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Cessione bonus fiscali, in caso di frode la Cassazione ammette il sequestro dei crediti d’imposta

In presenza di frode riguardante la spettanza dei bonus fiscali in capo ai beneficiari originari, è legittimo disporre il sequestro preventivo dei corrispondenti crediti d’imposta, anche se i cessionari siano estranei al reato e, nell’acquistarli, abbiano agito con buona fede.

 

Queste le conclusioni cui giunge la Corte di Cassazione, Sez. 3 Penale, in cinque diverse Sentenze tutte dello scorso 28 ottobre 2022, tra le quali la Sentenza n.40867/2022, dove vengono esaminate fattispecie relative al “sequestro preventivo impeditivo”, che può essere disposto qualora “la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati” (art.321, co.1, del Codice di procedura penale – cfr anche le altre Sentenze del 28 ottobre u.s., n. 40865/2022, n.40866/2022, n.40868/2022 e n.40869/2022).

 

In particolare, a differenza del “sequestro anticipatorio preordinato alla confisca”, che presuppone la responsabilità del cessionario, il “sequestro preventivo impeditivo” non richiede un collegamento tra il reato e il suo autore, ma il semplice “collegamento tra il reato e la cosa”, così da potersi applicare anche con riferimento ai crediti da bonus edilizi, compreso il 110%, qualora sia avviata una procedura d’accertamento sulla frode “a monte” in capo al beneficiario originario della detrazione.

 

Infatti, a parere della Corte di Cassazione, i crediti ceduti costituiscono un’evoluzione del diritto alla detrazione e, pertanto, devono considerarsi comunque “cosa pertinente al reato” che ha coinvolto il beneficiario originario del bonus. In questo senso, non viene accolta la tesi difensiva “secondo cui, esercitata l’opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l’originario diritto alla detrazione …, il credito stesso sorgerebbe – in capo al cessionario – a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione”.

 

Possono, quindi, essere oggetto di sequestro cose (crediti d’imposta) di proprietà di un terzo in buona fede (cessionario), se la loro disponibilità sia idonea a configurare un pericolo per il protrarsi o per l’aggravamento del reato.

 

Inoltre, le disposizioni di carattere fiscale, che limitano la responsabilità solidale del cessionario alla sola ipotesi di concorso in violazione nel reato (art.121, co.4-6, DL 34/2020-legge 77/2020), non escludono comunque il ricorso al “sequestro preventivo impeditivo”, in quanto la norma penale non viene derogata dalla disposizione tributaria.

Di contro, per impedire il sequestro del credito a danno del cessionario in buona fede, occorrerebbe una deroga espressa, di carattere normativo, all’applicazione di tale istituto, in assenza della quale l’unica circostanza che rileva è la sussistenza del “collegamento tra il reato e la cosa” (ossia tra la frode riguardante la detrazione originaria e il corrispondente credito d’imposta oggetto di cessione).

 

Pertanto, solo una norma espressa potrebbe superare definitivamente la criticità e garantire la non sequestrabilità del credito acquisito da un soggetto estraneo al rapporto che ha generato la detrazione.

In ogni caso, occorre evidenziare che la Cassazione interviene su ipotesi acclarate di frodi nei confronti dello Stato per fatturazione di operazioni inesistenti, ossia di lavori agevolati non eseguiti. Si tratta, quindi, di esistenza “a monte” di reati fiscali di carattere penale.

Le Sentenze, inoltre, rendono sempre più evidente la necessità di affidarsi ad imprese serie e solide che garantiscano la regolare ed effettiva esecuzione dei lavori e i corretti adempimenti nella procedura di cessione dei crediti. Le norme sulla necessità della SOA, della congruità della manodopera utilizzata e dell’indicazione dell’uso del contratto collettivo, fortemente volute dall’ANCE, rappresentano un deciso passo avanti verso questa direzione.

Allegati

Sentenza_n_40867-2022
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Edilizia Agevolata – Convenzionata – Tassi di riferimento in vigore nel mese di Novembre 2022

ediizia

Lavoro in edilizia, confermata per il 2022 la riduzione contributiva dell’11,50%

È stato pubblicato, nella sezione “Pubblicità legale” del sito del Ministero del Lavoro, il decreto direttoriale 5 settembre 2022 dello stesso Ministero del Lavoro, di concerto con il MEF, avente a oggetto la determinazione per il corrente anno della riduzione contributiva per i datori di lavoro del settore edile prevista dall’art. 29 co. 2 del D.L. n. 244/1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 341/1995 (come da ultimo modificato dalla legge di bilancio 2019).

Per l’anno 2022 tale riduzione contributiva è stata confermata nella misura dell’11,50%.

Si ricorda che la suddetta agevolazione si applica sull’ammontare delle contribuzioni, diverse da quelle di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, dovute all’INPS per gli operai con orario di lavoro di 40 ore settimanali.

Nel trasmettere il testo del decreto, si fa riserva di comunicare tempestivamente le indicazioni operative che l’INPS fornirà al riguardo.

Allegato
Decreto_direttoriale_11,50

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Regolarità fiscale negli appalti pubblici: le nuove regole sulle cause di esclusione dalle gare

Le violazioni fiscali non definitive rilevano come cause di esclusione dalle gare pubbliche solo se di ammontare almeno pari al 10% del valore dell’appalto (e comunque mai sotto i 35.000 euro) e solo se, decorsi i termini per il pagamento, l’atto d’accertamento sia stato impugnato.

Questo il principio stabilito nel DM del 28 settembre 2022, pubblicato nella GU n.239 del 12 ottobre 2022, che, in linea con la posizione assunta dall’ANCE, detta le modalità operative delle cause di esclusione facoltative dalle gare d’appalto pubbliche, in presenza di irregolarità fiscali non definitivamente accertate, in attuazione dell’art.80, co.4, del D.Lgs. 50/2016.

Si tratta, in particolare, della facoltà riconosciuta alla Stazione appaltante di escludere dalle gare pubbliche un operatore economico nel caso in cui essa sia a conoscenza, e possa dimostrare, che lo stesso non abbia ottemperato agli obblighi di pagamento di imposte e tasse non definitivamente accertati, qualora tale inadempimento costituisca una “grave violazione”.

La disposizione, come noto, deriva da una procedura di infrazione europea contro lo Stato italiano, in merito alla quale l’ANCE è da subito intervenuta nelle competenti sedi per mitigarne gli effetti più critici per le imprese, esposte ad una penalizzazione particolarmente gravosa come quella dell’esclusione da una procedura d’appalto, a fronte di una violazione considerata, ancora, “provvisoria”.

Criticità più evidenti risiedevano, non solo nella determinazione della soglia di gravità della violazione, che grazie all’ANCE è stata fissata in minimo 35.000 euro e comunque da calcolare in proporzione al valore dell’appalto, ma anche nella completa assenza di criteri univoci ed omogenei che guidassero l’azione delle Stazioni appaltanti in tal ambito.

Grazie all’azione associativa, inoltre, nel corso dell’iter parlamentare di approvazione delle Legge europea 2019-2020 (legge 238/2021), è stata rinviata ad un Decreto MEF-MIMS la definizione delle modalità attuative della nuova causa di esclusione, nonché della soglia minima d’operatività della stessa (art.80, co.4, quinto periodo, del D.Lgs. 50/2016).

In attuazione di tale disposizione è stato quindi ora emanato il citato DM del 28 settembre 2022, con il quale vengono fissati i seguenti principi:

  • per “violazione” s’intende l’inottemperanza dell’obbligo di pagamento di imposte e tasse derivanti da:
  • notifica di atti impositivi, conseguenti ad attività di controllo degli uffici,
  • notifica di atti impositivi, conseguenti ad attività di liquidazione degli uffici,
  • notifica di cartelle di pagamento concernenti pretese tributarie, oggetto dei cd “avvisi bonari” (ossia delle comunicazioni di irregolarità emesse a seguito di controllo automatizzato o formale della dichiarazione, ai sensi degli artt. 36-bis e 36-ter del DPR 600/1973 e dell’art.54-bis del DPR 633/1972).

Si evidenzia, quindi che l’“avviso bonario” non è di per sé sufficiente a far considerare fiscalmente irregolare l’operatore economico ma, a tal fine, occorre anche la successiva notifica della relativa cartella di pagamento;

  • la violazione si considera “grave” quando è relativa al mancato pagamento di imposte o tasse per un importo che, senza considerare sanzioni e interessi, è pari o superiore al 10% del valore dell’appalto e, comunque, mai inferiore a 35.000 euro.

Inoltre, in caso di:

  • appalti suddivisi in lotti, la soglia di gravità è rapportata al valore del lotto o dei lotti per i quali l’operatore economico concorre (sempre nel limite minimo di 35.000 euro),
  • subappalto o di partecipazione in RTI o in Consorzi, la soglia di gravità riferita al subappaltatore o al partecipante al Raggruppamento o al Consorzio è rapportata al valore della prestazione assunta dal singolo operatore economico (sempre nel limite minimo di 35.000 euro);
  • la violazione si considera “non definitivamente accertata”, e quindi valutabile dalla Stazione appaltante come causa di esclusione dalla gara, quando siano decorsi inutilmente i termini per adempiere all’obbligo di pagamento e l’atto impositivo, o la cartella di pagamento, siano stati tempestivamente impugnati.

In ogni caso, non rilevano, ai fini dell’esclusione, le violazioni per le quali è intervenuta una pronuncia giurisdizionale favorevole all’operatore economico, anche se non passata in giudicato (sino all’eventuale riforma della stessa o sino a che la violazione risulti definitivamente accertata, ovvero se sono stati adottati provvedimenti di sospensione giurisdizionale o amministrativa);

  • le imposte o tasse il cui mancato pagamento configura l’irregolarità fiscale sono quelle indicate nella Deliberazione ANAC n.157 del 17 febbraio 2016, che elenca una serie di tributi (individuati da specifici codici), riferiti a imposte e tasse gestite dall’Agenzia delle Entrate ed oggetto di riscossione nazionale. Pertanto, almeno sino a quando non diventerà operativa la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, rilevano le violazioni relative a tributi erariali.

A tal fine, su richiesta della Stazione appaltante, l’Agenzia delle Entrate rilascia, relativamente ai tributi dalla stessa gestiti, la cd certificazione dei “carichi pendenti” (di cui al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25 giugno 2001

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