ANAC: illegittimi “i lavori analoghi” tra i criteri dell'OEPV, anche per i beni culturali
Published on Tuesday, 12 June 2018 10:04
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L’ANCE, a seguito di segnalazione proveniente dal territorio, ha contestato davanti all’ANAC, con istanza di precontenziosopresentata a marzo 2018, la legittimità di un bando che prevedeva, tra i criteri di valutazione dell’offerta tecnica, elementi attinenti ai requisiti di qualificazione dell’offerente.
In particolare, il disciplinare di gara attribuiva punteggio ai seguenti elementi:
1) Esperienza specifica maturata in interventi su murature antiche anche affrescate interessate da consolidamento strutturale e nel rifacimento di elementi strutturali lignei quali orizzontamenti e coperture, su edifici o manufatti tutelati di analoga tipologia.
2) Esperienza nel consolidamento e restauro di orizzontamenti strutturali lignei (solai o coperture) di beni immobili ed edifici soggetti a tutela ai sensi del D. Lgs. 42/2004, su edifici o manufatti tutelati di analoga tipologia.
3) Esperienza maturata nella realizzazione di impianti eseguiti in aree ed edifici soggetti a tutela ai sensi del D. Lgs. 42/2004.
In altri termini, la stazione appaltante ha individuato, per un intervento su un bene del patrimonio culturale sottoposto a tutela, quale criteri di valutazione qualitativa dell’offerta tecnica, quelli di aver realizzato “lavori analoghi” a quelli oggetto di gara.
ANCE ha contestato immediatamente la legittimità di tali criteri, in quanto contrastanti anzitutto con i principi in materia di criteri di aggiudicazione che, come ricordato dalla stessa Autorità, nelle linee guida n. 2, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, non devono attenere ai requisiti di partecipazione del concorrente, ma “devono essere concretamente idonei a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate dai concorrenti e a differenziare le stesse in ragione della rispondenza alle esigenze della stazione appaltante”.
In secondo luogo, in quanto contrastanti con il sistema di qualificazione previsto per i lavori pubblici, in cui il possesso dei requisiti speciali necessari per la partecipazione viene dimostrato, per appalti di importo superiore a 150.000 euro e fino a venti milioni di euro, obbligatoriamente e unicamente attraverso l’attestazione SOA.
Tra i requisiti che il concorrente deve dimostrare ai fini dell’ottenimento dell’attestazione SOA, si annovera, com’è noto, anche l'esecuzione dei lavori analoghi a quelli realizzati nelle categorie oggetto dell’attestato (art 79 del DPR 207/2010, comma 5, lettere b e c, tuttora vigente ai sensi dell’art. 216, comma 14).
L’idoneità della pregressa esperienza dell’operatore a partecipare allo specifico appalto viene quindi valutata e accerta al momento del rilascio dell’attestazione, da parte della SOA e, non può quindi assurgere a criterio di attribuzione del punteggio dell’offerta, pena una duplice ed indebita valutazione di analoghi elementi soggettivo/strutturali dell’impresa.
Concetto, questo, già ampiamento condiviso a livello comunitario, e ribadito, da ultimo, nell’ l’importante pubblicazione della Commissione Europea, contente la guida per le pubbliche amministrazioni che effettuano appalti pubblici, nella quale vengono elencati i più frequenti errori commessi nell’affidamento di opere pubbliche (in questo caso, cofinanziate dalle E.U.).
Tali principi hanno trovato ampia condivisione anche a livello nazionale, come confermato da un consolidato orientamento giurisprudenziale e dalle numerose pronunce sul tema della stessa Autorità.
Ciò, anche alla luce delle novità introdotte dal nuovo art. 95 del Codice che consente di introdurre una valutazione dei requisiti dell’offerente, però solo per quanto attiene all’ “organizzazione, le qualifiche e l'esperienza del personale effettivamente utilizzato nell'appalto” e solo a condizione che tali elementi possano avere un'influenza diretta e significativa sul livello dell'esecuzione dell'appalto.
Come infatti sottolineato anche nelle citate linee guida n. 2, se è vero che l’elencazione dei criteri di valutazione, contenuta nell’art. 95 del nuovo Codice dei contratti pubblici, sembra superare la rigida separazione tra i requisiti di partecipazione e i criteri di valutazione - prevedendo anche criteri attinenti alla organizzazione e l’esperienza del personale, a condizione che la qualità del personale possa avere una influenza significativa sul livello di esecuzione dell’appalto, in ogni caso, ciò non deve tradursi “in un escamotage per introdurre criteri dimensionali”.
In altri termini, prosegue il citato documento, al di fuori di tale specifica ipotesi, non devono essere oggetto di valutazione i requisiti di partecipazione che, per definizione, sono posseduti da tutti i concorrenti.
A conferma di tale orientamento, la stessa Autorità, già con delibera n. 70 del 24 gennaio 2018, sempre su istanza di ANCE, ha ribadito che i criteri di valutazione dell’offerta tecnica attinenti a requisiti soggettivi dell’offerente “non appaiono idonei a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate dai concorrenti sotto un profilo qualitativo della prestazione offerta ”.
In linea con il pronunciamento dell’ANAC, si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa, da ultimo con la sentenza del 17 gennaio 2018, n. 279, Consiglio di Stato, Sezione V.
Tale pronuncia, in particolare, ha ritenuto non legittimi i criteri di valutazione dell’offerta che includono, ai fini dell’attribuzione del punteggio, elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa (certificazione di qualità e pregressa esperienza presso soggetti pubblici e privati), anziché alla qualità dell’offerta.
In particolare, il Consiglio di Stato, in linea con le precedenti pronunce (cfr. anche con sentenze C.d.S. nn. 4191/2013 e 5181/2015), ha affermato che “è necessario tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli pertinenti all’offerta ed all’aggiudicazione, non potendo rientrare tra questi ultimi i requisiti soggettivi in sé considerati, avulsi dalla valutazione dell’incidenza dell’organizzazione sull’espletamento dello specifico servizio da aggiudicare”.
Peraltro, la cennata sentenza, nel concludere che la commistione tra requisiti di partecipazione e criteri di valutazione dell’offerta può essere legittima solo nel caso in cui “l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto … possa[no] avere un’influenza significativa sul livello di esecuzione dell’appalto”, ha precisato che l’eventuale eccezione può riguardare solo gli appalti di servizi (e non quindi gli appalti di lavori).
L’ANCE, in sede di precontenzioso, ha altresì evidenziato che il legislatore nazionale, con l’adozione del D.lgs. 50/2016, in linea con le previsioni contenute nelle nuove direttive UE del 2014, ha eliminato, proprio in relazione all’affidamento di lavori su beni culturali, la possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere “gara per gara”, accanto alla SOA, requisiti ulteriori di qualificazione connessi all’espletamento di lavori analoghi.
Questa è stata una scelta significativa, in discontinuità rispetto al quadro normativo previgente, in cui tale possibilità era espressamente consentita, ancorché in via transitoria (cfr art. 253, comma 30, D.lgs. 163/2006).
La scelta del legislatore, dunque, è stata chiara nel voler considerare pienamente qualificati i soggetti in possesso di idonea attestazione SOA nelle categorie richieste per l’intervento su tali beni sottoposti a tutela.
Ne discende quindi l’illegittimità di ulteriori requisiti di qualificazione (come i lavori analoghi), come tali illegittimi in quanto affetti dal vizio di violazione di legge ed eccesso di potere.
Ciò vale anche, laddove il requisito di qualificazione venga, come nel caso di specie “spostato” nella successiva fase di aggiudicazione, sotto forma di elemento rilevante per l’attribuzione di punteggio nell’OEPV.
E’ evidente, infatti, che, in tal modo, l’effetto restrittivo della concorrenza si realizzerebbe comunque, sia pure “ a valle “ della fase di qualificazione.
L’ANAC, con delibera n. 472 del 23 maggio 2018, ha condiviso le censure sollevate da ANCE, ritenendo che “i criteri di valutazione di carattere soggettivo dell’offerta tecnica, cosi come definiti negli atti di gara, non appaiono conformi alla normativa di settore in quanto concretamente non idonei ad evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate dai concorrenti sotto il profilo qualitativo della prestazione offerta”.
Delibera, a cui peraltro la stessa stazione appaltante, come ricordata dall’Autorità, si era auto-vincolata, comunicando, nel corso del procedimento, la propria volontà di aderire alla istanza di parere formulata da ANCE.
Nello specifico, l’Autorità afferma che “Pur tenendo conto della specificità dei lavori in questione, peraltro già “presidiata” dalla necessità di possedere la qualificazione SOA nella categoria OS2-A, nonché dalle precisazioni fornite dalla stazione appaltante alle richieste di chiarimenti, il dato che sembra emergere con chiarezza dalle richiamate descrizione dei criteri motivazionali è il riferimento esclusivo della “esperienza maturata” a precedenti attività analoghe, senza alcun aggancio alle caratteristiche migliorative dell’offerta sotto il profilo qualitativo della prestazione che si intende fornire nell’esecuzione dell’attuale appalto: le tecniche normalmente impiegate dall’appaltatore non possono infatti essere considerate coincidenti con le modalità offerte per l’esecuzione dell’appalto.
Non si rileva, in altri termini, alcun elemento direttamente attinenti agli aspetti evidenziati dall’art. 95, comma 6, D.lgs. 50/2016 ma bensì la semplice presunzione che le abilità dimostrate in precedenti lavori analoghi garantiscano di per sé una determinata qualità della prestazione offerta”
Si tratta di un principio di fondamentale importanza, da tempo sostenuto dall’ANCE, teso ad evitare distorsioni del mercato derivanti da un’impropria commistione, in gara, tra i requisiti di qualificazione delle imprese e gli elementi di valutazione qualitativa dell’offerta.