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Restituzione del contributo di costruzione: come si calcola

In caso di mancato utilizzo del permesso di costruire, il comune ha l’obbligo di restituire quanto già corrisposto dal privato a titolo di contributo di costruzione. Lo ha ribadito il TAR Toscana (sez. III, 12 ottobre 2018, n. 1312), precisando che l’amministrazione comunale è tenuta a restituire anche gli interessi legali poiché si è in presenza di una fattispecie di indebito arricchimento ed in particolare di “indebito oggettivo” di cui all’art. 2033 del Codice civile.

Tale articolo prevede infatti che “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento se chi lo ha ricevuto era in mala fede oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”. 

Nella fattispecie – relativa ad un permesso di costruire non utilizzato per impossibilità di allacciare l’immobile da realizzare alla rete idrica – il privato, sollecitato più volte il comune al rimborso di quanto corrisposto a titolo di contributo di costruzione senza ottenere risposta, ha chiesto al giudice, oltre agli interessi legali, anche il maggior danno ai sensi dell’art. 1224, comma 2 del Codice civile, costituito in particolare dalla rivalutazione monetaria. Al riguardo il TAR ha:
  • riconosciuto gli interessi legali a partire dalla data di presentazione della domanda di restituzione al Comune, avendo riscontrato la buona fede di quest’ultimo;
  • non riconosciuto la rivalutazione monetaria o comunque il risarcimento danno poiché l’art. 2033 genera la sola obbligazione di restituzione delle somme con gli interessi. In ogni caso ha precisato che il risarcimento del danno è comunque subordinato alla dimostrazione di aver subito un danno superiore all’importo degli interessi legali.
 
In allegato la sentenza del TAR Toscana 1312/2018 
 

Fresato d’asfalto: chiarimenti dal ministero dell’Ambiente

Con la nota del 5 ottobre 2018, la Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento del Ministero dell’Ambiente ha fornito alcuni chiarimenti interpretativi per l’applicazione del dm 69/2018 che, in attuazione dell’art. 184 ter del D.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente), ha definito criteri e modalità per la gestione del conglomerato bituminoso, cd. fresato d’asfalto, come end of waste - ossia come non rifiuto (news Ance del 11/07/18 - Fresato d’asfalto: le indicazioni dell’Ance).
La nota del Ministero - che peraltro non fornisce una risposta alle richieste formulate dall’Ance all’indomani dell’entrata in vigore del decreto -  non chiarisce tutti i dubbi e le criticità del decreto,  anzi rischia di crearne di nuovi e quindi di limitare l’ambito applicativo della nuova disciplina.
Manca, inoltre, qualsiasi indicazione in merito alle procedure di “adeguamento” delle autorizzazioni in essere alla data di entrata in vigore del dm 69/2018 e per le quali  il “periodo transitorio” terminerà il prossimo 30 ottobre e non sono definite le modalità con le quali poter avviare una “nuova” attività di produzione di fresato d’asfalto come EOW, con il rischio che a livello locale si diffondano prassi molto differenti o, in assenza di indicazioni, il “blocco” da parte delle pubbliche autorità.
Di seguito uno schema riepilogativo dei principali contenuti della nota ministeriale:
1.       Rapporto tra dm 69/2018 e dm 5/02/1998: Secondo il ministero l’entrata in vigore del decreto 69/2018 ha determinato la cessazione dell’applicazione delle previsioni contenute nel dm 5/02/1998 per i rifiuti di conglomerato bituminoso, anche se “restano valide ed efficaci” le disposizioni relative a limiti quantitativi, norme tecniche, valori limite etc. previste nel dm del 1998 o inserite nelle autorizzazioni a suo tempo rilasciate per il recupero di questi rifiuti.
L’indicazione rischia di ingenerare confusione tra ciò che è rifiuto e ciò che ha cessato di esserlo. Un esempio per tutti i cd. limiti quantitativi massimi lavorabili, i quali sono previsti dal dm del 1998 o contenuti nelle autorizzazioni al recupero dei rifiuti mentre non dovrebbero essere applicabili al fresato d’asfalto end of waste, ossia non rifiuto. 
 
2.       Dichiarazione di conformità e cantiere di provenienza (all. 2): Il modello di dichiarazione di conformità, previsto nell’allegato 2 del dm 69/2018, presenta varie criticità, prima fra tutte l’indicazione del cd. “cantiere di provenienza”, in quanto non è chiaro se si faccia riferimento al cantiere dove è stato prodotto il rifiuto o al luogo in cui il rifiuto ha cessato di essere tale.
Sul punto il ministero si limita a precisare che “per cantiere di provenienza si intende il cantiere di provenienza del fresato”. Pertanto in ogni dichiarazione di conformità andrà indicato il cantiere/cantieri nel/nei quale/quali il fresato è stato prodotto con tutte le innegabili complicazioni sul piano pratico.
 
L’interpretazione fornita dal ministero solleva numerosi dubbi e rischia di compromettere l’applicazione della nuova procedura per la gestione dell’end of waste.
Appare innanzitutto poco corretto il riferimento al termine “fresato”: termine che non viene utilizzato nel dm 69/2018 e del quale quindi manca una vera e propria definizione.
Inoltre se, come sembra, per fresato si deve intendere il “rifiuto” , si creano nuove problematiche operative, in quanto la dichiarazione di conformità deve essere redatta dal produttore del “granulato di conglomerato bituminoso” - ossia il fresato che ha cessato di essere rifiuto - e quindi da un soggetto che può non essere il produttore del rifiuto.
A ciò si aggiunga che il lotto di “granulato di conglomerato bituminoso” (fino a 3000 mc) previsto dal dm 69/2018 può, evidentemente,  derivare anche da più conferimenti e quindi da più cantieri.
Ne deriva che a voler seguire le indicazioni del ministero, ciascuna dichiarazione di conformità dovrebbe essere corredata dai dati di tutti i cantieri dai quali è stato conferito il fresato rifiuto e che hanno contribuito a creare il lotto di EOW! Si tratta di un adempimento sostenibile solo nel caso di grandi committenze e grandi opere, mentre rischia di essere di difficile, se non impossibile,  applicazione in tutti i casi nei quali il lotto deriva da un insieme di conferimenti derivanti da piccoli e medi interventi, che rappresentano peraltro la gran parte dell’attività del settore.
 
 
3.       Laboratorio di analisi: Il ministero ha chiarito che le analisi per verificare la cessazione della qualifica di rifiuto del conglomerato bituminoso devono essere eseguite da un laboratorio “dotato di certificato rilasciato ai sensi della norma UNI EN ISO 9001:2015”.
 
4.       Possibili utilizzi: nella nota del ministero viene precisato, in linea con quanto evidenziato anche dall’Ance, che “nel termine strade si devono ritenere ricompresi tutti i manufatti stradali”. Tale chiarimento si è reso necessario in quanto il dm 69 del 2018 non riproduce esattamente tutti i possibili utilizzi del fresato d’asfalto previsti e consentiti nel dm del 1998, ma utilizza una terminologia differente (ad es. manca il richiamo ai piazzali stradali).
 
In allegato la:

Fresato d’asfalto: le indicazioni dell’Ance

E' entrato in vigore il 3 luglio 2018 il decreto del ministero dell’Ambiente n. 69 del 28 marzo 2018 che contiene la disciplina per la gestione del fresato d’asfalto come “End of waste”, ai sensi dell’art. 184 ter del D.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente).
 
Il provvedimento, composto di 6 articoli e 2 allegati, individua le condizioni e i criteri  in presenza dei quali il fresato d’asfalto cessa di essere qualificato come rifiuto. È anche prevista una fase transitoria per consentire l’adeguamento alle nuove disposizioni: fino al 30 ottobre 2018 sarà infatti possibile aggiornare le autorizzazioni in essere.
 
Per un’analisi dei principali contenuti del decreto si rinvia alla nota allegata, predisposta dall’Ance, con la quale sono fornite alcune prime indicazioni operative. 

In allegato la nota dell’Ance di commento del decreto del ministero dell’Ambiente 69/2018     

Fresato d'asfalto le indicazioni dell'Ance

 

Recupero abitativo dei sottotetti: come e dove è possibile

Il recupero a fini abitativi dei sottotetti: in quali Regioni è possibile farlo con quali regole e incentivi. Nel Dossier predisposto dall’ANCE, articolato per schede regionali, sono state analizzate tutte le previsioni normative che, con l’obiettivo di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente e contenere così il consumo di nuovo suolo, disciplinano, mai in maniera del tutto uniforme, la materia del recupero dei sottotetti. Non tutte le Regioni hanno una legge specifica sulla materia; in alcuni casi, infatti, singole disposizioni sono contenute, ad esempio, nell’ambito della legge sul governo del territorio.
 
Allegati: Dossier ANCE “Sottotetti: le discipline sul territorio” agg. to a giugno 2018

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  • 2 allegati
 
 

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