alla medesima società, originaria titolare dell’Ecobonus.
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria nega la cessione del credito dai soci in favore della società, nel presupposto che, con tale operazionesi realizzerebbe, in capo alla società, la trasformazione in credito d’imposta della detrazione spettante, facoltà non prevista dalla normativa in tema di Ecobonus.
Infatti, attraverso la cessione del credito all’originario titolare dell’agevolazione verrebbe meno la terzietà richiesta dalla norma in relazione ai cessionari del credito.
Per completezza, si ricorda che l’Agenzia delle Entrate si era già pronunciata, in senso analogo, in fattispecie simili, aventi ad oggetto, rispettivamente l’esclusione dalla cessione del credito da Ecobonus[5].
-        in favore di una società, non esecutrice dei lavori, della quale il beneficiario della detrazione è anche amministratore e socio (cfrRisposta 247/E/2019);
-        ad una ditta individuale subappaltatrice dei lavori, della quale il beneficiario della detrazione è anche il titolare (in tale ipotesi, è stata negata la cessione del credito derivante anche dal Sismabonus – cfr. Risposta 249/E/2019).
 
[1] Cfr. l'art.14 del D.L. 63/2013, convertito, con modificazioni, nella legge 90/2013.
[2] Cfr. Circolari n.11/E/2018 e n.17/E/2018.
[3] Si veda l'art.14, co. 2-ter e 2-sexies, del DL 63/2013, convertito con modificazioni nella legge 90/2013, per l'Ecobonus.
[4] A titolo esemplificativo, l'Agenzia delle Entrate ha considerato "soggetti collegati" con la detrazione originaria:
- gli altri condòmini, in caso di interventi eseguiti sulla parti comuni condominiali (CM 11/E/2018);
- le società facenti parte dello stesso gruppo dell'impresa esecutrice degli interventi agevolati (CM 11/E/2018);
- in caso di lavori effettuati da un'impresa appartenente ad un Consorzio o ad una Rete, le altre società consorziate o retiste che non hanno realizzato direttamente gli interventi, oppure anche lo stesso Consorzio o la Rete (CM 17/E/2018);
- i subappaltatori e i fornitori di cui si serve l'impresa per realizzare gli interventi agevolati (CM 17/E/2018);
- i subappaltatori e i fornitori che realizzano lavori non inclusi nell'ambito operativo dei bonus, purché si tratti di interventi rientranti complessivamente nello stesso contratto d'appalto da cui originano le detrazioni medesime (CM 17/E/2018);
- i soci lavoratori dell'impresa subappaltatrice (Risposta dell'Agenzia delle Entrate n.109/2019);
- le società che, tramite contratto di somministrazione, forniscono personale alle imprese appaltatrici di interventi per cui è consentita la cessione del credito (anche nell'ipotesi in cui la società che svolge l'attività di somministrazione di lavoro partecipi a un'associazione temporanea di imprese -o raggruppamento temporaneo di imprese- per l'assunzione di appalti per opere che legittimano la cessione del credito (Risposta dell'Agenzia delle Entrate n.61/2018);
[5] ANCE Ecobonus e Sismabonus - Cessione del credito - Risposte nn.247 e 249 - ID n.36679 del 18 luglio 2019.

Pubblicato il ventiduesimo elenco dei soggetti abilitati alle verifiche periodiche delle attrezzature

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il Decreto Direttoriale n. 57 del 18 settembre 2019, ha adottato il ventiduesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, di cui al punto 3.7 dell’Allegato III del decreto 11 aprile 2011, ai sensi dell’articolo 71, comma 11, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
 
Tale elenco, allegato al decreto, sostituisce integralmente il XXI elenco adottato con decreto direttoriale 25 febbraio 2019, n. 8.
 
Il Decreto direttoriale si compone di sette articoli:
 
-       articolo 1: rinnovo, per cinque anni, delle iscrizioni nell’elenco dei soggetti abilitati di due società che hanno tempestivamente trasmesso la documentazione;
-       articolo 2: variazioni delle abilitazioni dei soggetti già iscritti, sulla base delle richieste pervenute nei mesi precedenti;
-       articolo 3: iscrizione di società nell’elenco dei soggetti abilitati sulla base delle istanze di iscrizione e dei pareri espressi dalla Commissione di cui al D.I. 11.4.2011;
-       articolo 4: proroghe dell'iscrizione nell’elenco dei soggetti abilitati;
-       articolo 5: cancellazione di società dall’elenco dei soggetti abilitati;
-       articolo 6: adozione dell'elenco aggiornato, in sostituzione di quello adottato con il decreto 25 febbraio 2019, n. 8;
-       articolo7: obblighi dei soggetti abilitati.
 
Si ricorda che il datore di lavoro è tenuto a sottoporre le attrezzature di lavoro, riportate nell'allegato VII al D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., a verifiche periodiche, volte a valutarne l'effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato.
 

“Sismabonus acquisti”: l’ANCE aggiorna la guida

Il Decreto legge 34/2019[1] (cd. Decreto Crescita), entrato in vigore il 1 maggio 2019 ha esteso il “Sismabonus acquisti”, sino a quel momento fruibile solo nelle zone a rischio sismico 1, anche alle zone 2 e 3.

Successivamente, il 31 luglio 2019 è uscito il  Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n.660057 che ha definito gli adempimenti per l’esercizio della cessione del credito corrispondente alla detrazione d’imposta e per usufruire dello “sconto sul corrispettivo” praticato dall’impresa.

A seguito di queste novità l’ANCE ha aggiornato[2] la guida “Sismabonus sull’acquisto di unità immobiliari antisismiche”.

Nel documento, che contiene un inquadramento normativo della detrazione sono indicate le modalità per accedere alla detrazione e le opzioni del suo utilizzo anche in caso di cessione del credito d’imposta e sconto sul corrispettivo da parte dell’impresa esecutrice dei lavori.

Si ricorda che il “Sismabonus sugli acquisti” è un’agevolazione che consente all’acquirentedi unità immobiliari antisismiche site nei Comuni in zona a rischio sismico 12 e 3, di detrarre il 75% o l’85% del prezzo di vendita, purché l’unità sia ceduta, entro i 18 mesi dalla fine lavori, dall’impresa di costruzione o di ristrutturazione immobiliare che vi abbia effettuato interventi di demolizione e ricostruzione, anche con variazione volumetrica[3], ove consentito.

A tal ultimo riguardo, si ricorda che l’acquirente di unità immobiliari antisismiche che ha diritto al beneficio può seguire tre strade:

A.   Utilizzare direttamente la detrazione a scomputo delle imposte sul reddito (Irpef o Ires), suddividendo il beneficio in 5 quote annuali di pari importo;

B.   Utilizzare indirettamente la detrazione attraverso la cessione del corrispondente credito d’imposta a favore delle imprese esecutrici degli interventi o a soggetti terzi collegati, con possibilità per tali soggetti acquirenti di ricedere il credito medesimo un’altra volta (con un massimo di 2 cessioni complessive);

C.   Usufruire di uno sconto sul corrispettivo dei lavori effettuato dall’impresa, il cui importo corrisponde alla detrazione spettante, e viene recuperato dall’impresa esecutrice dei lavori attraverso un credito d’imposta da utilizzare in compensazione in 5 quote annuali costanti e con possibilità di cessione ai fornitori (massimo 1 cessione).


[1] Convertito con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n.58.

[2] Cfr. ANCE “Sismabonus sull’acquisto di unità immobiliari antisismichi, il punto dell’ANCE” - ID N.36368 del 19 giugno 2019.

[3] Art. 16, comma 1-septies, del DL 63/2013 convertito con modifiche nella legge 90/2013.

1 allegato

Sismabonus acquisto unità immobiliari antisismiche

ANCE - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell'art. 65 della Legge n. 633/1941

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