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Consumo del suolo e rigenerazione urbana: aggiornato il quadro regionale

Negli ultimi anni – partendo da istanze di matrice europea che chiedono agli Stati membri di raggiungere nel 2050 l’obiettivo del consumo di suolo “netto” pari a zero (Comunicazione della Commissione Europea COM (2011) 571 “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse”)  – lo sviluppo territoriale si sta orientando sempre più verso logiche di contenimento dell’uso del suolo e di rigenerazione del patrimonio edilizio esistente.
 
Il modello territoriale di carattere espansivo, alla base della normativa urbanistica nazionale dal 1942 in poi, sta lasciando il passo a indirizzi pianificatori che impongono di dare priorità alla trasformazione e al riuso della città costruita, consentendo l’utilizzo di nuove risorse territoriali solo nei casi in cui non esistano alternative alla riorganizzazione del tessuto insediativo esistente.
 
I provvedimenti che regolano l’urbanistica nazionale, dalla Legge 1150/1942 al DM 1444/1968, non sono più idonei a governare lo sviluppo delle città, né tantomeno ad assicurare la competitività dei territori.
 
Mentre a livello statale, nonostante la presentazione in Parlamento di numerosi disegni di legge, faticano a farsi strada disposizioni sul contenimento del consumo del suolo e sulla rigenerazione urbana, a livello regionale si continua ad assistere all’approvazione di leggi su questi temi.
 
L’Ance ha aggiornato (24 giugno 2019) il dossier con cui fornisce un quadro delle normative introdotte dalle Regioni, nella consapevolezza che una efficace politica di contenimento del consumo del suolo si basa principalmente sulla previsione di norme mirate a rendere agevoli, diffusi e economicamente sostenibili gli interventi di trasformazione del patrimonio edilizio esistente e in particolare di quelli che comportano la sostituzione integrale degli edifici mediante demolizione e ricostruzione.
 
In attesa della riforma del governo del territorio, l’Ance ritiene prioritario che a livello nazionale vengano definite misure apposite per avviare una profonda e radicale opera di rinnovamento delle città, in termini di sicurezza, innovazione e qualità, quali, tra le altre:
  • dichiarazione di interesse pubblico degli interventi;
  • riconoscimento di superfici e volumetrie aggiuntive rispetto a quelle preesistenti;
  • corresponsione di oneri di urbanizzazione commisurati esclusivamente all’entità della volumetria o superficie aggiuntiva rispetto a quella preesistente;
  • non applicazione del contributo straordinario di cui all’art. 16 del DPR 380/2001;
  • corresponsione di standard urbanistici commisurati esclusivamente all’entità della volumetria o superficie aggiuntiva rispetto a quella preesistente e loro monetizzazione, qualora non sia possibile reperire aree per servizi nel contesto urbano in cui si colloca l’intervento;
  • possibilità di modificare anche i prospetti, oltre che la sagoma dell’edificio originario;
  • in attesa della revisione della normativa sugli standard, deroghe ai limiti di densità edilizia, altezza e distanza fra edifici stabiliti dagli articoli 7, 8 e 9 del DM 1444/1968.
L’aggiornamento odierno del dossier, dà conto delle seguenti leggi/normative:
  • Puglia – LR 18/2019 “Norme in materia di perequazione, compensazione urbanistica e contributo straordinario per la riduzione del consumo di suolo”;
  • Calabria – LR 8/2019 che modifica la legge urbanistica regionale 19/2002 nella parte relativa alle disposizioni sul contenimento del consumo di suolo;
  • Marche – Legge regionale 8/2019 che modifica la LR 22/2011 nella parte relativa alla riduzione del consumo di suolo in attesa della riforma del governo del territorio regionale
Premesso che non si è tenuto conto delle disposizioni regionali ancora efficaci emanate in attuazione dell’Accordo Stato-Regioni 1° aprile 2009 (Piani casa) perché aventi scadenza temporale e quindi di carattere “straordinario”, la situazione normativa attuale può essere così sintetizzata: 
  • Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana, Prov. Aut. Trento, Umbria, Veneto, Prov. Aut. Bolzano, Basilicata: sono presenti normative organiche sul contenimento del consumo di suolo e/o sulla rigenerazione del patrimonio edilizio esistente nell’ambito di leggi specifiche ovvero nella leggi regionali sul governo del territorio;
  • Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia: sono presenti norme sul contenimento del consumo disuolo ovvero sulla rigenerazione del patrimonio edilizio esistente;
  • Campania, Valle d’Aosta, Abruzzo:il contenimento del consumo di suolo e/o la rigenerazione urbana sono presenti come principi, unitamente, in alcuni casi, a singole norme relative alla riqualificazione urbana. 

 

In allegato le schede regionali aggiornate al 24  giugno 2019

 

ANCE - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941

Sblocca cantieri: tutte le novità su urbanistica, edilizia e ambiente

Il Decreto Legge 18 aprile 2019, n. 32, cd. “sblocca-cantieri” è stato convertito, con modifiche ed integrazioni, dalla Legge 14 giugno 2019, n. 55 (Gazzetta Ufficiale 17 giugno 2019, n. 140).
 
L’Ance analizza di seguito le disposizioni di interesse del settore privato ed ambientale presenti nel testo del Decreto Legge, coordinato con le modifiche e le integrazioni apportate in sede di conversione dal Parlamento ( Sblocca-cantieri: le novità per il testo unico dell’edilizia e l’ambiente vedi news del 2/05/2019), relative in particolare a:
  • standard urbanistici e limiti di distanze fra edifici ai fini della rigenerazione urbana (art. 5);
  • condomini degradati (art. 5-sexies);
  • procedimento di localizzazione delle opere di interesse statale (art. 5-bis);
  • cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste) e proroga dei termini per il deposito/trasporto dei materiali da scavo derivanti dal sisma del 2016 (art.1, comma 19 e art. 24).
Si sottolinea che mentre le disposizioni contenute nel testo originale del decreto legge sono entrate in vigore il 19 aprile 2019, quelle introdotte dalla legge di conversione il 18 giugno 2019.
 
 
In allegato:
 

Autotrasporto. Carta di qualificazione conducenti: circolare ministeriale riepilogativa

Il Ministero delle infrastrutture e trasporti con Circolare Prot. 18559/23.18.3 del 7 giugno 2019 fa il punto sull’obbligo di conseguimento della carta di qualificazione dei conducenti (CQC) e sulla formazione inziale e periodica necessaria per ottenerla o aggiornarla.
 
Quando occorre la CQC
La CQC è un documento abilitativo che si aggiunge alla patente di guida. E' necessaria per tutti i conducenti che effettuano professionalmente l'autotrasporto di persone e di cose su veicoli per la cui guida è richiesta la patente di una delle categorie: C1, C, C1E, CE, D1, D, D1E e DE.
 
Il requisito della professionalità è l’elemento caratterizzante l’obbligo della titolarità della qualificazione CQC. Ove non ricorra tale elemento della professionalità nel trasporto di merci o persone, si è fuori dall’ambito di applicazione della disciplina in esame.
 
Ai sensi dell’art. 16 del D. Lgs. n. 286/2005, sono inoltre esclusi dal campo di applicazione della disciplina relativa alla qualificazione professionale di tipo CQC, e dunque dall’obbligo di possedere tale qualificazione, i conducenti:
a)      di veicoli la cui velocità massima autorizzata non supera i 45 km/h;
b)      di veicoli ad uso delle forze armate, della protezione civile, dei vigili del fuoco e delle forze responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico, o messi a loro disposizione;
c)      di veicoli sottoposti a prove su strada a fini di perfezionamento tecnico, riparazione o manutenzione, e dei veicoli nuovi o trasformati non ancora immessi in circolazione;
d)      di veicoli utilizzati in servizio di emergenza o destinati a missioni di salvataggio;
e)      di veicoli utilizzati per le lezioni di guida ai fini del conseguimento della patente di guida o dei certificati di abilitazione professionale;
f)       di veicoli utilizzati per il trasporto di passeggeri o di merci a fini privati e non commerciali;
g)     di veicoli che trasportano materiale o attrezzature, utilizzati dal conducente nell'esercizio della propria attività, a condizione che la guida del veicolo non costituisca l'attività principale del conducente.
 
Per quanto riguarda le esenzioni previste ai punti f) e g), riferite ai conducenti di veicoli adibiti ad uso proprio, la Circolare ha ribadito quanto già affermato in passato ossia che esse non ricorrono nel caso in cui il conducente del veicolo risulti assunto alle dipendenze di un’impresa con la qualifica di autista poiché, non vi è dubbio, che la guida del veicolo è effettuata in questi casi con carattere professionale.
 
Come si consegue la CQC
Si consegue a seguito della frequenza ad un corso di formazione inziale e superamento del relativo esame. Sono, invece, scaduti i termini per ottenere la CQC per documentazione. Si trattava di una procedura meramente transitoria finalizzata a tutelare coloro che già esercitavano l’attività nel 2009 anno in cui l’obbligo della CQC è entrato in vigore per il trasporto merci.
Secondo quanto previsto dal paragrafo 2.3 è possibile conseguire la qualificazione CQC per il trasporto di cose:
  • a partire dal ventunesimo anno di età, frequentando un corso di qualificazione iniziale accelerato;
  • a partire dal diciottesimo anno di età, frequentando un corso di qualificazione ordinario ( in tal caso il conducente titolare della patente della categoria C può guidare tutti i veicoli adibiti al trasporto di cose, senza limiti di massa, mentre se titolare della categoria C1, potrà condurre esclusivamente veicoli cui abilita detta categoria);
  • a partire dal diciottesimo anno di età, frequentando un corso di qualificazione accelerato (in tal caso il conducente, se titolare della categoria C, può condurre veicoli adibiti al trasporto di cose di massa non superiore a 7,5 tonnellate fino al compimento del ventunesimo anno di età, mentre se il titolare della categoria C1 potrà condurre esclusivamente veicoli cui abilita detta categoria).
Ai sensi dell’art. 7 del DM 20 settembre 2013, per iscriversi ad un corso di qualificazione iniziale svolto da un’autoscuola o da un centro di istruzione automobilistica, l’allievo non deve già obbligatoriamente essere titolare della patente di guida presupposta dall’abilitazione che intende conseguire (C1, C1E, C o CE per trasporto di cose, D1, D1E, D o DE per quello di persone). Infatti, l’art. 18 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 stabilisce che per l’accesso ai corsi di qualificazione iniziale non è richiesto “il previo possesso della patente di guida corrispondente”. In questo caso, l’allievo può iscriversi per il conseguimento congiunto della patente di guida e della qualificazione CQC.
Si conferma che può iscriversi ad un corso di qualificazione iniziale svolto da un’autoscuola o da un centro di istruzione automobilistica anche colui che è interessato al solo conseguimento della qualificazione CQC, già titolare della patente di guida presupposta.
 
Se il corso di qualificazione iniziale è, invece,  svolto da un ente di formazione, può iscriversi unicamente un candidato già titolare della categoria di patente presupposta dalla CQC che intende conseguire.
 
Validità
La CQC ha validità di 5 anni.
Il rinnovo di validità è subordinato alla frequenza di un apposito corso di formazione periodica, al termine del quale è emesso un duplicato del titolo comprovante la qualificazione CQC.
 
Decurtazione punti
La disciplina della patente a punti (art. 126 bis del Codice della Strada) si applica anche alla CQC. Alla CQC vengono quindi  attribuiti in totale 20 punti, non cumulabili con quelli che si hanno sulla patente, né cumulabili se uno è titolare di carta di qualificazione valida sia per il trasporto di persone sia per il trasporto cose, L’eventuale decurtazione del punteggio si applica alla CQC, se gli illeciti sono commessi alla guida dell'autoveicolo per cui è prevista la carta di qualificazione del conducente. In caso di perdita totale del punteggio sulla carta di qualificazione del conducente, detto documento è revocato se il conducente non supera l'esame di revisione previsto dall'articolo 126-bis Codice della Strada.
 
 
In allegato:
 

 

ANCE - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell'art. 65 della Legge n. 633/1941

 
 
 

MUD 2019: scade il 22 giugno il termine per la presentazione

Scade il prossimo 22 giugno il termine per la presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2019 previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 dicembre 2018 e che ha sostituitointegralmente quello contenuto nel Decreto del  28  dicembre  2017 (vedi news Ance del 1 marzo 2019).
 
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 189 del D.lgs. 152/2006, sono obbligati al MUD, in particolare, i seguenti soggetti:
  1. le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi;
  2. le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali/artigianali/di potabilizzazione che hanno più di dieci dipendenti;
  3. le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti;
  4. chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti prodotti da terzi;
  5. le imprese e gli enti che trasportano i propri rifiuti pericolosi ai sensi dell’ art. 212, comma 8 del D.Lgs. 152/06;
  6. i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione.
 
Sono, invece, esonerati dall’obbligo del MUD i produttori di rifiuti non pericolosi derivanti dalle attività di demolizione e costruzione, nonché i le imprese che trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, del D.lgs. 152/2006.
 
Si evidenzia, inoltre, che come per gli anni precedenti è prevista la comunicazione MUD cd. semplificata che possono presentare - sempre se obbligati al MUD stesso - i produttori “iniziali” di rifiuti qualora ricorrano le seguenti condizioni:
  • nell’unità locale, cui si riferisce la dichiarazione, siano stati prodotti non più di sette tipologie di rifiuti da dichiarare;
  • per il conferimento non siano stati utilizzati più di tre trasportatori terzi per ciascuna tipologia di rifiuto oggetto di dichiarazione;
  • per ciascuna tipologia di rifiuto non vi siano state più di tre destinazioni;
  • che i rifiuti siano stati conferiti a destinatari localizzati sul territorio nazionale.

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