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ANAC: riattivazione dal 1° gennaio 2021 del contributo di gara

Contributo partecipazione gara SA ed OE- Importi dovuti a favore dell’Autorità - Temine periodo di sospensione del pagamento – Ritorno delle condizioni ordinarie

Con la news del 23/12/2020, l’ANAC – Autorità nazionale anticorruzione - ha ricordato la riattivazione, a decorrere dal 1 gennaio 2021, del contributo per la partecipazione a tutte le procedure pubbliche di scelta del contraente.

Infatti, scaduti i termini di sospensione previsti dalla precedente news ANAC del 20/05/2020tornano ad essere obbligati alla contribuzione a favore della stessa Autorità, nell’entità e con le modalità previste dalla delibera di autofinanziamento dell’ANAC n. 1197 del 18 dicembre 2019:

  1. le stazioni appaltanti;
  2. gli operatori economici, che intendano partecipare a procedure di scelta del contraente attivate dai soggetti di cui alla lettera sub a);
  3. le SOA (per le quali, peraltro, non vi era stata alcuna sospensione dei pagamenti).

Rimangono esentati dall’obbligo di contribuzione le stazioni appaltanti e gli operatori economici in relazione alle procedure di:

  1. affidamento di lavori, servizi e forniture espletati nell’ambito della ricostruzione, pubblica e privata, a seguito degli eventi sismici del 2016 e 2017 così come individuate con le delibere dell’ANAC n. 359 del 29 marzo 2017 e n. 1078 del 21 novembre 2018
  2. affidamento alle quali si applica il decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale del 2 novembre 2017, n. 192.

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Link esterni

  • News ANAC del 23/12/2020

Riattivazione contributo di gara dal 1° gennaio 2021

  • News ANAC del 20/05/2020

Sospensione contributo gara fino al 31 dicembre 2020

  • Delibera ANAC 21 novembre 2018, n. 1078

Integrazione della delibera 359 del 29 marzo 2017 - esonero dal pagamento del contributo in favore dell’Autorità

  • Delibera ANAC 18 dicembre 2019,n. 1197

Delibera di autofinanziamento dell’ANAC per l’anno 2020

  • Delibera ANAC 29 marzo 2017, n. 359

Esonero dal pagamento del contributo in favore dell’Autorità

  • Decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale del 2 novembre 2017, n. 192

Regolamento recante le direttive generali per disciplinare le procedure di scelta del contraente e l'esecuzione del contratto da svolgersi all'estero

Altri link esterni

Subappalto: il subappaltatore può rinunciare al pagamento diretto

L’ANAC, al fine di favorire la corretta ed omogenea applicazione delle disposizioni che regolano il subappaltato, ha chiarito la derogabilità contrattuale dell’obbligo di pagamento diretto da parte delle stazioni appaltanti alle micro o piccole imprese.

È quanto emerge dal Comunicato del Presidente, 25 dicembre 2020, con cui l’ANAC approfondisce l’art. 105, c. 13, lettera a) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, che prevede l’obbligo, a carico delle stazioni appaltanti, di provvedere al pagamento diretto nei confronti del subappaltatore, cottimista, fornitore o prestatore di servizi che rivesta la qualifica di micro o piccola impresa.

Tale disposizione, osserva L’ANAC, se da un lato sottrae le micro e piccole imprese dal rischio di insolvenza dell’appaltatore, dall’altro le espone ai ritardi della stazione appaltante nell’emissione dei SAL e nell’esecuzione dei pagamenti, compromettendo, di fatto, l’efficacia del meccanismo di tutela approntato dal legislatore.

Coerentemente, deve ritenersi che se alle stazioni appaltanti, soggette ad obbligo di natura vincolante, è preclusa la possibilità di determinarsi in senso contrario, di contro, alle piccole e medie imprese, titolari di un diritto potestativo, è permesso rinunciare liberamente al beneficio, in quanto previsto nel loro esclusivo interesse (fatto salvo il ripristino del pagamento diretto a cura della stazione appaltante nel caso di inadempimento dell’appaltatore).

Detta rinuncia, precisa l’ANAC, deve essere manifestata per iscritto e subordinata alla preventiva accettazione da parte della stazione appaltante oppure essere espressa nell’ambito di una specifica clausola inserita nel contratto di subappalto.

Nel contratto di subappalto o nel sub-contratto, prosegue l’ANAC, può altresì essere previsto che l’appaltatore proceda al pagamento delle spettanze dovute al subappaltatore/fornitore dietro presentazione di fattura, anche a prescindere dall’adozione del SAL da parte della stazione appaltante.

In ogni caso, la stazione appaltante procede al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatore soltanto all’esito del completamento dell’iter procedurale di verifica dell’avanzamento dei lavori oggetto dell’appalto, in ottemperanza a quanto stabilito dall’articolo 113-bis, del codice dei contratti pubblici.

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Link esterni

·         Comunicato del Presidente ANAC del 25 novembre 2020

ASMEL non è una centrale di committenza: altra conferma del Consiglio di Stato

  1. Premessa

Con la sentenza n. 6975, pubblicata l’11 novembre 2020, la sezione V del Consiglio di Stato si è nuovamente pronunciata in merito alle procedure di gara centralizzate gestite da ASMEL S.c. a r.l., e ne ha confermato l’illegittimità per insussistenza dei requisiti di Centrale di committenza in capo a quest’ultima.

Nello specifico, il Supremo Consesso ha sconfessato l’impugnata sentenza di primo grado (la n. 5825/2019 del TAR Campania), che aveva dichiarato inammissibile il ricorso di un operatore economico con il quale quest’ultimo aveva chiesto l’annullamento di un bando ASMEL al quale aveva interesse a partecipare (relativo ad un affidamento di una concessione di lavori pubblici in project financing).

L’inammissibilità era stata dichiarata dai giudici campani per la carenza di legittimazione a ricorrere dell’impresa, dovuta alla mancanza dei requisiti di ammissione alla gara (in particolare, alla mancanza del “contratto di punta”,  relativo alla gestione del servizio cimiteriale nell’ultimo triennio, affine a quello oggetto dell’intervento; sul punto, l’impresa aveva lamentato l’assenza, tra le previsioni del bando, della facoltà prevista dall’art. 95, comma 2, del DPR n. 207/2010,  che avrebbe consentito di  integrare ugualmente tale requisito tramite dimostrazione di un fatturato medio annuo e capitale sociale in misura superiore a quella minima prevista).

La ricorrente, peraltro, aveva contestato, già in primo grado, anche l’illegittimità della clausola che richiede ai concorrenti di sottoscrivere un atto di impegno a versare i ben noti “oneri di committenza” in caso di aggiudicazione, nonché l’assenza della qualifica di Centrale di committenza in capo ad ASMEL Consortile.

In virtù di quest’ultimo motivo, in particolare, l’impresa aveva contestato in radice la legittimità dell’intera gara, chiedendo per l’effetto l’annullamento del bando.

Tali profili, tuttavia, non sono stati valutati nel merito dal TAR territoriale – in quanto ritenuti assorbiti dal giudizio d’inammissibilità del ricorso – e, pertanto, sono stati successivamente riproposti dinnanzi al Consiglio di Stato.

  1. La decisione del Consiglio di Stato

I Giudici di legittimità, quindi, hanno prioritariamente valutato l’effettiva ammissibilità del ricorso di primo grado, accogliendo in pieno le ragioni dell’impresa appellante: la clausola che prevedeva il necessario possesso del solo contratto di punta è da considerarsi immediatamente escludente, ed il bando di gara avrebbe dovuto prevedere la possibilità, per gli aspiranti concessionari, di qualificarsi dimostrando il possesso dei requisiti “alternativi” previsti dal citato art. 95, comma 2, del vigente Regolamento, che l’impresa aveva concretamente provato di possedere, potendo, quindi, partecipare alla gara.

Alla luce dell’ammissibilità del ricorso, quindi, il Consiglio di Stato ha proceduto ad analizzare anche la questione – prioritaria, in quanto avente carattere pregiudiziale – relativa alla sussistenza dei requisiti perché ASMEL Consortile S.c.a r.l. possa essere considerata una centrale di committenza.

E che ASMEL abbia operato, di fatto, a tale titolo risulta evidente – hanno osservato i giudici – anche dalla formulazione delle predette clausole della legge di gara che prescrivono la produzione dell’atto unilaterale d’obbligo per il versamento degli “oneri di committenza” in caso di aggiudicazione; somme, queste, che avrebbero dovuto essere versate, prima della stipula del contratto, alla “Centrale di Committenza “Asmel Consortile S. c. a r.l.”.

A tal riguardo, i massimi giudici amministrativi hanno allora negato ad ASMEL il suddetto ruolo, concordando, anche in tal caso, con le argomentazioni dell’impresa appellante. Quest’ultima, dopo aver ricordato che ad ASMEL non erano già stati riconosciuti, in un primo momento, i requisiti di cui all’art. 33, comma 3 bis, del d.lgs. n. 163/2006 nonché la qualifica di soggetto aggregatore ex art. 9 del d.l. n. 66/2014, aveva poi rilevato che, ad oggi, la stessa continuerebbe “a non possedere neppure le caratteristiche del modello organizzativo previsto dall’art. 37, comma 4, d.lgs. n. 50/2016 per la costituzione di centrali di committenza da parte dei comuni, continuando ad avere (nonostante l’intervenuta estromissione dei soci privati) una sostanziale natura privatistica, in quanto società di diritto privato costituita da altre associazioni (ASMEL Campania ed ASMEL Calabria)”.

Al contrario, per l’ordinamento italiano le centrali di committenza sono costituite da:

  • enti pubblici (province e città metropolitane), ovvero
  • forme associative di enti locali, quali “l’unione di comuni” o anche il consorzio di comuni, sorte a seguito di accordi ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 267 del 2000 (Testo Unico degli Enti Locali, cd TUEL).

Inoltre, anche ammettendo il ricorso a soggetti privati per l’esercizio delle funzioni di committenza, questi dovrebbero comunque essere organismi in house, e la loro attività dovrebbe essere limitata al territorio dei comuni fondatori.

Ciò, mentre ASMEL non potrebbe rientrare neppure in quest’ultima categoria, in quanto mancherebbero:

  • il requisito del controllo analogo, essenziale ai fini della configurazione di un soggetto in house;
  • limiti territoriali definiti per l’esercizio dell’attività di committenza, dal momento che ASMEL opera a livello nazionale.

A fondamento delle proprie conclusioni, il Consiglio di Stato ha richiamato la sentenza C 3/19 (ASMEL Soc. cons. a r.l vs. ANAC) della Corte di Giustizia UE (per approfondimenti, vedi GARE ASMEL, la CGUE: le centrali di committenza sono soltanto pubbliche), secondo la quale le norme di diritto interno che prescrivono modelli di organizzazione di centrali di committenza aventi natura esclusivamente pubblica, senza la partecipazione anche di privati, e limitano l’ambito di operatività territoriale delle centrali di committenza ai rispettivi territori degli enti locali “fondatori” sono conformi all’ordinamento comunitario.

Infine, quanto alla tematica della legittimità degli oneri di committenza a carico degli aggiudicatari, il Consiglio di Stato ha deciso di non valutarla nel merito, ritenendola assorbita dalla questione pregiudiziale della negazione del ruolo di centrale di committenza di ASMEL Consortile, che ha portato all’annullamento dell’intera procedura di gara.

La sentenza, laddove sancisce l’inidoneità di ASMEL a svolgere il ruolo di centrale di committenza, si inserisce nel solco di diverse altre pronunce sul tema, sia da parte dei Giudici amministrativi che dell’ANAC (delibere ANAC n. 32/2015 e n. 179/2020, vedi  Gare ASMEL: nuove conferme dall’ANAC); TAR Lazio – Roma, sent. n. 2339/2016; TAR Lombardia – Milano, sent. n. 240/2020, vedi Costi di gestione delle gare telematiche ASMEL: il TAR Lombardia ne conferma l'illegittimità); Consiglio di Stato, n. 6787/2020, vedi  NEWS ANCE ID N. 42271 del 5 Novembre 2020), oltre che – come riportato dallo stesso Consiglio di Stato – della menzionata sentenza C 3/19 della Corte di Giustizia comunitaria.

In conclusione, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del TAR Campania, accogliendo il ricorso di primo grado ed annullando – come richiesto dall’impresa ricorrente – l’intera procedura di gara, illegittima poiché demandata alla gestione di un soggetto che non poteva rivestire la posizione di centrale di committenza.

Si allega la sentenza in commento.

1 allegato

CdS 6975_2020

Appalti pubblici: i limiti nell’avvalimento dell’attestazione SOA.

Deve considerarsi nulla, e quindi non apposta, la clausola del disciplinare di gara secondo cui l’avvalimento dell’attestazione SOA era subordinato al fatto che la stessa impresa ausiliata sia a sua volta attestata. La nullità (parziale) della clausola, che non si estende all’intero provvedimento, impone all’impresa l’obbligo impugnare nei termini ordinari l’eventuale aggiudicazione od esclusione.

Resta fermo che l’avvalimento deve andare oltre il dato formale della spendita in gara di un’attestazione altrui, considerandosi ormai essenziale la messa a disposizione dell’intero complesso di elementi e requisiti riferibili all’organizzazione dell’ausiliaria.

E’ quanto deciso, dall’Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, interessata sulla legittimità di una clausola di gara che imponeva al concorrente ausiliato di allegare la propria attestazione SOA (sentenza del 16 ottobre 2020, n. 22).

1.      Avvalimento certificazioni di qualità e SOA

Prima ancora di affrontare nel dettaglio se e a quali condizioni è possibile l’avvalimento della SOA di altra impresa, nella sentenza viene affrontato il controverso tema dell’avvalimento della certificazione di qualità ISO:90001.

In particolare, l’Adunanza Plenaria ricorda che il Codice dei contratti pubblici, d.lgs. 50/2016, ha superato un primo indirizzo giurisprudenziale (nato in vigenza del d.lgs. 163/2000) che - nato con riferimento all’ISO:90001 - negava l’ammissibilità dell’avvalimento di qualsiasi certificazione sul presupposto del loro carattere intrinsecamente e insostituibilmente soggettivo e quasi “personalistico”.

La motivazione di tale mutamento va ricercata, sempre secondo l’Adunanza Plenaria, nel fatto che la certificazione di qualità costituisce un requisito speciale di natura tecnico-organizzativa, e come tale, è suscettibile di avvalimento (cfr.ex plurimis, Cons. St., sez. V, 30 novembre 2015, n. 5396; id. 26 maggio 2015, n. 2627)

Confermano tale possibilità  - su cui si era peraltro già espressa la Adunanza Plenaria con sentenza n. 23 del 4 novembre 2016 (sul previgente d.lgs. 163/2006) - alcune disposizioni dirette a favorire il principio della massima partecipazione alle procedure di gara ossia:

  • la legge delega per l’emanazione dell’attuale codice, in cui è previsto che «il contratto di avvalimento indichi nel dettaglio le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara» (art. 1, comma 1, lett. “zz” della legge n. 11 del 2016);
  • il Codice dei contratti, nella parte in cui prevede che l’operatore economico possa soddisfare in gara la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale – con esclusione dei requisiti di cui all’art. 80 – avvalendosi delle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi (art. 89, comma 1, del Codice).

2.      Condizioni dell’avvalimento della SOA

Per quanto riguarda la SOA, l’Adunanza Plenaria sottolinea che il Codice dei contratti (art. 84, comma 1) prevede che i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro devono essere qualificati da società organismi di attestazione, appositamente autorizzate dall’ANAC.

Pertanto, al fine di evitare che l’avvalimento dell’attestazione SOA divenga in concreto un mezzo per eludere il sistema di qualificazione, la giurisprudenza ha ipotizzato il necessario superamento di una duplice condizione:

  1. che oggetto della messa a disposizione sia l’intero complesso di elementi e requisiti che hanno consentito all’impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell’attestazione SOA;
  2. che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, dei requisiti messi a disposizione dell’impresa ausiliata, senza impiegare formule generiche o di mero stile.

Pertanto, ai fini della qualificazione e dell’esecuzione dell’appalto, non è sufficiente che l’ausiliaria si impegni semplicemente a prestare l’attestato SOA, quale mero requisito astratto e valore cartolare, ma deve mettere a disposizione dell’ausiliatal’intera organizzazione aziendale - comprensiva di tutti i fattori della produzione, tutte le risorse e il proprio apparato organizzativo – che le ha consentito di acquisire l’attestazione e la certificazione di qualità (cfr. Cons. St., sez. V, 16 maggio 2017, n. 2316; id. 12 maggio 2017, n. 2226).

Tali condizioni avvicinano l’istituto dell’avvalimento ai c.d. contratti d’impresa, già noti nelle negoziazioni private, in cui si fa ricorso ad istituti e meccanismi di collaborazione propri di quell’ordinamento, come il noleggio, l’affitto, il consorzio, il gruppo societario, il subappalto, la cessione di ramo d’azienda (cfr. Adunanza Plenaria n. 13 del 2020).

Sicché, l’avvalimento “non consente di creare un concorrente virtuale costituito solo da una segreteria di coordinamento delle attività altrui, né di partecipare alla competizione ad un operatore con vocazione statutaria ed aziendale completamente estranea rispetto alla tipologia di appalto da aggiudicare” (cfr. Cons. Stato, sez. V, del 20 novembre 2013, n. 1772; id., sez. III,. n. 3702 del 10 giugno 2020).

Solo su tale base è possibile evitare il cd. fenomeno del c.d. “avvalificio” (in cui operino imprese che si limitino ad utilizzare la capacità economica di altre imprese), indirizzare l’applicazione pratica dell’istituto (che può presentarsi sotto forma di avvalimento frazionato, plurimo, incrociato e ‘sovrabbondante’) e sanzionare le forme di avvalimento vietate (vedi  quello cd. ‘a cascata’, da ultimo approfondito dalla stessa Adunanza Plenaria con sent. n. 13 del 2020 in riferimento al progettista indicato “non rientrante nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico”).

3.      Obbligo di SOA per l’ausiliata

Una volta adempiute le suddette condizioni, osserva l’Adunanza Plenaria, obbligare l’ausiliata - a pena di esclusione – a produrre la propria attestazione SOA si traduce in un vero e proprio divieto di applicare l’istituto dell’avvalimento (in contrasto con gli artt. 84 e 89 del Codice), perché impone un adempimento solo apparentemente formale che, in modo surrettizio ne comprime l’operatività senza alcuna idonea copertura normativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5834).

Neppure si può ritenere che la clausola in questione sia legittima sulla base del Codice laddove prevede che «le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità» (art. 83, comma 8, primo periodo, del Codice).

Infatti, per il principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 83, comma 8 del Codice), la discrezionalità, che consente di richiedere requisiti coerenti e proporzionati all’appalto, è ben diversa dalla facoltà, non ammessa dalla legge, di imporre adempimenti che in modo generalizzato ostacolino la partecipazione alla gara (cfr. Cons. St., sez. V, 26 maggio 2015, n. 2627).

4.      Nullità della clausola

Come evidenzia la sentenza in commento, secondo la più risalente giurisprudenza amministrativa (Adunanza Plenaria, sentenza n. 1 del 2003), l’impresa potenzialmente lesa da una clausola escludente aveva l’onere di proporre subito un ricorso giurisdizionale, sicché si doveva considerare tardiva la sua impugnazione unitamente all’esclusione, se proposta dopo la scadenza del termine di impugnazione del bando.

Tale giurisprudenza, ricorda l’Adunanza Plenaria, è stata superata dal d.l. n. 70 del 2011 che, modificando l’art. 46 del d.lgs. 163/2006, ha introdotto il principio della ‘tassatività delle cause di esclusione’ ribadito nell’art. 83, comma 8, del vigente Codice, in cui è stabilito che ‘sono comunque nulle’ le clausole escludenti in contrasto con tale principio.

Sul significato di tale nullità, l’Adunanza Plenaria conferma quanto già sancito con la sentenza n. 9 del 2014 ossia che “la sanzione della nullità… è riferita letteralmente alle singole clausole della legge di gara esorbitanti dai casi tipici; si dovrà fare applicazione, pertanto, dei princìpi in tema di nullità parziale e segnatamente dell’art. 1419, comma 2, c.c.” (la cd. condizione del vitiatur sed non vitiat).

La nullità, pur non estendendosi al provvedimento nel suo complesso, rende illegittimi e quindi annullabili secondo le regole ordinarie gli atti ulteriori posti in essere dall’amministrazione (esclusione o aggiudicazione) che si fondino sulla clausola escludente nulla.

Gli atti successivi del procedimento, conservando il loro carattere autoritativo, sono soggetti al termine di impugnazione previsto dall’art. 120 del codice del processo amministrativo, entro il quale il concorrente può chiedere l’annullamento dell’atto di esclusione (e degli atti successivi) emesso dalla Stazione appaltante, per aver fatto illegittima applicazione della suddetta clausola.

Ne consegue che non sussiste alcun onere a carico delle concorrenti di impugnare (entro l’ordinario termine di decadenza) la clausola escludente nulla e quindi “inefficace” ex lege. Il concorrente è tuttavia soggetto ad uno specifico onere di impugnare nei termini ordinari gli atti successivi che facciano applicazione (anche) della clausola nulla contenuta nell’atto precedente.

5.      Princìpi di diritto

Per le ragioni che precedono, l’Adunanza Plenaria ha enunciato i seguenti princìpi di diritto:

  1. la clausola del disciplinare di gara, che subordini l’avvalimento della qualificazione SOA alla produzione in gara dell’attestazione dell’ausiliata, si pone in contrasto con la disciplina della qualificazione SOA e dell’avvalimento (rispettivamente artt. 84 e 89, comma 1, del Codice) ed è pertanto nulla in ragione del principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 83, comma 8, ult. periodo, del Codice);
  2. la lett. a) configura un’ipotesi di nullità parziale, ossia limitata alla clausola del disciplinare di gara (quindi da considerare come non apposta). Tale nullità non si estende all’intero provvedimento, che conserva la propria natura autoritativa;
  3. provvedimenti successivi adottati dall’amministrazione, che facciano applicazione o comunque si fondino sulla clausola nulla (ad es. l’esclusione dalla gara o l’aggiudicazione), vanno impugnati nell’ordinario termine di decadenza, anche per far valere l’illegittimità derivante dall’applicazione della clausola nulla.

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Link esterni

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 16 ottobre 2020, n. 22

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 9 luglio 2020, n. 13

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 4 novembre 2016, n. 23

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 25 febbraio 2014,  n. 9

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 gennaio 2003,  n.1

Consiglio di Stato, sez. III, 10 giugno 2020 n. 3702

Consiglio di Stato, sez. V, 17 marzo 2020, n. 1920

Consiglio di Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5834

Consiglio di Stato, sez. V, 16 maggio 2017, n. 2316

Consiglio di Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2226

Consiglio di Stato, sez. V, 30 novembre 2015, n. 5396

Consiglio di Stato, sez. V, 26 maggio 2015, n. 2627

Consiglio di Stato, sez. V, 20 novembre 2013, n. 1772

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