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Appalti pubblici ‘sotto soglia’: nessuna deroga alla pubblicità dell’avviso

Nelle procedure semplificate ‘sotto soglia’, la stazione appaltante, che ha omesso di pubblicare l’avviso per individuare i soggetti da consultare nella procedura negoziata, rende del tutto inattendibile la procedura di selezione del contraente ed è direttamente lesiva della posizione degli soggetti esclusi dalla consultazione.

Questa, in sintesi, la decisione del Consiglio di Stato intervenuto in un caso in cui la stazione appaltante aveva omesso la pubblicazione stabilita in ragione del contratto e illegittimamente precluso la partecipazione (Consiglio di Stato, sez. III, sent. 21 gennaio 2019, n. 518)
 
Il Consiglio di Stato ha sostanzialmente confermato la posizione espressa dal TAR, osservando anzitutto che la legittimazione non può essere negata a chi, pur non avendo presentato domanda e addirittura non essendo stato invitato, lamenta che sia stata omessa la pubblicità necessaria ad individuare gli operatori da invitare e, prima ancora, a permettere agli interessati di manifestare il proprio interesse.
 
Con l’occasione, il Collegio ricorda la procedura semplificata nel caso di affidamento di contratti di importo pari o superiore ad euro 40.000,00 e inferiore a 150.000,00.
 
La procedura semplificata si svolge “mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici per i lavori, e, per i servizi e le forniture di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. (…) L'avviso sui risultati della procedura di affidamento, contiene l'indicazione anche dei soggetti invitati” (l’art. 36, comma 2, lett. b), del d.lgs. 50/2016).
 
A tale proposito, le Linee Guida ANAC n. 4/2018, precisano che “la stazione appaltante assicura l'opportuna pubblicità dell’attività di esplorazione del mercato, scegliendo gli strumenti più idonei in ragione della rilevanza del contratto per il settore merceologico di riferimento e della sua contendibilità, da valutare sulla base di parametri non solo economici”.
 
Le stesse le Linee Guida ANAC precisano che “a tal fine la stazione appaltante pubblica un avviso sul profilo di committente, nella sezione «amministrazione trasparente» sotto la sezione «bandi e contratti», o ricorre ad altre forme di pubblicità. La durata della pubblicazione è stabilita in ragione della rilevanza del contratto, per un periodo minimo identificabile in quindici giorni, salva la riduzione del suddetto termine per motivate ragioni di urgenza a non meno di cinque giorni” (punto 5.1.4).
 
A tale proposito, il TAR aveva osservato che nel caso di specie non sussistevano i presupposti (al di là del laconico riferimento all’urgenza di affidamento) per dare corso all’affidamento diretto e neppure l’Amministrazione aveva indicato quelle ragioni di “estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice” che, se sussistenti, avrebbero consentito di derogare agli adempimenti previsti dalla procedura adottata (art. 63, co. 2, lett. c del Codice dei contratti, d.lgs. 50/2016).
 
Peraltro, la deroga sarebbe stata del tutto incompatibile con la prevista facoltà di proroga annuale dell’affidamento, dovendosi considerare che “l’esenzione dall’obbligo di pubblicazione appare consentita solo «nella misura strettamente necessaria» ad affrontare la specifica situazione emergenziale, la quale costituisce la causa ovvero l’occasione dell’affidamento, ciò che precluderebbe la possibilità di disporre un eventuale rinnovo a favore dell’aggiudicatario, allorché le condizioni di urgenza siano inevitabilmente venute meno” (TAR Friuli, con la sentenza appellata n.252/2018).
 
Ciò posto, il Consiglio di Stato censura la condotta del Stazione appaltante che non ha dimostrato di aver pubblicato l’avviso predetto, ovvero di aver effettuato forme di pubblicità funzionalmente analoghe, laddove si sia limitata a pubblicizzare nella fase successiva di aver individuato i cinque operatori da invitare.
 
Sotto questo profilo, non costituiscono neppure esimenti, rispetto all’onere di previa pubblicità dell’avviso finalizzato all’individuazione dei concorrenti la novità della normativa da applicare e la correlata esiguità degli operatori specializzati presenti sul mercato o il riferimento ad una gara espletata da diversa Azienda.
 
Infatti, le finalità di trasparenza e di garanzia della partecipazione più adeguata in relazione alle caratteristiche del singolo affidamento, ad esso sottese, non possono prescindere da una pubblicità attuale e specificamente riferita all’incarico da svolgere.
 
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Collegamenti esterni
 
    Indicazioni alle stazioni appaltanti sul tema del sopralluogo obbligatorio nella fase della manifestazione di interesse nelle procedure negoziate
    Delibera del Consiglio n. 206 del 1 marzo 2018
 
 
Riferimenti interni
Aggiornate dall’ANAC le FAQ sulle Linee guida n. 4
Prime indicazioni sulla legittimità del sopralluogo antecedente all'invito in gara
L’ANAC risponde sulla disciplina del cd. “sotto soglia”
Aggiornate le Linee guida per le procedure “sotto soglia”.
Richiesto dall’ANAC al Consiglio di Stato il parere per le Linee guida n. 4
Pubblicate le linee guida sugli affidamenti “sotto soglia”
Pubblicato il parere del Consiglio di Stato sulle Linee guida ANAC 

ANAC pubblica un nuovo regolamento per il precontenzioso

È  stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale (n. 22 del 26 gennaio 2019) la delibera 9 gennaio 2019, n. 10, con cui l’ANAC ha adottato il nuovo "Regolamento in materia di pareri di precontenzioso di cui all’articolo 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.

Si ricorda che l'art. 211, comma 1, del Codice, alla luce delle modifiche introdotte dal D.lgs. 56/2017, dispone che «Su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti, l'ANAC esprime parere, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente consentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere vincolante è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'art. 120 del Codice del processo amministrativo … ».
 
Il nuovo Regolamento entrerà il prossimo 10 febbraio – e si applicherà:
-  alle istanze inoltrate dopo la sua entrata in vigore;
-  nonché alle istanze inoltrate prima della sua entrata in vigore per le quali non sia stato ancora avviato il relativo procedimento (art. 14).
 
Per quanto invece riguarda le istanze inoltrate prima della sua entrata in vigore e per le quali sia stato avviato il relativo procedimento entro il 10 febbraio p.v., si continuerà ad applicare il regolamento del 5 ottobre 2016, pubblicato sulla G.U. n. 245 del 19 ottobre 2016.
 
Ciò premesso, si evidenziano, di seguito, le principali novità del regolamento in esame.
  
1.    Soggetti legittimati
L’art. 3 del nuovo testo, in particolare, nel definire il novero dei soggetti legittimati ad avviare la procedura in esame, non cita più espressamente i soggetti portatori di interessi collettivi costituiti in associazioni o comitati, limitandosi ad un mero rinvio alla norma di riferimento del Codice (ossia l’art. 211, comma 1, primo periodo).
 
Ora, tale modifica potrebbe ingenerare il dubbio, che i soggetti collettivi - tra i quali naturalmente l’ANCE - non siano più abilitati alla proposizione delle istanze di parere.
 
Ciò in quanto, il predetto articolo 211, nel perimetrare l’ambito delle questioni azionabili, le individua facendo riferimento a quelle “insorte durante le procedure digara”. Ne potrebbe conseguire l’esclusione delle associazioni di categoria, dal momento che, in senso letterale, le parti di una procedura di gara sono la stazione appaltante e i concorrenti.
 
Tale ipotesi interpretativa, tuttavia, è da scongiurare.
 
La pareristica in sede di “precontenzioso”, infatti, oltre a rappresentare uno tra i più efficaci strumenti di deflazione del contenzioso, svolge una fondamentale funzione di “moral suasion” per tutti gli operatori del settore, stazioni appaltanti e imprese.
 
Peraltro, l’Associazione, con riferimento al regolamento di precontenzioso adottato nel 2014, proprio nella parte in cui escludeva le associazioni di categoria dal novero dei soggetti legittimati ad attivare la procedura per il rilascio dei pareri di precontenzioso, era intervenendo ad adiuvandum nel giudizio incardinato da ANCE Chieti per l'annullamento del citato regolamento. L'Autorità, in tale caso, già nella fase cautelare del giudizio, aveva reso noto che stava valutando l'opportunità di procedere ad una modifica del provvedimento nel senso auspicato da ANCE; il regolamento del 2016 ha poi espressamente confermato la legittimazione delle Associazioni.
 
Pertanto, l’ANCE si è già attivata per conoscere quale sia l’orientamento dell’Autorità al riguardo, evidenziando le ragioni che rendono la partecipazione di tali enti fondamentali per garantire la massima partecipazione e il pieno contraddittorio tra le parti.
  
2.    Presentazione dell’istanza
Negli artt. 4 e 5 del Regolamento sono disciplinate le modalità di presentazione, rispettivamente, dell’istanza singola e dell’istanza congiunta tra la stazione appaltante e una o più parti.
 
In linea con il regolamento 2016, quando l’istanza è presentata singolarmente dalla stazione appaltante o da una parte interessante, il parere è da intendersi non vincolante; se congiunta, invece, il parere è vincolante per le parti che vi hanno acconsentito.
 
In ogni caso, qualora l'istante abbia manifestato la volontà di attenersi a quanto stabilito nel parere, le altre parti possono aderirvi entro 10 giorni dalla ricezione della comunicazione che le informa dell’avvenuta presentazione dell’istanza, tramite comunicazione del proprio assenso all’Autorità.
 
In tal caso, quindi, il parere acquisisce efficacia vincolante anche per tali parti.
 
L’istanza deve essere redatta utilizzando il modulo allegato al Regolamento, e trasmessa tramite posta elettronica certificata, unitamente a una eventuale memoria e alla documentazione ritenuta utile.
 
Nel caso in cui la comunicazione risulti non completa, l’Autorità invita la parte ad integrarla entro il termine perentorio di 5 giorni, scaduto il quale l’istanza diventa improcedibile.
 
Si evidenzia che il modulo per la presentazione di istanza di parere deve essere trasmesso, unitamente agli allegati, attraverso un'unica comunicazione PEC indirizzata alla casella This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it..">This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it..
 
Il modulo deve essere inviato esclusivamente in originale digitale, sottoscritto con firma digitale da parte dell'istante.
 
Anche gli allegati, comprese le memorie, dovranno essere presentati in formato digitale.
 
L'istanza deve contenere, infine, una sintetica indicazione degli elementi di fatto e di diritto rilevanti ai fini del parere, identificando altresì i vizi dell'atto contestato e illustra il quesito o i quesiti di diritto per i quali è richiesto il parere stesso.
 
3.  Ordine di trattazione delle istanze
Viene confermato l’ordine di priorità nella trattazione delle istanze:
a) con manifestazione di volontà di due o più parti di attenersi a quanto stabilito nel parere;
b) presentate dalla stazione appaltante;
c) che sottopongono questioni originali o di particolare impatto per il settore dei contratti pubblici;
d) concernenti appalti di importo superiore alla soglia comunitaria;
e) concernenti appalti di importo superiore a 40.000 euro.
 
4.     Inammissibilità e improcedibilità
Quanto alle ipotesi di inammissibilità delle istanzele novità attengono, principalmente, a due aspetti:
1)    è venuta meno, inoltre, la causa di inammissibilità relativa alla istanze che possono interferire con esposti di vigilanza e procedimenti sanzionatori in corso di istruttoria presso la stessa Autorità.
 
Al riguardo, l’art. 8 del presente Regolamento ha introdotto una disciplina ad hoc, a tenore della quale:
-   il procedimento di vigilanza in materia di contratti di lavori, servizi e forniture può non essere avviato in caso di pendenza di un procedimento di precontenzioso avente il medesimo oggetto, ovvero può essere sospeso in caso di sopravvenuta richiesta di parere di precontenzioso avente il medesimo oggetto.
-       in caso, invece, di richiesta di un parere vincolante, non da' luogo all'esercizio dei poteri impugnatori di cui all'art. 211, commi 1-bis e 1-ter, del codice.
 
2) viene sancita l’inammissibilità delle istanze “dirette a far valere l’illegittimità di un atto della procedura di gara autonomamente impugnabile, rispetto al quale siano già decorsi i termini di impugnazione in sede giurisdizionale” - art. 7, comma 1, lett. c) - cd principio dell’inammissibilità dell’istanza di precontenzioso tardiva.
 
La ratio di tale novità risiede - come riferito dalla stessa Autorità nella richiesta di parere al Consiglio di Stato di cui in precedenza - nella volontà di evitare che “l’istanza di parere possa fungere da strumento per eludere i termini processuali ovvero per rimettere surrettiziamente in termini le parti che siano decadute dall’azione in giustizia”.
 
Ciò, fermo restando che qualora un operatore economico, che abbia o meno partecipato alla gara, ritenga di sollecitare una valutazione da parte dell'Autorità in ordine a qualsiasi fase o aspetto della relativa procedura oppure ad una decisione o un provvedimento ritenuti viziati, può comunque presentare:
 
o   una istanza di parere di cui al Regolamento del 20 luglio 2016 (recante “Regolamento per l'esercizio della funzione consultiva svolta dall'Autorità nazionale anticorruzione ai sensi della legge 6 novembre 2012, n. 190 e dei relativi decreti attuativi e ai sensi del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, al di fuori dei casi di cui all'art. 211 del decreto stesso”),
 
o   oppure un esposto per l'avvio dell'attività di vigilanza di cui al Regolamento del 15 febbraio 2017 (recante “Regolamento sull'esercizio dell'attività di vigilanza in materia di contratti pubblici”).
 
Coerentemente poi con tale novità, il nuovo regolamento non consente più nemmeno la possibilità di presentare istanza di riesame relativamente ad una questione controversa già definita con parere di precontenzioso ovvero per la quale sia stata disposta l’archiviazione.
 
Istanza di riesame che poteva essere richiesta al ricorrere di due condizioni:
1)    sopravvenienza di ragioni di fatto;
2)    mancata proposizione, nei termini di legge, del ricorso giurisdizionale avverso il parere di precontenzioso o avverso il provvedimento che lo recepiva.
 
Tale possibilità è venuta meno, essendo anche venuta meno, come in precedenza evidenziato,  in toto la possibilità di presentare istanza di parere di precontenzioso  una volta decorsi i termini di impugnazione, in sede giurisdizionale, dell’atto della procedura di gara autonomamente impugnabile.
In ogni caso, le richieste dichiarate inammissibili, se riguardano, comunque, questioni giuridiche ritenute rilevanti, possono essere trattate ai fini dell'adozione di una pronuncia dell’Autorità anche a carattere generale.
 
Quanto alle ipotesi di improcedibilità delle istanze, la novità attiene alla previsione espressa dell’improcedibilità delle istanze in caso di mancata comunicazione della stessa a tutti i soggetti interessati alla soluzione della questione controversa - art.7, comma 3, lett. a).
  
5.    Procedura semplificata
Viene confermata la possibilità di rendere un parere non vincolante con procedura semplificata, nel caso in cui la questione appaia di pacifica soluzione, tuttavia, tale possibilità viene limitata ai casi in cui l’istanza verta su una gara il cui valore sia inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria per servizi e forniture ed inferiore ad un milione di euro per i lavori.
 
Sono, inoltre, soggette a tale procedura, indipendentemente dalla soglia di valore, anche le istanze aventi ad oggetto le   valutazioni   che   la   stazione   appaltante   svolge nell'esercizio della propriadiscrezionalità tecnica, con specifico riferimento agli eventuali profili   di   manifesta   illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà ovvero di palese e manifesto travisamento dei fatti.
 
 

Beni Culturali: lavori solo per i consorziati qualificati.

Nei beni culturali gli esecutori delle opere possono essere i soli consorziati che siano in possesso (in proprio) delle qualificazioni richieste dalla lex specialis per l’esecuzione dei lavori oggetto di affidamento.
 
Ciò in deroga al principio generale del c.d. “cumulo alla rinfusa”, applicabile ai lavori ai servizi alle forniture, secondo cui il Consorzio Stabile può indicare in sede di offerta qualsiasi impresa (Consorziata) esecutrice dei lavori, anche non in possesso di tale qualificazione (cfr. sull’applicabilità del principio ai servizi si vedano Cons. di Stato, sez. V, 17 settembre 2018, n. 5427, Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2563, seguita, inter alia, da Id.., Sez. III, 25 febbraio 2014, n. 895 e, ancora da ultimo, da Id., Sez. V, 23 febbraio 2017, n. 849 nonché Delibera ANAC n. 33 del 10 gennaio 2018).
 
Infatti, secondo un recente orientamento, tale principio trova una limitazione nell’art. 146 del D.Lgs. 50/2016, il Codice dei contratti, laddove rimanda ad una specifica qualificazione per l’esecuzione di lavori sui beni culturali.
 
Tale limitazione - che indirettamente incide sull’utilità stessa del Consorzio - riguarda le categorie OG2, OS2-A, OS2-B e OS25, indipendentemente dal fatto che il bando di gara o la lettera d’invito stabilisca espressamente tale onere (cfrTAR Campania, Napoli, Sez. VI, sent. n. 3795 del 7 giugno 2018 in linea con TAR Puglia, Bari, sez. II, decreto cautelare n. 77 del 22 febbraio 2018 e TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, decreto cautelare n. 121 del 1° giungo 2018).
 
La particolarità di tale orientamento sta nel fatto che la sua origine è da ricercare nella delibera ANAC n. 1239 del 6 dicembre 2017 annullata con sentenza n. 483 del 24 aprile 2018 dal TARPiemonte, Torino, Sez. II a sua volta impugnata presso il Consiglio di Stato.
 
A distanza di otto mesi dalla sentenza di primo grado il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 16 gennaio 2019, n. 403 ha aderito all’orientamento dell’ANAC.
 
La pronuncia dell’A.N.A.C. sul quale si era fondato il provvedimento, che ha ritenuto derogata nel settore dei beni culturali la disciplina in tema di qualificazione dei consorzi per l’affidamento dei lavori pubblici, pervenendo ad un’interpretazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016, con il corollario della non applicabilità del principio del cumulo alla rinfusa anche nella materia de qua.
 
A tale proposito, il Consiglio di Stato ha chiarito che «non è in discussione la generale operatività del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili di cui all’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, che, quindi, ferma restando la possibilità di qualificarsi con i requisiti posseduti in proprio e direttamente, possono ricorrere anche alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole imprese partecipanti, come chiarito ormai dall’art. 47, comma 2, dello stesso codice dei contratti pubblici (così Cons. Stato, V, 27 agosto 2018, n. 5057)».
 
Il “cumulo alla rinfusa” non opera nella materia dei contratti nel settore di beni culturali, «caratterizzati da una particolare delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi, in quanto beni testimonianza avente valore di civiltà, espressione di un interesse altior nella gerarchia dei valori in giuoco (art. 9 Cost.)».
 
L’esegesi sia letterale, che funzionale, dell’art. 146, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 induce la Sezione ad escludere che nei contratti in materia di beni culturali i consorzi stabili possano qualificarsi con il cumulo alla rinfusa, essendo richiesto dalla norma il possesso di requisiti di qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento.
 
Secondo il Consiglio di Stato, ne derivava altresì la legittimità dell’esclusione dalla procedura negoziata del Consorzio, in quanto le imprese consorziate designate per l’esecuzione erano pacificamente prive della qualificazione in OG2, a nulla rilevando il possesso dei medesimi da parte del Consorzio.
 
Per completezza si ricorda quanto già osservato in merito dal Consiglio di Stato. «anche se l’apprestamento normativo del tutto privo di incertezze non lo richiederebbe, che un’eventuale applicazione del cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili anche nel campo degli interventi di beni oggetto di vincolo artistico avrebbe comunque la conseguenza della responsabilità solidale del consorzio stabile a fronte di lavori non eseguiti a regola d’arte da componenti del consorzio non qualificati: ma l’interesse pubblico reale nel campo resta principalmente quello interventi di restauro e manutenzione portata a termine nel pieno soddisfacimento dell’interesse tutelato e non tanto quello successivo di un risarcimento per un adempimento dannoso o incompleto» (Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2019, n. 6114)
 
Una soluzione già in larga parte anticipata dai TAR, che in ultimo hanno affermato che un'impresa esecutrice di lavori sui beni culturali all’interno di un Consorzio potrà “spenderli” come requisito esclusivamente proprio. Infatti, la ratio cui è ispirata la disposizione di cui all’art. 146 d.lgs. n. 50/2016 risiede nell'esigenza di tutela dei beni culturali, che impone un collegamento diretto tra il possesso della qualificazione richiesta e l’esecuzione dei lavori, ciò al fine di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati (Tar Bari, sez. I, 20 dicembre 2018, n. 1664).
 
 

Anticorruzione – Pubblicata in Gazzetta la legge

Nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 16 gennaio u.s., è stata pubblicata la legge 9 gennaio 2019, n. 3, c.d. “Legge Anticorruzione”, contenente “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”.
 
La nuova legge – che entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione, ossia il 31 gennaio p.v. – contiene, in un unico articolo, importanti disposizioni finalizzate a rafforzare la lotta alla corruzione, e conferma la crescente attenzione del legislatore verso la prevenzione e la repressione dei fenomeni di malaffare.  
 
Al riguardo, l’ANCE, nel corso dei lavori parlamentari sul disegno di legge, nell’esprimere apprezzamento per gli obiettivi di tutela della legalità e di contrasto alle condotte illecite perseguiti dal provvedimento, ha al contempo espresso perplessità su alcune innovazioni – tra cui, il cd. “Daspo a vita”, la confisca senza condanna o anche l’introduzione della possibilità di applicare l’incapacità a contrattare con la PA anche in assenza di condanna – alla luce dei principi, anch’essi costituzionalmente tutelati, di ragionevolezza, proporzionalità e libertà d’iniziativa economica (artt 3 e 41 Cost).
 
Di seguito, l’illustrazione delle principali novità di maggiore interesse per le imprese.
 
 
Incapacità a contrattare con la PA per delitti commessi in danno o a vantaggio di un’attività imprenditoriale(articolo 1, comma 1, lett. c)
 
Viene ampliato il novero dei reati che, ove commessi in danno o a vantaggio di un’attività imprenditoriale, comportano l’applicazione della pena accessoria dell’incapacità a contrattare con la PA (art. 32-quater c.p.)
 
Tra essi, vengono inclusi ex novo
- il peculato (ma non anche il cd “peculato d’uso”);
- la corruzione in atti giudiziari;
- il traffico di influenze illecite.
 
È stato, inoltre, aggiornato il riferimento normativo al traffico illecito di rifiuti, non più disciplinato dal decreto legislativo n.152/2006 ma dall’articolo 452- quaterdecies del codice penale.
  
Misure in materia di prescrizione del reato (articolo 1, comma 1, lett. d), e) ed f)
 
Importanti novità sono poi previste in materia di prescrizione del reato, la cui entrata in vigore è fissata al 1° gennaio 2020.
 
Quanto al termine di prescrizione, riformulando il primo comma dell’art. 158 c.p., viene previsto che "per il reato permanente o continuato" (cioè per i reati ripetuti più volte oppure diversi ma riconducibili "a un medesimo disegno criminoso"), la prescrizione partirà "dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione", ossia dall'ultimo reato commesso.
 
Inoltre, la prescrizione viene sospesa a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna, o dal decreto di condanna, e fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del decreto.
 
Inefficacia della sospensione condizionale sulle pene accessorie (articolo 1, comma 1, lett. h)
 
Viene introdotta una sorta di “stabilizzazione” delle pene accessorie  per i reati di stampo corruttivo (di cui all’art. 166 c.p., quali il peculato, la concussione, la corruzione ed il traffico di influenze illecite).
 
In particolare, la sospensione condizionale della pena principale, ove lo stabilisca il giudice, potrà non estendersi alle pene accessorie dell’incapacità di contrattare con la PA. 
 
  - Inefficacia della riabilitazione sulle pene accessorie (articolo 1, comma 1, lett. i)
 
La riabilitazione dalla pena principale non produrrà più, in automatico,  effetti sulle pene accessorie, ivi compresa l’incapacità perpetua a contrattare con la pubblica amministrazione (art. 179 c.p.)
 
La pena accessoria, infatti, potrà essere dichiarata estinta soltanto decorso un termine non inferiore a 7 anni dalla riabilitazione per la pena principale, e sempre che sia accertata l’effettiva e costante buona condotta del reo.
 
Incapacità a contrattare con la PA (articolo 1, comma 1, lettera m)
 
In caso di condanne superiori a 2 anni di reclusione per alcuni specifici reati –fra cui peculato, concussione, corruzione e traffico di influenze illecite -viene introdotto ex novo il divieto in perpetuo a contrattare con la Pubblica Amministrazione(cd. “Daspo a vita per i corrotti”). Naturalmente, tale pena accessoria perpetua, così come anche la pena principale, diventerà effettiva nel momento in cui la sentenza di condanna sarà esecutiva, e cioè quando avrà assunto carattere definitivo.
 
Laddove la condanna non sia superiore a 2 anni di reclusione o qualora ricorra l’attenuante relativa alla particolare tenuità dei fatti contestati (di cui all’art. 323-bis, primo comma) viene inflitta l’incapacità temporanea a contrattare con la Pubblica Amministrazione, elevandone il limite temporale, rispetto a quanto finora previsto, che viene portato da un minimo di 5 anni sino ad un massimo di 7 (nuovo art. 317-bis c.p.). Laddove, però, ricorra l’attenuante relativa alla collaborazione del reo (di cui all’art. 323-bis, secondo comma), la durata non può essere inferiore a 1 anno né superiore a 5 anni.
 
Si ricorda che, fino ad oggi, la durata dell’incapacità temporanea a contrattare con la PA era contenuta, in via generale, da un minimo di 1 anno a un massimo di 5 anni.
   
Riformulazione del traffico di influenze illecite (articolo 1, comma 1, lettera t)
 
Viene riformulato il reato di traffico di influenze illecite (art 346-bis c.p.)
 
In particolare, nella fattispecie viene assorbita la condotta del millantato credito, disciplinato sinora dall’art. 346, che conseguentemente viene abrogato.
 
Inoltre, le sanzioni vengono inasprite e portate da un minimo di 1 anno a un massimo di 4 anni e 6 mesi (in precedenza da 1 a 3 anni).
 
 - Incapacità a contrattare con la PA come misura cautelare (articolo 1, comma 4, lettera c)
 
La pena accessoria dell’incapacità a contrattare con la PA viene inserita nel novero delle misure cautelari di tipo interdittivo, ossianell’ambito di quei provvedimenti che, per esigenze cautelari, dispongono l’applicazione provvisoria di pene in costanza di accertamento del delitto (art. 289-bis c.p.p.).
 
La misura in commento, peraltro, potrà essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dal Codice di procedura penale per l’applicazione delle misure interdittive(quali la condanna all’ergastolo o alla reclusione per un periodo superiore a tre anni).
   
Inefficacia del patteggiamento sulle pene accessorie (articolo 1, comma 4, lettera e), n. 2)
 
La nuova legge introduce una importante innovazione in caso di sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (c.d. “patteggiamento”), nei procedimenti relativi ad alcuni delitti di stampo corruttivo (quali il peculato, la concussione, la corruzione ed il traffico di influenze illecite).
 
Per tali reati, infatti, viene superato il precedente automatismo riguardante i benefici sulle pene accessorie, connessi al patteggiamento.
 
Con la modifica, infatti, in presenza dei delitti sopra indicati, viene rimesso al giudice il potere di decidere, in via discrezionale, se applicare o meno le pene accessorie dell’incapacità a contrattare con la PA e dell’interdizione dai pubblici uffici (mentre, ordinariamente, l’art. 445, comma 1 c.p.p. impone l’automatica inapplicabilità delle pene accessorie in caso di patteggiamento).
 
 - C.d. “confisca senza condanna” (articolo 1, comma 4, lettera f)
 
Viene estesa ad ulteriori ipotesi la possibilità, già prevista dal codice di procedura penale della c.d. “confisca senza condanna” (articolo 578-bis c.p.p.).
 
Fino ad ora, tale misura – che, lo si ricorda, può essere applicata nonostantedopo il giudizio di primo grado, sia intervenuto il proscioglimento per prescrizione del reato o per amnistia - veniva disposta in caso di confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non potesse giustificare la provenienza, e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultasse titolare od avesse la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, disposta ai sensi dell’articolo 240-bis del codice penale.
 
Per effetto della modifica, la possibilità della “confisca senza condanna” viene estesa anche ai casi di confisca disposta ai sensi dell’art. 322-ter c.p., ossia la confisca avente ad oggetto i beni costituenti il profitto o il prezzo della commissione di taluni reati contro la PA (tra i quali, peculato, concussione e corruzione).
  
Sanzioni per responsabilità amministrativa della persona giuridica (articolo 1, comma 9)
 
Vengono introdotte misure di inasprimento delle sanzioni interdittive che operano nel caso di commissione dell’illecito amministrativo dipendente da reato da parte della persona giuridica, ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, in relazione ai reati di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, e corruzione.
 
Tali sanzioni, si ricorda, consistono in:
 
a)    interdizione dall'esercizio dell'attività;
b)  sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
c)   divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d)   esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;
e)   divieto di pubblicizzare beni o servizi.
 
 
Anzitutto, viene estesa la durata delle sanzioni interdittive prevista per i reati sopra indicati, che, in precedenza, era non inferiore ad 1 anno.
 
Ora, con le nuove norme, la durata di tali sanzioni viene differenziata in base al soggetto che compia materialmente l’illecito, ed è portata:
 
- da un minimo di 4 a un massimo di 7 anni, se il delitto è stato commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
 
- da un minimo di 2 anni ad un massimo di 4, se il delitto è stato commesso da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui all’ipotesi precedente. 
 
Al contempo, tale durata può essere ridotta (per un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni)nell’ipotesi in cui, prima della sentenza di primo grado, l’ente si sia efficacemente adoperato per:
 
- evitare ulteriori conseguenze del reato;
 
- assicurare le prove dell’illecito e individuarne i responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite;
 
- eliminare le carenze organizzative che hanno determinato il reato con l’adozione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
 
Quanto alle misure cautelari - applicabili dal giudice su richiesta del PM quando sussistono gravi indizi di responsabilità dell'ente per un illecito amministrativo dipendente da reato e vi sono fondati elementi per poter ritenere che possano commettersi nuovi illeciti amministrativi - viene previsto che il giudice non possa determinarne la durata in misura superiore a un anno e che, anche in caso di condanna di primo grado, la durata della misura cautelare non possa superare 1 anno e 4 mesi.
 

Viene incluso il traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.) nel novero dei delitti per cui viene irrogata la sanzione pecuniaria fino a 200 quote - si ricorda che il meccanismo cd. “per quote” rappresenta la modalità di determinazione della sanzione pecuniaria da irrogare alla persona giuridica che abbia commesso illecito amministrativo - . 

1 allegato

legge 9 gennaio 2019, n. 3

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