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Appalti pubblici: dal TAR e dalla UE prime risposte sul subappalto

Alcune recenti sentenze dei tribunali amministrativi forniscono significative indicazioni in materia di subappalto e, in particolare, su segnalazione della terna, applicazione del soccorso istruttorio e rapporti tra questo istituto e qualificazione. Una nota Ance fa il punto sugli orientamenti finora emersi su questi aspetti, anche alla luce delle indicazioni provenienti dall'Unione europea, contraria a qualsiasi forma di penalizzazione del subappalto
 
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ANAC: no ai “lavori analoghi” come requisito di qualificazione ulteriore accanto alla SOA

L’ANCE, facendo seguito alle segnalazioni provenienti dal territorio, ha contestato, con istanza di parere di precontenzioso presentata in data 5 aprile 2017, la legittimità delle previsioni contenute in un avviso di costituzione di un elenco di imprese per la selezione degli operatori da invitare ad una procedura negoziata senza bando, di cui all’art. 36 del Codice.
 
Tale avviso pubblico infatti, richiedeva, ai fini della partecipazione, oltre all’idonea attestazione SOA, l’obbligo di aver eseguito un lavoro analogo a quello oggetto dell’affidamento, negli ultimi 5 anni.
 
L’ANAC, con delibera n. 23417 del 14 marzo 2018, ha accolto l’istanza dell’ANCE, ritenendo illegittima tale ulteriore richiesta.
 
In motivazione, l’Autorità ha infatti ribadito la vigenza del principio generale negli appalti pubblici di lavori di importo superiore ai 150.000 euro (ndr e fino a 20 mln di euro) secondo cui l’attestazione SOA costituisce condizione necessaria e sufficiente per la partecipazione alle gare, senza che vi sia la necessità (o meglio l’onere) per il concorrente di provare ulteriori requisiti di qualificazione.
 
Tale principio, per ANAC, si fonda sulla vigenza in via transitoria - in attesa dell’adozione delle specifiche linee guida in tema di qualificazione degli operatori economici - del DPR 207/2010, ma ha trovato conferma anche “ a regime”, come disposto dall’art. 84 del Codice dei contratti pubblici.
 
La normativa, afferma l’Autorità, consente di introdurre criteri ulteriori di selezione solo laddove ricorrano, ai sensi dell’art. 91 del Codice, i presupposti per applicare il meccanismo della cd forcella, ossia nelle ipotesi eccezionali di particolare difficoltà e complessità dell’opere e sempre a condizione che tali criteri siano oggettivi e non discriminatori, secondo il principio di proporzionalità (art. 91, comma 2, D.lgs. 50/2016).
 
Per l’Autorità, la sussistenza di tali presupposti di complessità, oltre a non essere stata adeguatamente motivata da parte della stazione appaltante, (cfr delibera ANAC n. 53 dell’8 febbraio 2017) non ricorreva nella specie (senza considerare che, peraltro, ai sensi dell’art. 3, lett.) oo, del Codice, sono “lavori complessi” quelli “che superano la soglia di 15 milioni di euro”dunque ben al di sopra dell’importo dei lavori nel caso di specie).
 
L’impostazione del Codice è conforme a quanto rilevato dalla Commissione Ue, nella guida sugli appalti pubblici per le stazioni appaltanti, laddove anzitutto la possibilità di restringere la platea dei partecipanti, e quindi la concorrenza, viene ritenuta esercitabile dalla P.A. solo a fronte di un mercato degli operatori economici che abbia un alto livello di specializzazione (su cui vedi “Public Procurement Guidance for practiotioners”,http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/informat/2014/guidance_public_proc_en.pdf,).
 
Tra le motivazioni che la Commissione annovera a favore dell’eccezionalità di tale procedura, vi è soprattutto il fatto che l’utilizzo della stessa incrementa il rischio di rapporti collusivi/corruttivi tra le parti, dovuto all’aumento della discrezionalità in capo alla stazione appaltante.
 
Per ANAC, avrebbe semmai potuto darsi punteggio in offerta ad alcuni requisiti professionali.
 
Ma, a ben vedere, questa possibilità andrebbe evitata, come chiarito dalla stessa Commissione Europea nella citata guida sugli appalti pubblici per le stazioni appaltanti, che considera una “bad pratice”, ossia un errore della stazione appaltante, prevedere, in fase di valutazione dell’offerta, elementi attinenti ai requisiti soggettivi dell’offerente, che devono avere rilevanza ai soli fini della partecipazione alla gara (vedi, pag. 74)
 
In ogni caso, come affermato dalla giurisprudenza nazionale, la valutazione di elementi di tipo soggettivo potrebbe riguardare solo gli appalti di servizi (e non quindi gli appalti di lavori), e ciò solo al ricorrere di precise condizioni (cfr Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 17 gennaio 2018, n. 279).
 

Nel caso di specie, l’ANAC ha comunque ritenuto di escludere la presenza di caratteristiche di particolare difficoltà e complessità nei lavori oggetto della procedura, invitando pertanto “l’amministrazione a tenere conto dei principi enunciati….ai fini del corretto affidamento delle opere”.   

Appalti pubblici: Pubblicata la proposta ANAC per la qualificazione

È stata pubblicata sul sito istituzionale dell’ANAC la proposta finalizzata all’adozione del decreto del MIT di cui all’articolo 83, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016) avente ad oggetto il sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro (SOA).
 
A tale proposito, si ricorda che l’articolo 84, comma 1, del Codice prevede che i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro provano il possesso dei requisiti di qualificazione di cui all’articolo 83 mediante attestazione da parte degli appositi organismi di diritto privato autorizzati dall’ANAC.
 
La proposta è stata oggetto di due distinte consultazioni – cui ha partecipato anche l’ANCE – aperte dall’ANAC successivamente all’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici e del conseguente decreto correttivo, d.lgs. 56/2017.
 
Conclusa la fase di elaborazione presso l’ANAC, spetterà quindi al MIT decidere in che misura condividere detta proposta e adottare il provvedimento definitivo che sostituirà l’attuale disciplina della qualificazione contenuta nel DPR 207/2010 (artt. da 60 a 96).
 
Si allega:

Contratti Pubblici: per l’Antitrust l’illecito deve essere definitivamente accertato

Al fine di contribuire alla certezza giuridica per le imprese che partecipano agli appalti pubblici e di evitare una proliferazione del contenzioso, appare preferibile individuare l’illecito professionale con riferimento a precedenti accertati definitivamente.
 
E’ quanto emerge dalle osservazioni formulate sulle Linee Guida n. 6 dell’Autorità nazionale anticorruzione dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (nota del 13 febbraio 2018, prot. n. AS1474).
 
Tali linee guida, di attuazione del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recano “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possono considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’ articolo 80, comma 5, lett. c) del Codice ”, aggiornate a seguito delle modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal D.lgs. n. 56/2017 (c.d. correttivo).
 
In particolare, l’articolo 80, co. 5, lett c), citato contempla – come è noto – tra le cause di esclusione la commissione da parte dell’operatore economico di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.
 
In quest’ambito, le Linee Guida attribuiscono rilevanza ai provvedimenti sanzionatori che riguardano illeciti in materia di concorrenza gravi, “aventi effetti sulla contrattualistica pubblica” e “posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare”.
 
In presenza di tali provvedimenti, le Linee Guida prevedono che le stazioni appaltanti debbano valutare le condotte oggetto di accertamento ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente per l’illecito anticoncorrenziale in modo non automatico, ma all’esito di un procedimento in contraddittorio con l’operatore interessato.
 
Tanto premesso, l’Antitrust ribadisce anzitutto la valutazione positiva della scelta generale di individuare espressamente negli illeciti antitrust ipotesi di gravi illeciti professionali idonee a determinare l’esclusione di un concorrente da una procedura di evidenza pubblica.
 
Tuttavia, la stessa Autorità esprime perplessità in merito alla scelta dell’ANAC di attribuire rilevanza al provvedimento meramente “esecutivo” dell’Autorità – e non più ai “provvedimenti di condanna divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato” (come accennato nelle precedenti bozze di linee guida).
 
Al riguardo, l’Antitrust segnala il possibile contrasto di tale indicazione con l’articolo 80, co. 10, del Codice dei contratti pubblici, che ha fissato la durata della causa di esclusione pari a tre anni decorrenti dalla data del suo “accertamento definitivo”, da intendersi - come osservato dal Consiglio di Stato nel citato parere n. 2286/2016 - quale data non già del fatto ma del suo accertamento giudiziale definitivo.
 
Peraltro, al fine di evitare una proliferazione del contenzioso e continui effetti sulle gare in corso derivanti dal possibile esito divergente dei giudizi, appare, secondo l’Antitrust, preferibile individuare la data dell’accertamento definitivo non in quella del provvedimento esecutivo dell’AGCM stessa (che non è ancora definitivo), ma in quella dell’intervenuta inoppugnabilità dell’accertamento da parte dell’Autorità (nell’ipotesi di provvedimenti non impugnati) o nella pronuncia definitiva del giudice amministrativo (in caso di impugnazione).
 
Solo in questo modo, si evita che effetti rilevanti sulle gare in corso possano essere prodotti da provvedimenti ancora soggetti al controllo giurisdizionale e non si identifica l’accertamento definitivo con il giudicato formale, bensì con la conclusione del contenzioso davanti al giudice amministrativo munito di giurisdizione esclusiva in materia.
 
In questo modo, l’Antitrust ritiene di poter allontanare il rischio che un utilizzo strumentale del ricorso per Cassazione possa posticipare l’effetto di un accertamento ormai confermato dal giudice del ricorso.
 
Tale conclusione appare inoltre coerente con quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che, nel confermare l’ascrivibilità dell’illecito anticoncorrenziale all’ipotesi escludente del grave errore professionale riconosce la compatibilità tra gli artt. 49 e 56 TFUE e una normativa nazionale che esclude la partecipazione a una procedura di gara d’appalto di un operatore economico che abbia commesso “un’infrazione al diritto della concorrenza, constatata con decisione giurisdizionale passata in giudicato, per la quale gli è stata inflitta un’ammenda” (causa C-470/13, cit., § 39).
 

Programmi triennali dei lavori pubblici: In Gazzetta il decreto del Ministero Infrastrutture

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 9 marzo 2018 il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti 16 gennaio 2018 n. 14, inerente il “Regolamento recante procedure e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale dei lavori pubblici, del programma biennale per l’acquisizione di forniture e servizi e dei relativi elenchi annuali e aggiornamenti annuali” .
 
Il suddetto decreto, che entrerà in vigore  a decorrere dal 24 marzo p.v., si applica per la formazione o l'aggiornamento dei programmi triennali dei  lavori  pubblici  o  dei programmi biennali degli acquisti di forniture e servizi effettuati a decorrere dal periodo di programmazione 2019-2021 per i lavori e  per il periodo di programmazione 2019-2020 per servizi e forniture
 
Fino alla data di operatività del decreto, si applica l'articolo 216, comma 3 del Codice dei contratti e il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti  24  ottobre  2014. Quest’ultimo, a decorrere dal 24 marzo 2018, è  abrogato.
 
Si allega il testo del provvedimento e si fa riserva di ulteriore commento.
 
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DM 14_2018

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