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Sbloccati 350 milioni per interventi di edilizia sociale energetica ed antisismica

A distanza di quasi quattro mesi dalla sua approvazione, ha ricevuto l’ok della Corte dei Conti ed è stata pubblicata sulla G.U. n. 87 del 14/4/2018 una delibera del CIPE (n. 127 del 22/12/2017) con cui viene approvata la riprogrammazione di 350 milioni di euro di risorse giacenti, e quindi inutilizzate, su un conto denominato “Fondi di edilizia/convenzionata agevolata” alimentato e creato in attuazione della Legge n. 457/1978.
La proposta, in merito alla necessità di destinare tali risorse verso nuovi obiettivi, senza naturalmente uscire dalle finalità generali della Legge n. 457/1978, è stata portata avanti dal Ministero delle Infrastrutture che con Nota del 25/10/2017 aveva evidenziato la necessità di indirizzare le risorse resesi disponibili a valere sul Fondo di edilizia/convenzionata agevolata  verso un programma di recupero alloggi che tenesse conto delle nuove necessità imposte anche dall’UE su ambiente e sicurezza nell’edilizia pubblica.
Il Cipe, nella seduta del 22 dicembre 2017 ha approvato la riprogrammazione proposta dal MIT che individua due ambiti di intervento:
1.       Programma integrato di edilizia residenziale sociale a cui destinare 250 milioni di euro finalizzato a:
a.       recupero di immobili esistenti anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione,
b.      acquisto di immobili,
c.       nuova costruzione (solo in via residuale),
prevedendo un mix di residenze, funzioni, spazi collettivi e per servizi di prima necessità complementari agli alloggi.
Le proposte di intervento, che dovranno essere predisposte dai Comuni e attuate o dai Comuni stessi o dagli ex Iacp, comunque denominati, ovvero anche da imprese di costruzioni e cooperative (nella formula dell’edilizia convenzionata) dovranno:
  • essere destinate alla locazione permanente con canone sociale, per gli interventi a totale copertura pubblica, o alla locazione permanente o con patto di futura vendita per gli interventi che usufruiscono solo in parte del contributo pubblico;
  • essere cofinanziate da soggetti pubblici/privati per almeno il 20% del finanziamento statale assegnato;
  •   garantire la sostenibilità energetica (classe A1 per interventi di recupero e classe A4 per interventi di sostituzione edilizia, demolizione ricostruzione, nuova costruzione);
  • prevedere il miglioramento o l’adeguamento sismico;
  • migliorare l’accessibilità;
  • contribuire al miglioramento della qualità urbana del contesto e della dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati, per una quota non superiore al 20% del finanziamento statale.
La ripartizione delle risorse tra Regioni e province autonome sarà definita dal MIT con apposito DM previo parere della Conferenza unificata in base alle seguenti tempistiche:  
·         entro 30 giorni dalla pubblicazione della delibera Cipe (14 maggio 2018) le Regioni devono comunicare al MIT i dati relativi a: popolazione residente, domande inevase di edilizia sovvenzionata e numero di famiglie in affitto;
·         entro 30 giorni dalla verifica dei dati il MIT approva, con decreto, la ripartizione delle risorse; in ciascuna regione potranno essere finanziate non più di due proposte di intervento;
·         entro 45 giorni dal decreto di riparto le regioni individuano il o i comuni candidati a presentare le proposte di intervento con gli importi da assegnare e lo comunicano al MIT;
·         entro 30 giorni dalla comunicazione dei Comuni prescelti, con decreto interministeriale (Infrastrutture/Economia), è approvato l’elenco dei comuni ammessi a finanziamento e sono definiti: procedure, tempi caratteristiche tecniche delle proposte di intervento e le modalità di erogazione del finanziamento.
 
2.       Programma di interventi di edilizia residenziale sociale nei territori colpiti dai recenti eventi sismici cui destinare 100 milioni di euro. Le proposte di intervento dovranno:
  • essere destinate alla locazione permanente con canone sociale o con patto di futura vendita;
  •   garantire la sostenibilità energetica (classe A1 per interventi di recupero e classe A4 per interventi di sostituzione edilizia, demolizione ricostruzione, nuova costruzione);
  • prevedere il miglioramento o l’adeguamento sismico;
  • migliorare l’accessibilità;
  • contribuire al miglioramento della qualità urbana del contesto e della dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati, per una quota non superiore al 20% del finanziamento statale.
Le regioni, superata la fase emergenziale, comunicheranno al MIT i dati sui rispettivi fabbisogni abitativi. Entro i successivi 60 giorni con uno o più decreti interministeriali (Infrastrutture/Economia) previo parere della Conferenza unificata saranno: ripartite le risorse, definiti i criteri di finanziamento e le modalità attuative degli interventi.
 

Ambiente: le prossime scadenze

Entro il 30 aprile, le imprese sono chiamate a compiere alcuni adempimenti relativi alla produzione e/o alla gestione di rifiuti, pena l’applicazione del relativo regime sanzionatorio.
Nello schema seguente sono riepilogati gli adempimenti che le imprese debbono effettuare entro il 30 aprile  in considerazione dell’attività svolta o delle autorizzazioni di cui sono in possesso:
 
Adempimento
Soggetti obbligati
Come e a chi
Riferimento normativo
Dichiarazione annuale MUD Produttori di rifiuti pericolosi; produttori di rifiuti non pericolosi derivanti da attività industriali/artigianali con più di 10 dipendenti; imprese che effettuano operazioni di recupero e smaltimento rifiuti; trasportatori di rifiuti a titolo professionale; trasportatori di propri rifiuti pericolosi 30 kg –lt/giorno  (cat. 2 bis dell’Albo); commercianti e intermediari di rifiuti senza detenzione etc. Presentazione della Comunicazione rifiuti (per alcune attività è ammessa una comunicazione semplificata) Art. 189 del D.lgs. 152/2006 e Dpcm 28 dicembre 2017
Contributo annuale all’Albo gestori ambientali Imprese iscritte all’Albo gestori ambientali nelle diverse categorie previste (trasportatori, gestori, intermediari, attività di bonifica etc.) Per via telematica sul sito dell’Albo Art. 212 del D.lgs. 152/2006 e art. 24 del DM 120/2014
Contributo annuale per l’iscrizione al SISTRI -sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti
 
I soggetti obbligati al Sistri (produttori di rifiuti pericolosi con più di 10 dipendenti; i gestori di rifiuti pericolosi; i trasportatori professionali di rifiuti pericolosi; etc.) e quelli che vi hanno aderito volontariamente. Bollettino postale o bonifico bancario e successiva registrazione dell’avvenuto pagamento nella sezione “gestione azienda” della relativa posizione Sistri. Art. 188 del D.lgs 152/2006
Diritto annuale di iscrizione per le imprese autorizzate al recuperodi rifiuti in procedura semplificata
 
 
 
Imprese autorizzate all’attività di recupero rifiuti in procedura semplificata Tramite conto corrente postale a favore della Provincia territorialmente competente. Artt. 214-216 del D.lgs. 152/2006
 

Per quanto riguarda il MUD si rimanda alla nota predisposta dall’Ance e qui allegata, nella quale sono indicate le principali novità introdotte dal DPCM 28/12/2017. 

1 allegato

CIRCOLARE MUD

Gli atti illegittimi della pubblica amministrazione vanno risarciti

Va ripagato il tempo che un’impresa ha perso per il mancato avvio di un’attività a causa di provvedimenti illegittimi da parte della pubblica amministrazione. Il danno deve essere quantificato sui mancati utili dell’impresa come risultanti dai bilanci depositati dall’inizio dell’attività.
 
E’ quanto ha stabilito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1457 del 6 marzo del 2018, sulla richiesta di risarcimento dei danni avanzata da un’impresa la cui attività era rimasta illegittimamente bloccata dalla Soprintendenza dei beni archeologici.
 
Nel caso di specie si trattava di un’impresa turistica che non era riuscita ad avviare l’attività balneare in quanto paralizzata da due provvedimenti emanati dalla Soprintendenza, dichiarati entrambi illegittimi e annullati dal giudice amministrativo.
 
Un vero e proprio “accanimento” nei confronti dell’iniziativa imprenditoriale - si legge nella sentenza -posto in essere senza alcuna giustificazione e “in totale spregio del fatto che, pochi anni prima, la stessa Soprintendenza aveva autorizzato la medesima iniziativa con ciò trascurando completamente l’affidamento ingenerato sul privato sulla fattibilità dell’opera”.
 
I fatti esaminati nella sentenza possono così brevemente riassumersi:
-          l’impresa aveva ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie per l’insediamento di uno stabilimento balneare (autorizzazione da parte della Soprintendenza archeologica; nulla osta paesaggistico; permesso di costruire);
-          i lavori venivano sospesi dalla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio per asserite difformità tra le previsioni del progetto e i lavori in corso;
-          seguiva un procedimento penale poi archiviato;
-          successivamente interveniva la revoca dell’autorizzazione archeologica precedentemente rilasciata;
-          seguivano due decreti di occupazione dell’area per effettuare dei saggi archeologici (di cui il secondo emanato nonostante l’annullamento giurisdizionale del primo e poi anch’esso annullato).
 
Di fronte a tale comportamento l’impresa ha chiesto il ristoro del pregiudizio subito a seguito dei provvedimenti illegittimi e definitivamente annullati in via giurisdizionale.
 
Per il Consiglio di Stato la quantificazione del danno è desumibile dai bilanci dell’impresa ossia dagli utili perduti senza necessità di ricorrere a consulenze esterne.
 
Rispetto ai precedenti orientamenti della giurisprudenza finalizzati a quantificare il danno in somme forfettarie, il Consiglio di Stato ha riconosciuto che lo stesso è desumibile attraverso l’esame di “cosa poteva succedere” se l’amministrazione non avesse impedito per due anni l’inizio dell’attività dell’impresa. A tal fine il danno è stato liquidato sulla base dei bilanci prodotti dalla società interessata con il riconoscimento di due anni di utili perduti detratte le imposte.
 
 
In allegato:
 
 

Permesso in sanatoria: via libera se il vincolo paesaggistico è successivo all’abuso

L’art. 36 del Dpr 380/2001 “Testo Unico edilizia” consente la sanatoria degli abusi edilizi cd. “formali”, ossia di quegli interventi realizzati in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio (permesso di costruire o Scia), ma comunque consentiti dal piano urbanistico vigente e che quindi avrebbero potuto essere autorizzati se l’interessato avesse presentato la domanda al comune. Si tratta dunque di uno strumento di sanatoria a regime, da non confondere con il condono edilizio che ha carattere straordinario e riguarda gli interventi abusivi in contrasto con il piano urbanistico.
In particolare, il Testo Unico Edilizia permette al responsabile dell’abuso o al  proprietario dell’immobile di ottenere il permesso di costruire in sanatoria a condizione che l’intervento realizzato senza titolo risulti  conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento sia della sua realizzazione, sia della presentazione della domanda (art. 36, comma 1). Il rilascio del permesso di costruire in sanatoria è inoltre subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero in caso di gratuità dell’intervento, in misura pari a quella prevista dall’art. 16 del Dpr 380/2001 (art. 36, comma 2).
Un problema frequente nell’ambito dei procedimenti avviati in base all’art. 36 Dpr 380/2001 è rappresentato dalla presenza di vincoli paesaggistici, che il più delle volte impediscono il rilascio del permesso in sanatoria. Infatti l’art. 167 del D.lgs. 42/2004 consente la sanatoria solo di abusi di lieve entità e cioè:
a) lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
La giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. VI, 14/10/2015, n. 4759) e l’Ufficio legislativo del Ministero dei beni culturali (Parere 12385-27/04/2016) hanno fornito un’interpretazione degli artt. 36 Dpr 380/2001 e 167 D.lgs. 42/2004 che amplia la possibilità di ottenere il permesso in sanatoria in aree vincolate anche ad opere abusive realizzate con aumenti di volume o superficie.
In particolare il parere afferma che, nel caso in cui le opere siano state realizzate senza titolo (o in difformità da esso) prima dell’apposizione del vincolo paesaggistico, non sussiste un illecito paesaggistico perché al momento della realizzazione dell’opera abusiva non sussisteva alcun vincolo. Pertanto il privato non era tenuto ad acquisire l’autorizzazione paesaggistica.
Il Ministero precisa che, essendo comunque presente un vincolo seppure sopravvenuto, l’abuso andrà sottoposto ad una verifica di compatibilità paesaggistica secondo le modalità e la disciplina dell’art. 146 D.lgs. 42/2004 e cioè secondo il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ordinaria.
Si segnala infine che questa interpretazione è stata recentemente ripresa dalla regione Emilia Romagna nell’ambito della LR 12/2017 che, modificando l’art. 17 della legge regionale sull’edilizia 23/2004 ha stabilito che: "Nei casi in cui il vincolo paesaggistico sia stato apposto in data successiva alla realizzazione delle opere oggetto della sanatoria, l'accertamento di conformità è subordinato all'acquisizione dell'assenso delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo. L'assenso è espresso con le modalità previste per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica di cui all'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004”.
 

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