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Recesso del committente: l’appaltatore deve essere indennizzato

In un contratto di appalto il committente è sempre libero, anche se i lavori sono già iniziati, di esercitare il diritto di recesso che la legge (art. 1671 del codice civile) gli riconosce. L’esercizio del diritto di recesso è svincolato da qualsiasi ipotesi di inadempimento dell’appaltatore e può essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente a porre fine al rapporto non essendo configurabile un diritto dell’appaltatore a proseguire nell’esecuzione dell’opera. Non è quindi necessario addurre alcuna giustificazione.
 
Ne consegue che può essere motivato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti di inadempimento (Cass. civ., sez. II, Ordinanza n. 23558 del 9-10-2017; Cass. civ., sez. II, n. 2130 del 27-1-2017).Anche qualora trovi la propria giustificazione in una violazione degli obblighi contrattuali da parte dell’appaltatore medesimo, il giudice non è tenuto a indagare né l’importanza né l’esistenza dell’inadempimento di quest’ultimo, a meno che il committente pretenda anche il risarcimento del danno (Cass. civ., sez. II, n. 2130 del 27-1-2017;Cass. civ. n. 10400 del 22-4-2008; Cass. civ. n. 11642 del 29-7-2003).
 
Il recesso non può più essere fatto valere se i lavori oggetto di appalto siano stati ultimati. Secondo la dottrina è irrilevante il fatto che l’opera non sia stata accettata dal committente: una volta completata l’opera il contratto ha ormai esaurito i suoi effetti, essendo stato raggiunto lo scopo per il quale lo stesso è stato sottoscritto. Il recesso comunicato dopo il compimento dell’opera sarà pertanto privo di efficacia e il committente sarà tenuto a corrispondere all’appaltatore il corrispettivo ancora dovuto.
 
Si fa presente che, nell’ambito del contratto,  le parti hanno facoltà di derogare alla disciplina codicistica regolando, quindi, in maniera diversa il recesso unilaterale del committente fino ad escluderlo (Cass. civ., n. 1295 del 29-1-2003).
 
L’aspetto importante è sicuramente quello riguardante l’indennizzo cui ha diritto, come anticipato, l’appaltatore che deve essere calcolato sulla base delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
 
Per spese sostenute si fa riferimento ai costi sopportati dall’appaltatore, che non si siano tradotti in lavori eseguiti. In questa voce di indennizzo rientrano a titolo di esempio: le spese di acquisto e trasporto di materiali che non sono stati utilizzati per la realizzazione delle opere oggetto dell’appalto e che, a seguito del rimborso, diventano di proprietà del committente; le spese per sopralluoghi; le spese per impianti di sorveglianza del cantiere.
 
Per quanto riguarda i lavori già eseguiti si deve fare riferimento a quelli svolti fino al momento del recesso.
 
L’indennizzo da mancato guadagno si riferisce, infine, ai lavori rimasti ineseguiti, ed è l’utile netto che l’appaltatore avrebbe avuto da essi se avesse potuto portare a termine l’opera. E’ onere dell’appaltatore che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno dimostrare quale sarebbe stato il guadagno conseguibile con l'esecuzione delle opere appaltate costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell'appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere (Cass. civ., sez. II, n. 8853 del 5-4-2017; Tribunale Grosseto, n. 652 del 4-7-2017).
 
In chiusura va segnalata una sentenza del Tribunale Napoli, sez. IV, 29-4-2016ai sensi della qualese contrattualmente previsto, l’appaltatore può legittimamente rifiutare la consegna del cantiere, anche a seguito dell’esercizio del diritto di recesso unilaterale da parte del committente, sino al versamento integrale degli importi dovuti.

Compravendita: garanzie per vizi ridotte se l’immobile è usurato

Nell’ambito di un contratto di compravendita (anche immobiliare) sul venditore gravano, ai sensi dell’articolo 1476 del codice civile, una serie di obblighi tra cui, per quanto qui interessa, quello di garantire l’acquirente dai vizi della cosa. L'art. 1490 del codice civile individua il contenuto di tale obbligazione: “Il venditore  è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”. La garanzia per i vizi legittima eventualmente l'attivazione, da parte dell’acquirente, dei corrispondenti rimedi: dalla risoluzione del contratto, alla riduzione del prezzo fino al risarcimento del danno. Imperfezioni di minore entità devono essere, invece, tollerate dall'acquirente.

 
Pur in presenza di un vizio rilevante ai sensi dell'art. 1490 c.c., l'operatività della garanzia è però condizionata dal comportamento dell'acquirente, gravato dall'onere di esaminare il bene al momento dell'acquisto (art. 1491 c.c.) oppure in quello della consegna (art. 1511 c.c.) e di attivar" la garanzia rispettando le rigide scadenze di cui all'art. 1495 c.c.
 
L’acquirente, quindi, perde il diritto ad azionare la garanzia in caso di conoscenza dei vizi. A tal fine, il vizio deve essere facilmente riconoscibile, sicché deve bastare una soglia minima di attenzione per poterlo riscontrare non essendo richiesta una cognizione specialistica.
 
E proprio su tale aspetto si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione (ordinanza n. 24343 del 16-10-2017) escludendo la possibilità di far valere la garanzia per vizi in caso di vendita di un bene appartenente ad un edificio condominiale di costruzione molto risalente nel tempo i cui difetti materiali devono essere imputati  al concreto ed accertato stato di vetustà ovvero al tecniche costruttive ormai superate.
 
Non si può, quindi, parlare nel caso in esame di vizi rilevanti né di vizi occulti bensì di caratteristiche dell'immobile che influiscono solo sul suo valore commerciale : "colui che acquista un immobile di non recente costruzione... ha l'onere di verificare con cura le condizioni di manutenzione, se del caso interpellando l'amministratore del condominio al fine di conoscere quali interventi manutentivi siano stati effettuati... " pertanto "... l'acquirente doveva sapere che si trattava di un fabbricato risalente agli anni ‘60, con caratteristiche costruttive non propriamente eccellenti, e doveva sapere che prima o poi potevano rendersi necessari interventi al tetto, come alle altre parti del fabbricato...".
 
La Corte ha, quindi, escluso l’applicabilità delle norme sulla garanzia per vizi ritenendo che trattandosi di bene “usato” le relative qualità si intendono ridotte in ragione dell'usura, che non va considerata (onde escludere la garanzia) come quella che, astrattamente, presenterebbe il bene utilizzato secondo la comune diligenza, bensì come quella concreta che scaturisce dalla reali vicende cui il bene stesso sia stato sottoposto nel periodo precedente la vendita. 
 

Piccoli comuni: al via le misure per il sostegno e la valorizzazione

opo un lungo iter di approvazione in Parlamento durato più di quattro anni, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (n. 256 del 2 novembre 2017) la Legge 6 ottobre 2017, n. 158 contenente “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni”, in vigore dal 17 novembre prossimo.

 
La nuova legge si inserisce in un percorso politico e istituzionale - del quale fanno parte anche altre iniziative quali la Strategia per lo sviluppo delle aree interne del Paese di cui all’art. 1, comma 13 della Legge 147/2013 - volto a contrastare lo spopolamento dei comuni più piccoli a favore dei grandi e medi centri urbani e a riconoscerne e favorirne il ruolo di “presidio territoriale” soprattutto per le attività di contrasto del dissesto idrogeologico e di piccola e diffusa manutenzione dei beni comuni (art. 1, comma 1, ultimo periodo).
 
Di seguito i principali contenuti della legge.
 
Ambito di applicazione (art. 1, comma 2)
 
Sono “piccoli comuni” i comuni con popolazione residente fino a 5.000 e quelli istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti qualora rientrino in una delle seguenti tipologie:
a)      comuni ubicati in aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico;
b)      comuni caratterizzati da marcata arretratezza economica;
c)      comuni nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente (rispetto al censimento del 1981);
d)      comuni caratterizzati da condizioni di disagio insediativo;
e)      comuni caratterizzati da inadeguatezza dei servizi sociali assistenziali;
f)       comuni ubicati in aree caratterizzate da difficoltà di comunicazione e dalla lontananza dai grandi centri abitati;
g)      comuni la cui popolazione residente presenta una densità non superiore ad 80 abitanti per chilometro quadrato;
h)      comuni comprendenti frazioni con le caratteristiche delle lettere a), b), c), d), f) o g);
i)       comuni appartenenti alle unioni di comuni montani o che comunque esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali dell’art. 14, comma 28 DL 78/2010;
l)       comuni con territorio compreso totalmente o parzialmente nel perimetro di parchi nazionali o regionali o di aree protette;
m)    comuni istituiti a seguito di fusione;
n)      comuni rientranti nelle aree periferiche e ultraperiferiche, individuate nella Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese.
 
Con Decreto del Ministro dell’interno da adottarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge 158/2017 (e cioè entro il 17 marzo 2018) sono definiti i parametri occorrenti per la determinazione delle tipologie di comuni elencati nel comma 2. Entro i successivi 60 giorni (e cioè entro il 16 maggio 2018) con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è definito l’elenco dei piccoli comuni.
 
Entrambi questi decreti dovranno preventivamente essere trasmessi alle Camere che avranno 30 giorni per esprimere il parere (art. 1, comma 4, 5, 6 e 7).
 
Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni (art. 3)
 
Nello stato di previsione del Ministero dell’interno viene istituito il Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni con una dotazione di 10 milioni/€ per l’anno 2017 e di 15 milioni/€ per gli anni dal 2018 al 2023.
Le risorse del Fondo saranno utilizzate sulla base del Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, adottato con Dpcm, su proposta del Ministro delle infrastrutture entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge 158/2017 (e cioè entro il 16 maggio 2018).
 
Il Piano assicura priorità, tra gli altri, ai seguenti interventi:
-        qualificazione e manutenzione del territorio mediante recupero e riqualificazione di immobili esistenti e aree dismesse e interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico;
-        messa in sicurezza e riqualificazione delle infrastrutture stradali e degli edifici pubblici;
-        riqualificazione e accrescimento dell’efficienza energetica del patrimonio immobiliare pubblico;
-        acquisizione e riqualificazione di terreni ed edifici in stato di abbandono o degrado ai sensi dell’art. 5;
-        acquisizione di case cantoniere e di ferrovie dismesse ai sensi dell’art. 6;
-        recupero e riqualificazione dei centri storici ai sensi dell’art. 4.
 
Il Piano definisce le modalità per la presentazione dei progetti da parte dei comuni e quelle per la loro selezione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla base di una serie di criteri elencati al comma 4 dell’art. 3. Con successivi decreti del Presidente del Consiglio sono individuati i progetti che verranno finanziati in base al Piano, assicurando una equilibrata ripartizione delle risorse a livello regionale, che potranno comunque essere cumulate con altre già previste dalla vigente normativa europea, nazionale e regionale.
 
Recupero e riqualificazione dei centri storici (art. 4)
 
I piccoli comuni possono individuare all’interno del perimetro dei centri storici, zone di particolare pregio sotto il profilo della tutela architettonica e culturale, nelle quali realizzare, anche avvalendosi delle risorse del Fondo previsto dall’art. 3, interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana, attraverso gli strumenti a tale fine previsti dalla vigente normativa statale e regionale in materia.
 
Nell’ambito degli interventi integrati rientrano:
-        il risanamento, la conservazione e il recupero del patrimonio edilizio privato;
-        la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico;
-        la manutenzione straordinaria dei beni pubblici e il riuso del patrimonio edilizio inutilizzato;
-        il miglioramento e l’adeguamento degli arredi e dei servizi urbani;
-        il consolidamento statico e antisismico degli edifici storici e la loro riqualificazione energetica.
 
Contrasto all’abbandono di immobili (art. 5)
 
I piccoli comuni, anche utilizzando le risorse previste nell’ambito del Fondo di cui all’art. 3, possono adottare misure volte all’acquisizione e alla riqualificazione di immobili per contrastare l’abbandono di:
-        terreni allo scopo di prevenire fenomeni di dissento idrogeologico e perdita di biodiversità;
-        edifici, anche in stato di degrado, allo scopo di prevenire crolli o situazioni di pericolo.
 
Nel silenzio della norma, si dovrebbe ritenere che gli immobili abbandonati da acquisire e/o riqualificare possano essere sia pubblici che privati.
 
Acquisizione di case cantoniere e realizzazione itinerari turistico-culturali (art. 6)
 
I piccoli comuni anche utilizzando le risorse previste nell’ambito del Fondo di cui all’art. 3, possono acquisire stazioni ferroviarie disabilitate o case cantoniere della società ANAS Spa, per destinarle a presidi di protezione civile e salvaguardia del territorio ovvero ad altre attività di interesse comunale, nonché acquisire ferrovie dismesse da trasformare in piste ciclabili.
 
Nell’ambito del medesimo articolo, non appare chiaro infine il richiamo all’applicazione ai piccoli comuni dell’art. 135, comma 4, lettera d) del D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” in tema di pianificazione paesaggistica. Tale ultima norma stabilisce infatti che per ciascun ambito in cui è suddiviso il territorio regionale “i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare alla… individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco”.
 
Ulteriori misure
 
La Legge 158/2017 contiene anche altre misure a favore dei piccoli comuni di non stretto interesse per il settore privato per le quali si rinvia agli articoli 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 e 15 del testo in allegato.
 
Ulteriori interventi a livello regionale e locale (art. 1, comma 8 e art. 2)
 
Le Regioni, nell’ambito delle proprie competenze, possono definire misure ulteriori a vantaggio dei piccoli comuni come definiti al comma 2 dell’art. 1, nonché ulteriori tipologie di comuni tenuto conto della specificità del proprio territorio.
 
Regioni a statuto speciale (art. 17)
 
Le disposizioni della Legge 158/2017 si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.
 

In allegato: La Legge 158/2017

Immobili da costruire: nuove tutele per gli acquirenti

E’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 254 del 30 ottobre 2017, la Legge 155 del 19 ottobre 2017 sulla riforma delle crisi di impresa all’interno della quale è stata inserita, durante l’iter parlamentare, una disposizione in materia di tutela degli acquirenti di immobili da costruire.
 Si tratta, in particolare, dell’art. 12 “Garanzie in favore degli acquirenti di immobili da costruire” che delega il Governo ad adottare con successivo provvedimento legislativo norme finalizzate a prevedere:
·         l’obbligo di stipulare mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e, quindi con l’assistenza del notaio, il preliminare di compravendita (o atto equipollente) di un immobile da costruire/in corso di costruzione (secondo la definizione di cui all’art. 1 D. Lgs. 122/2005);
·         la previsione della nullità relativa per l’ipotesi di mancata consegna della polizza indennitaria decennale (analogamente a quanto previsto per il mancato rilascio della fideiussione).
La norma, che si presenta completamente avulsa, rispetto all’intero articolato normativo, sembrerebbe essere finalizzata ad individuare un rimedio giuridico verso, la più volte denunciata, disapplicazione degli obblighi nascenti dal D.lgs. 122/2005 specie per quanto riguarda il rilascio delle fideiussioni a garanzia degli acconti.
Trattandosi di una norma di principio l’articolo 12 non avrà immediata attuazione per cui anche con la sua entrata in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, non cambierà nulla rispetto alla vigente disciplina. Occorrerà, infatti, attendere l’emanazione del decreto legislativo che recepirà quanto previsto dalla legge delega e in vista di tale adempimento l’Ance porrà in essere tutte quelle iniziative finalizzate ad evitare l’introduzione di disposizioni che non siano in contrasto con le attuali prassi assicurative.

In allegato articolo 12 Legge 155-2017 

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