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Privacy – FAQ del Garante sul Registro dei trattamenti

Sono state pubblicate lo scorso 8 ottobre, sul sito istituzionale dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, le FAQ relative alla tenuta del Registro delle attività di trattamento, ai sensi dell’art. 30 del Reg. UE 2016/679 (GDPR).
 
In particolare, con riferimento a coloro che sono tenuti a redigere e aggiornare il Registro è stato chiarito che il riferimento è a tutti i titolari e i responsabili del trattamento ed, in particolare, nel settore privato a:
1)    imprese e organizzazioni con almeno 250 dipendenti;
2)    ogni titolare o responsabile (comprese le imprese o le organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettuino trattamenti che possano presentare un rischio, anche non elevato, per i diritti e le libertà dell’interessato;
3)    ogni titolare o responsabile (incluse imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettui trattamenti non occasionali;
4)    ogni titolare o responsabile (incluse imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettui trattamenti di dati “sensibili” o “giudiziari”.
 
E’ stato, inoltre, chiarito che per organizzazioni si intendono anche gli esercizi commerciali e pubblici, i liberi professionisti con almeno un dipendente e/o che trattino dati sanitari, penali etc…, le associazioni, le fondazioni, i partiti politici e i sindacati.
 
Le imprese e le organizzazioni con meno di 250 dipendenti potranno, comunque, beneficiare di alcune misure di semplificazione, potendo circoscrivere la redazione del registro solo per le attività di trattamento (es. se il trattamento di categorie particolari di dati si riferisce a quelli inerenti un solo dipendente, potrà essere predisposto solo con riferimento a tale tipologia di trattamento).
 
Il Garante consiglia, comunque, la redazione del registro a tutti i titolari e responsabili del trattamento, in quanto rappresenta uno strumento idoneo a comprendere la tipologia di trattamenti svolti e a garantire il corretto adeguamento alle previsioni introdotte dal Regolamento.
 
Con riferimento, poi, alle informazioni che deve contenere il Registro, sono state riportate nel dettaglio le indicazioni per la compilazione di ogni singolo campo:
a)    finalità del trattamento: indicare le diverse finalità distinte per ogni trattamento (es. trattamento dei dati dei dipendenti per la gestione del rapporto di lavoro), indicando anche la base giuridica;
b)    descrizione delle categorie degli interessati: (es. clienti, fornitori, dipendenti) e descrizionedelle categorie dei dati personali(dati anagrafici, sanitari, genetici, relativi a condanne penali etc…); 
c)    destinatari a cui i dati sono stati o saranno comunicati: indicare, anche per categoria, gli altri titolari cui sono inviati i dati (es. enti previdenziali) e i responsabili o sub-responsabili del trattamento cui siano trasmessi i dati dal titolare (es. soggetto a cui affidare l’elaborazione delle buste paga);
d)    trasferimenti dei dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionaleindicare il Paese cui sono trasferiti e le eventuali Garanzie adottate dal Paese stesso;
e)    termini ultimi previsti per la cancellazione delle diverse categorie di dati:indicare tempi di cancellazione per tipologia e finalità di trattamento (es. per rapporto di lavoro i dati saranno conservati per 10 anni);
f)     descrizione generale delle misure di sicurezza: descrizione, in forma riassuntiva e sintetica, delle misure tecnico organizzative adottate dal titolare in relazione ad ogni attività.
 
Il Garante ha inoltre chiarito che il Registro potrà contenere anche elementi ulteriori, ritenuti utili dal titolare, quali, ad esempio, il riferimento all’eventuale presenza di un “referente interno”.
 
Relativamente, poi, alla modalità e alla conservazione del Registro, è stato ribadito che lo stesso deve essere costantemente aggiornato e contenere informazioni corrispondenti ai trattamenti effettivamente svolti. Può essere compilato sia in formato cartaceo che elettronico e deve riportare la data di prima istituzione e la data dell’ultimo aggiornamento.
 
Sono state, infine, fornite indicazioni in merito al Registro dei responsabili del trattamento: è stato specificato che il responsabile dovrà indicare nel Registro le informazioni relative ad ogni singolo titolare per il quale opera, riportando il riferimento del contratto di designazione per l’individuazione della natura e della finalità del trattamento.
 
Per quanto non riportato nella presente, si rinvia alle FAQ e ai due modelli di Registro emanati dal Garante, consultabili al seguente link: https://www.garanteprivacy.it/home/faq/registro-delle-attivita-di-trattamento

Decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113

Il decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113 recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” (Gazzetta ufficiale n. 231 del 4 ottobre 2018), è entrato in vigore il 5 ottobre scorso.
 
Il decreto, volto tra l’altro a fronteggiare la straordinaria necessità e urgenza di introdurre norme per rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo e della criminalità organizzata di tipo mafioso nonché alla prevenzione e al contrasto delle infiltrazioni criminali negli enti locali, ha introdotto modifiche al D. Lgs. n. 81/2008 (Testo unico sicurezza sul lavoro), al D. Lgs. n. 286/1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), e al D. Lgs. n. 25/2008 (Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato).
 
In particolare, con riferimento alla notifica preliminare, dal 5 ottobre scorso, a seguito della modifica apportata dall’articolo 26 del decreto legge, il committente (o il responsabile dei lavori), pubblico o privato, dovrà inviare la notifica preliminare, prima dell’inizio dei lavori, oltre che alla ASL ed alla direzione provinciale del lavoro, anche al prefetto.
 
L’articolo 99 prevede che l’invio a tali soggetti debba essere effettuato anche in caso di aggiornamenti dei contenuti della notifica stessa.
Si ricorda che la notifica preliminare è prevista:
a)   nei cantieri in cui sono presenti più imprese esecutrici;
b)   cantieri che, inizialmente non soggetti all’obbligo di notifica, ricadono nella lettera a) per effetto di varianti sopravvenute in corso d’opera;
c)   cantieri in cui opera un’unica impresa la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini giorno.
 
Ance interverrà nel sedi opportune per estendere ulteriormente la platea dei soggetti destinatari della notifica preliminare, includendo le Casse Edili territorialmente competenti, a cui la notifica dovrebbe essere inviata contestualmente ed esclusivamente in via telematica.
 
Ciò al fine di garantire una più attenta verifica delle condizioni di regolarità delle imprese, soprattutto in sede di attestazione della regolarità contributiva, con la possibilità di costituire una banca dati, aggiornata, di settore, anche ai fini di una migliore programmazione della attività ispettiva.
 
Con riferimento ai lavoratori stranieri si segnala, in particolare, che l’art. 1 del provvedimento, innovando il d.lgs. n. 286/1998, con l’introduzione del comma 1-bis all’art. 18-bis “Permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica”, recante la dicitura “casi speciali”, rilasciato per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza, prevede che tale permesso, di durata pari ad un anno, consenta l'accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché l'iscrizione nell'elenco anagrafico di cui all’art. 4 del regolamento del DPR n.442/2000 o lo svolgimento di lavoro subordinato e autonomo, fatti salvi i requisiti minimi di età. Tale permesso, alla scadenza, può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio, qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi, ovvero per motivi di lavoro subordinato o autonomo.
 
Con introduzione dell'art. 20-bis viene previsto il "Permesso di soggiorno per calamità”, rilasciato allo straniero che versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità, la quale non consenta il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza. Tale permesso di soggiorno, di durata pari a sei mesi, è valido solo nel territorio nazionale e consente di svolgere attività lavorativa, ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
 
Con introduzione del comma 12-sexies all’art. 22, nelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo di cui al comma 12-bis, è rilasciato allo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro, un Permesso di soggiorno recante la dicitura “casi speciali”. Tale permesso, di durata pari a sei mesi, rinnovabile per un anno o per il maggior periodo occorrente alla definizione del procedimento penale e revocabile in caso di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, ovvero qualora vengano meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio, consente lo svolgimento di attività lavorativa e può essere convertito, alla scadenza, in permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo.
 
Con l’art. 42-bis viene introdotto il “Permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile”, rilasciato qualora lo straniero abbia compiuto atti di particolare valore civile, nei casi di cui all’art. 3 della legge n. 13/1958, salvo che ricorrano motivi per ritenere che lo straniero risulti pericoloso per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato. Tale permesso, di  durata pari a due anni, rinnovabile, consente l'accesso allo studio nonché allo svolgimento di attività lavorativa e può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato.
 
L‘art. 1, comma 2, del provvedimento contempla inoltre innovazioni al d.lgs. n. 25/2008, con modifica del comma 3 dell’art. 32, il quale prevede la possibilità del rilascio di un permesso di soggiorno annuale recante la dicitura “protezione speciale”, rinnovabile, che consente lo svolgimento dell’attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Tale permesso, ai sensi del comma 8 dell’art. 1, è rilasciato, alla scadenza, anche ai titolari di permesso per motivi umanitari, concesso secondo la previgente formulazione della disposizione e in corso di validità all’entrata in vigore del decreto in esame.
 
Il comma 9 dell’art. 1 prevede, infine che, nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto, per i quali la Commissione territoriale non abbia accolto la domanda di protezione internazionale e abbia ritenuto sussistenti gravi motivi di carattere umanitario, allo straniero sia rilasciato un permesso di soggiorno, recante la dicitura “casi speciali”, della durata di due anni, convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato, alla scadenza del quale è previsto il rilascio del permesso di soggiorno annuale per “protezione speciale”.
 
1 allegato

DL 113_2018

 
 

Eliminazione file CSV - Controllo limiti temporali Cig - Nuove procedure informatiche

Con il messaggio n. 3566/18, di cui si allega copia, l’Inps ha comunicato di aver implementato le procedure informatiche ai fini del controllo dei limiti temporali di Cigo (52 settimane nel biennio mobile ) e Cigs (30 mesi tra Cigo e Cigs nel quinquennio mobile), nonché ai fini dell’eliminazione del file CSV.
Dal 1° novembre 2018, attraverso il nuovo servizio, per il quale è stata predisposta un’apposita guida, a cui si rimanda, le aziende potranno, previo inserimento di specifici dati (numero di matricola aziendale, identificativo dell’unità produttiva, data iniziale del periodo di Cig, numero di settimane richieste di Cig), conoscere preventivamente la diponibilità di settimane di Cig utilizzabili nei limiti di legge.
Si evidenzia che l’interrogazione aziendale riguarda dati presenti negli archivi informatici delle ore autorizzate, esclusi i periodi richiesti e ancora in istruttoria alla data dell’interrogazione.
Nel caso in cui risultassero differenze di settimane di Cigo conteggiate e non corrispondenti a quelle effettivamente fruite, le aziende dovranno indicare tale valore in fase di invio della domanda, allegando alla stessa istanza un’autocertificazione riepilogativa delle giornate effettivamente fruite per i periodi precedentemente autorizzati. 
Con l’eliminazione del file CSV (allegato alla circolare Inps 197/15), sempre dal 1° novembre 2018, le relative informazioni verranno recuperate dall’Inps attraverso i dati forniti con i flussi Uniemens dei 6 mesi precedenti la data di inizio del periodo di Cigo richiesto.
Eventuali dubbi circa il superamento del limite di 1/3 o la mancanza anche parziale di dati Uniemens dei 6 mesi precedenti la domanda, obbligano ai sensi dell’articolo 11 del decreto 95442/2019, gli operatori di sede ad un approfondimento istruttorio con conseguente richiesta del file CSV utile a completare il controllo.
Quanto all’elenco nominativo dei lavoratori beneficiari della Cigo, le aziende dovranno allegare alla domanda il formato XML o CSV predisposto in base ai nuovi tracciati messi a disposizione dall’Inps e anch’essi allegati. 
Ad ogni modo, nei primi sei mesi a decorrere dal prossimo 1° novembre, le aziende, dovendo adeguare il proprio software ai nuovi formati XML e CSV, potranno importare i codici fiscali de lavoratori direttamente dal CSV, attualmente in uso. 

4 allegati

Messaggio numero 3566 del 28-09-2018

Messaggio numero 3566 del 28-09-2018_Allegato n 1

Messaggio numero 3566 del 28-09-2018_Allegato n 2

Messaggio numero 3566 del 28-09-2018_Allegato n 3

Nota INL su Tracciabilità delle retribuzioni

Si fa seguito alla ns. comunicazione del 6 settembre scorso per comunicare che l’INL, con l’allegata nota n. 7369 del 10 settembre scorso, ha fornito ulteriori indicazioni operative al personale ispettivo, condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e con l’ABI (Associazione Bancaria Italiana), in ordine alle modalità di verifica del rispetto dell’obbligo di tracciabilità dei pagamenti e al divieto di erogazione in contanti della retribuzione, ai sensi dell’art. 1, commi 910-913 della L. n. 205/2017 della Legge di Bilancio 2018.
L’Ispettorato, nel ribadire quanto già chiarito con la nota n. 6201/2018 (l’obbligo non riguarda le somme dovute a diverso titolo, quali, a titolo esemplificativo, anticipi e/o rimborsi spese di viaggio, vitto e alloggio), ha precisato che le somme relative all’indennità di trasferta, in “considerazione della natura mista della stessa (risarcitoria e retributiva al di sopra di un determinato importo e con determinate caratteristiche)” rientrano nell’obbligo di tracciabilità.
Ciò anche al fine di consentire al personale ispettivo di poter verificare gli importi versati al lavoratore “forfettariamente” e verificare i limiti di imponibilità fiscale e contributiva previsti dalla disciplina in materia di trasferta (art. 51, co.5 del TUIR).
Con riferimento all’ipotesi di pagamento, l’Ispettorato ha chiarito che può ritenersi conforme anche il pagamento della retribuzione effettuato al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di pagamento ordinario soggetto alle dovute registrazioni, anche se non effettuato presso il conto corrente di tesoreria, come indicato alla lett.c), co. 910 della L. n. 205/2017.
Rientra inoltre nelle ipotesi di cui alla lettera d) del comma suddetto, il pagamento delle retribuzioni con lo strumento del “vaglia postale”, nel rispetto delle condizioni previste dal D.Lgs n. 231/2007.
L’Ispettorato ha, poi, indicato le diverse modalità con le quali, nelle ipotesi in cui risulti dubbia la corresponsione della retribuzione attraverso gli strumenti previsti, gli organi di vigilanza effettueranno ulteriori controlli sui sistemi di pagamento adottati (bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore, strumenti di pagamento elettronici, pagamento in contanti attraverso conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento e attraverso conto corrente/conto di pagamento ordinario, emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato).
La richiesta da parte del personale ispettivo nei confronti degli Istituti di credito dovrà avvenire, preferibilmente a mezzo PEC, presso la filiale nella quale il datore di lavoro intrattiene i rapporti di conto sui quali è stato effettuato il pagamento con bonifico, contanti o strumenti di pagamento elettronico, o in caso di pagamento mediante assegni alla banca presso la quale lo stesso è stato versato.
E’ stato, inoltre, precisato che, qualora venga riscontrata la corresponsione in contanti per un importo stipendiale pari o superiore a 3.000€, si configura la violazione di cui all’art. 49 (Limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore) del D.Lgs n. 231/2007 recante “Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione”.

1 allegato

INL Nota7369-18

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