In allegato nell'area riservata, sezione circolari, (circ.n.46-2015), una sintesi della procedura per l'individuazione degli oneri aziendali della sicurezza elaborata da ITACA, in collaborazione con Ance, e il documento "VERIFICA DI CONGRUITÀ DEGLI ONERI AZIENDALI DELLA SICUREZZA NEI CONTRATTI DI LAVORI PUBBLICI: PRIME INDICAZIONI OPERATIVE" da cui è stata estrapolata tale procedura.
La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della Regione Sicilia in materia di appalti pubblici, in quanto rientrano nella materia ordine pubblico e sicurezza di competenza esclusiva del legislatore statale. Si rimanda alla lettura della cicolare n.43, pubblicata nell'area riservata nella sezione circolari.
Una recente sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, contraddicendo i chiarimenti forniti dall'Anac in materia, sostiene che l'indicazione preventiva degli oneri aziendali per la sicurezza nei lavori pubblici è di fatto sempre obbligatoria, a pena di esclusione, anche se non prevista esplicitamente dal bando. In contrasto con la sentenza dell'Adunanza Plenaria del CdS si pongono tuttavia, , sia le tesi dell'Autorità anticorruzione che una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, Si rimanda alla lettura della circolare n.42-2015, pubblicata nell'area riservata, sezione circolari.
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Con l'Atto di segnalazione n. 3, del 25 febbraio 2015, (già segnalato con news n. 19662 del 10 marzo 2015) l'Anac interviene sul delicato tema delle spese di gestione delle procedure di gara, poste a carico dell'aggiudicatario da alcune centrali di committenza per l'utilizzo di piattaforme elettroniche o per la stipula di convenzioni.
\r\nLa segnalazione fa seguito ad una consultazione, indetta dalla stessa Anac nel mese di aprile 2014 su un problema da tempo sollevato anche dall'ANCE, e molto sentito sul territorio; si tratta, in particolare, della prassi di alcune centrali di committenza di inserire nei bandi di gara, in assenza di una espressa copertura normativa, clausole che prevedono a carico dell'aggiudicatario il pagamento di un corrispettivo, fissato in percentuale rispetto al valore del prezzo di aggiudicazione, pena la revoca di quest'ultima, e che impongono al concorrente di allegare espressa dichiarazione con la quale si obbliga ad effettuare il suddetto pagamento in caso di aggiudicazione, a pena di esclusione.
\r\nA tale riguardo, nell'atto in commento, l'Autorità conferma la tesi dell'Ance circa l'illegittimità dell'inserimento di tali clausole, in assenza di una espressa copertura normativa.
\r\nCiò, in virtù dell'articolo 23 della Costituzione, stabilisce che ‹‹nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge››.
\r\nTale previsione rende, infatti, evidente che i meccanismi di remunerazione previsti dalle centrali di committenza devono avere sempre espressa copertura normativa.
\r\nA sostegno di tale assunto ed a titolo esemplificativo, l'atto in commento richiama le disposizioni del DL n. 98/2011 (convertito con modificazioni in legge 15 luglio 2011, n. 111) che, infatti, prevedono espressamente meccanismi di rimborso dei costi, quali:
l'art. 11, comma 3, che contempla la possibilità di prevedere forme di remunerazione sugli acquisti, anche a carico dell'aggiudicatario, per l'uso del sistema informatico di negoziazione del Ministero dell'economica e delle finanze in ASP (Application Service Provider);
l'art. 11, comma 10, che ammette la possibilità di prevedere meccanismi di remunerazione sugli acquisti da porre a carico degli aggiudicatari delle procedure di gara svolte da Consip S.p.A. per conto del Ministero della giustizia;
l'art. 11, comma 11, che ha modificato il comma 453 dell'art. 1, legge 27 dicembre 2006, n. 296, che, a sua volta, introduce la possibilità di prevedere meccanismi di remunerazione sugli acquisti da porre a carico dell'aggiudicatario delle convenzioni di cui all'art. 26, comma 1, legge 23 dicembre 1999, n. 488, dell'aggiudicatario di gare su delega bandite da Consip S.p.A. e dell'aggiudicatario degli appalti banditi su accordi quadro conclusi da Consip S.p.A.
La specificità di tali previsioni conferma, per l'ANAC, l'impossibilità di procedere ad una loro applicazione estensiva ad altri ambiti di operatività.
Nell'atto di segnalazione viene altresì sottolineato che l'importo del corrispettivo posto a carico dell'aggiudicatario (da commisurare al prezzo di aggiudicazione dell'appalto) non consente di attribuire allo stesso la natura di rimborso delle spese sostenute dalla stazione appaltante.
\r\nInfatti, queste ultime sono, di regola, fisse, mentre la somma che alcune centrali di committenza pone a carico dell'aggiudicatario dipende, come detto, dall'importo di aggiudicazione dei lavori.
Da ciò, deriva l'assenza di un rapporto di corrispettività, che, per l'ANAC, rende evidente la necessità di una copertura normativa.
Viene, poi, rilevato che le recenti modifiche normative in materia di centralizzazione degli acquisiti vanno nel senso della riduzione dei costi a carico degli operatori economici. Tale obiettivo risulterebbe vanificato ove si desse piena legittimità alle clausole in commento. In particolare, ad avviso dell'ANAC, il ricorso alle centrali di acquisto non deve determinare un aggravio di costi per gli operatori, i quali, peraltro, tenderebbero a traslarli sull'ente appaltante, e per esso, sulla collettività, offrendo minori ribassi in gara, al fine di compensare il probabile costo posto a loro carico, laddove dovessero risultare aggiudicatari.
\r\nDa ultimo, l'ANAC muove un rilievo circa la contrarietà delle clausole in commento rispetto all'articolo 46, comma 1-bis, del Codice.
\r\nÈ evidente, infatti, che l'inserimento di una clausola che contenga la richiesta a carico del futuro aggiudicatario di accettare espressamente il pagamento di tali somme, pena l'esclusione dalla gara, o anche la revoca dell'aggiudicazione, in caso di mancato pagamento, sono contrarie alle disposizioni in tema di tassatività delle clausole di esclusione.
\r\nTutte le considerazioni illustrate portano, quindi, l'ANAC a chiedere un intervento normativo volto a superare la controversia interpretativa sorta sul tema, nonché a sancire espressamente il divieto, salvo diversa previsione di legge, di porre le spese di gestione della procedura a carico dell'aggiudicatario della procedura di gara.
\r\nTali considerazioni confermano quanto sostenuto dall'Ance e ribadito in numerose occasioni, consentendo, quindi, di destituire di qualsivoglia fondamento giuridico la prassi, molto diffusa sul territorio, volta ad inserire clausole di gara del tenore sopra evidenziato.
\r\nQuanto alla richiesta dell'ANAC circa l'introduzione di un divieto espresso da parte del legislatore, si ritiene che l'eventuale disposizione in tal senso debba comunque intendersi come di mero chiarimento, rispetto ai principi che la stessa ANAC ha individuato a sostegno dell'illegittimità delle clausole in esame. Illegittimità, che, quindi, possono essere contestate sin d'ora.
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L'Autorità chiarisce illegittimità dell'utilizzo del meccanismo dell'esclusione automatica delle offerte anomale nella procedura negoziata, qualora, seppur previsto dal bando, il numero delle offerte ammesse sia inferiore a dieci (ex art. 122, comma 7 e ex art. 57, comma 6 del Codice dei contratti d.lgs. 163/2006).
\r\nLa questione oggetto di controversia è stata affrontata nel Parere n.18 del 25/2/2015 dell'A.N.AC, in cui si ricorda che, in linea con l'orientamento già espresso nel parere di precontenzioso n. 185 del 7.11.2012 e nel parere n. 94 del 5.6.2013, il meccanismo di semplificazione dell'esclusione automatica delle offerte anomale non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse sia in numero inferiore a dieci.
\r\nIn tal caso, infatti, si applica quella disposizione del Codice che consente alle le stazioni appaltanti di valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa (articolo 86, comma 3).
\r\nInfatti, come specificato dal Codice dei contratti (art. 122, comma 9, d.lgs. 163/2006), qualora i lavori ad oggetto della gara di appalto siano d'importo inferiore o pari a 1 milione di euro, e sia adottato il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, la stazione appaltante può legittimamente prevedere nel bando l'esclusione automatica delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell'articolo 86, ossia applicando il metodo che parte dal taglio delle ali.
\r\nTuttavia, anche nel caso la stazione appaltante abbia scelto il suddetto meccanismo di semplificazione, il carattere imperativo dell'art. 121, commi 8 e 9, D.P.R. 207/2010 - che limita l'applicabilità del citato art. 122 - determina un fenomeno di eterointegrazione della lex specialis di gara, trovando applicazione, anche in contrasto con la disciplina stessa di gara.
\r\nLa posizione dell'Autorità è in linea con quella del Consiglio di Stato, il quale ha affermato che l'eterointegrazione del bando di gara è configurabile in presenza di norme imperative recanti una rigida predeterminazione dell'elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme (Sezione III, sentenza del 18 ottobre 2013, n. 5069) e si giustifica in quanto occorra conformare il contenuto delle obbligazioni e di diritti nascenti da contratti già conclusi con esigenze di ordine imperativo non disponibili dai contraenti (Sezione V, 17 marzo 2015, sentenza n. 1375).
\r\nPertanto, prosegue l'Autorità, qualora il numero delle offerte ammesse sia inferiore a dieci e di conseguenza, ai sensi del citato art. 121, non sia possibile procedere all'esclusione automatica delle offerte (pur se prevista nel bando), e alla determinazione della soglia di anomalia, il responsabile del procedimento, successivamente alla chiusura della seduta pubblica della gara, provvede all'eventuale verifica "facoltativa" di congruità di cui all'art. 86, comma 3, del Codice.
\r\nLa verifica è effettuata mediante richiesta delle giustificazioni, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni per la loro presentazione ed eventualmente richiedendo all'offerente le precisazioni ritenute pertinenti, da presentarsi entro un termine non inferiore a cinque giorni (rispettivamente artt. 87, comma 2, e 88, del Codice).
\r\nAccertata la congruità delle offerte sottoposte a verifica (ovvero non eseguita la verifica di cui all'articolo 86, comma 3, del Codice), il soggetto che presiede la gara, in seduta pubblica, aggiudica provvisoriamente la gara al concorrente che ha offerto il prezzo più basso.
\r\nTanto precisato, l'Autorità ritiene che, in tali casi, la scelta della stazione appaltante deve essere intesa nel senso di esercitare o meno la facoltà di verifica prevista all'art. 86, comma 3, del Codice oppure di procedere all'aggiudicazione provvisoria dell'appalto all'impresa, che abbia presentato l'offerta economica con il massimo ribasso. Non è, invece, possibile per la stessa stazione appaltante applicare, il meccanismo dell'esclusione automatica delle offerte anomale, in mancanza di un numero sufficiente di concorrenti.
\r\nNe consegue che è illegittima l'esclusione dalla procedura per "assoluta inaffidabilità" del concorrente, che prescinda da una concreta e puntale valutazione della congruità dell'offerta, apparsa anormalmente bassa.
\r\nDi contro, si ricorda che l'inserimento della previsione nel bando del meccanismo di semplificazione dell'esclusione automatica è, qualora possibile, sempre facoltativo, in quanto la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che, qualora il numero delle offerte sia superiore a cinque, le norme del Trattato e il principio di non discriminazione, ostano a una normativa nazionale che per gli appalti sottosoglia imponga alle amministrazioni di procedere all'esclusione automatica delle offerte precludendo la loro verifica (sez. IV, 15 maggio 2008, n. C-147/06 e 148/06).
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