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Direttore dei lavori e dell’esecuzione: decreto in Gazzetta.

Il decreto n.49/2018 del MIT, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.111 del 15 maggio 2018 e in vigore dal prossimo 30 maggio 2018, contiene le linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione.

Tale decreto è stato adottato al termine di un iter approvativo complesso e articolato che ha visto coinvolti, a più riprese, il MIT, l’ANAC, il Consiglio di Stato e le commissioni parlamentari di Camera e Senato.
 
Ciò, in quanto l’art. 111 del nuovo Codice dei Contratti (D.lgs. 50/2016), al comma 1, prevede che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con decreto e su proposta dell’ANAC, approvi le linee guida che individuino le modalità e la tipologia di atti attraverso i quali il direttore dei lavori effettua l’attività di controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione dell’intervento; attività di controllo che deve essere finalizzata a garantire che i lavori siano eseguiti a regola d’arte e in conformità al progetto e al contratto.
Il decreto del MIT, alla luce delle novità introdotte dal D.lgs. n. 56/2017 agli artt. 107 e 111 del Codice, ha quindi l’obiettivo di definire:
- le modalità di svolgimento della verifica di conformità in corso di esecuzione e finale e la relativa tempistica;
- i casi in cui il direttore dell’esecuzione può essere incaricato della verifica di conformità;
- le modalità di nomina, i casi di incompatibilità e le specifiche funzioni del direttore dell’esecuzione;
- i criteri in base ai quali, nel caso di sospensioni totali o parziali dei lavori disposte dalla stazione appaltante per cause diverse da quelle di cui ai commi 1, 2 e 4 dell’art. 107, l’esecutore può chiedere il risarcimento dei danni subiti.
In attuazione della predetta disposizione, l'ANAC ha trasmesso al MIT la proposta di linee guida adottata a seguito di una consultazione pubblica preliminare.
Il Ministero, a sua volta, ha sottoposto il testo al parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, il quale si è espresso nell'Adunanza della Commissione speciale dell’ 9 ottobre 2016 (parere n. 2282/2016 del 3 novembre 2016).
A seguito dei numerosi rilievi evidenziati dal Consiglio di Stato, il MIT ha elaborato nuovo testo che, dopo il parere “favorevole con raccomandazioni” della Conferenza Unificata in data 6 dicembre 20I7, è stato sottoposto ai pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nonché, nuovamente,  a quello del Consiglio di Stato; pareri che sono stati resi, rispettivamente, in data 20 febbraio u.s. e 23 gennaio u.s.
Il Decreto, quindi, come in precedenza evidenziato, è stato pubblicato sulla GURI dello scorso 15 maggio.
In premessa, occorre evidenziare che il provvedimento in esame, al di là del titolo – riferito alle funzioni del Direttore dei Lavori – regolamenta taluni istituti di fondamentale importanza  per l'esecuzione dell'appalto (consegna, sospensione, ripresa, iscrizione riserve, varianti, atti contabili, pagamenti ecc...) che meriterebbero una trattazione autonoma e soprattutto coordinata.
È indubbio, infatti, che una disciplina dell’esecuzione dell’appalto organizzata, non sulla base oggettiva delle diverse fasi di cui si compone e dei diversi atti che la caratterizzano, ma sotto il profilo soggettivo delle diverse figure competenti, rende ancor più gravoso, per l’operatore, l’individuazione della molteplicità delle regole da applicare al caso concreto, visto che le stesse potrebbero essere “spacchettate” tra i diversi atti regolanti le funzioni e compiti dei singoli soggetti competenti ad intervenire.
Criticità, questa, che è stata, sin dall’inizio dell’iter di approvazione, segnalata dall’ANCE sia all’ANAC sia al MIT e sia, infine, al Consiglio di Stato. 
Tutto ciò premesso, e venendo all’analisi dei contenuti, il decreto consta di 28 articoli, suddivisi in 4 titoli:
 
1)     Disposizioni generali;
2)     Direttore dei lavori;
3)     Direttore dell’esecuzione dei contratti relativi a servizi o forniture;
4)     Disposizioni finali.
 
A sua volta, il titolo relativo al Direttore dei lavori si articola nei seguenti capi:
 
1)     Profili generali;
2)     Funzioni e compiti nella fase preliminare;
3)     Funzione e compiti in fase di esecuzione;
4)     Controllo amministrativo contabile.
 
Rispetto ai singoli capi, verranno indicati di seguito i contenuti di maggiore interesse, evidenziando, ove rilevante, le novità più significative rispetto alla precedente normativa (Dpr. 207/2010), nonché rispetto alle precedenti versioni dello stesso decreto.
 
Nell’analisi delle diverse novità, occorre tener presente che il Consiglio di Stato, nel parere n. 2282/2016 del 3 novembre 2016 sopracitato, ha segnalato al Ministero la necessità di espungere dal testo definitivo del decreto tutte le disposizioni che costituiscono duplicazione di fonte primaria, poiché tale ripetizione, oltre ad essere superflua e contraria ai canoni di semplificazione, rende caotico il quadro regolatorio e si pone in contrasto con i principi in tema di rapporti tra fonte primaria e secondaria.
 
In ragione di tale rilievo, ad esempio, è ragionevole ritenere che il MIT abbia deciso di espungere da testo finale l’articolato relativo alle incompatibilità del Direttore dei lavori, nonché quelle relative alla funzione di coordinamento e supervisione dell’ufficio di direzione, essendo le stesse già regolate nel Codice, rispettivamente, agli artt. 42 e  101.  
 
 
CAPO I: PROFILI GENERALI
 
Quanto alla disciplina del rapporto con altre figure (art. 2) e agli strumenti per l’esercizio della attività di direzione e controllo (art. 3), il decreto ripropone, nel sostanza, la disciplina previgente (artt. 152 e 154 del DPR 207/2010), confermando la competenza del DL nell’emanazione degli ordini di servizio all’esecutore, nonché la sua autonomia in ordine al controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione dell’intervento.  
Viene altresì’ ribadito l’obbligo dell’esecutore di uniformarsi alle disposizioni contenute negli ordini di servizio, fermo restando la facoltà di iscrivere le proprie riserve.
CAPO II: FUNZIONI E COMPITI NELLA FASE PRELIMINARE
 
In tale capo, il decreto reintroduce una disciplina della fase di consegna dei lavori, oggi abrogata, che ricomprende sia le necessarie verificare da effettuare preliminarmente all’avvio della procedure di gara per verificare lo stato dei luoghi interessati dai lavori e l’accessibilità delle aree (articolo 4), nonché la disciplina specifica delle modalità di consegna dei lavori all’aggiudicatario (articolo 5).
 
Nello specifico, il testo, dopo aver confermato la necessità che, prima dell’avvio della procedura, il DL fornisca al Rup l’attestazione dello stato dei luoghi, introduce la possibilità per Rup stesso di chiedere al DL un ulteriore aggiornamento, qualora, prima della sottoscrizione del contratto, si fosse verificato una modifica dello stato dei luoghi.
 
In merito alla disciplina della consegna dei lavorisi prevede che il direttore dei lavori debba comunicare con un congruo preavviso all’esecutore il giorno e il luogo in cui deve presentarsi; qualora, tuttavia, l’esecutore non si presenti, senza giustificato motivo, viene prevista la facoltà per la stazione appaltante di risolvere il contratto ed incamerare la cauzione, in alternativa alla fissazione di una nuova data. 
Al riguardo, l’ANCE ha contestato fortemente tale previsione, chiedendo di recuperare la previsione di cui all’art. 153, c. 7, del D.p.r. n. 207/2010, secondo cui il Direttore dei lavori, in questa ipotesi, deve fissare una nuova data per la consegna dei lavori. Solo nel caso di mancata presentazione dell’esecutore anche nella nuova data fissata, la stazione appaltante ha facoltà di risolvere il contratto ed incamerare la cauzione.
Ciò in quanto, data l’impossibilità per l’operatore economico di prevedere il momento della effettiva consegna dei lavori - in considerazione dell’aleatorietà connessa all’esplicazione della procedura di gara e alla tempistica prescelta dalla stazione appaltante per addivenire alla stipula del contratto, successivamente all’aggiudicazione, nonché l’impossibilità di quantificare oggettivamente la congruità del termine di preavviso - sussiste il rischio di un uso distorto di tale previsione in chiave discriminatoria.
 
Lo stesso articolo 5, al comma IV, ripristina il diritto dell’esecutore di chiedere il recesso dal contratto nel caso in cui la consegna dei lavori avvenga in ritardo per causa imputabile – non più per fatto o colpa, come nel previgente art. 153 del Dpr 207/2010 - alla stazione appaltante. 
 
Al riguardo, viene richiesto che la stazione appaltante indichi nel capitale d’appalto gli eventuali casi in cui è facoltà della stessa non accogliere l’istanza di recesso dell’esecutore.
 
In caso di accoglimento dell’istanza di recesso, comunque, l’esecutore ha diritto di chiedere il rimborso delle spese contrattuali effettivamente sostenute e documentate, ma in misura non superiore ai seguenti parametri - da calcolare sull'importo netto dell'appalto:
 
a) 1,00 per cento per la parte dell'importo fino a 258.000 euro;
b) 0,50 per cento per la eccedenza fino a 1.549.000 euro;
c) 0,20 per cento per la parte eccedente i 1.549.000 euro.
 
Tali criteri di determinazione dei limiti massimo d’importo dei rimborsi riproducono quanto previsto all’abrogato art. 157 del Regolamento 207.
 
Sul punto, ANCE ha segnalato che tale misura di risarcimento non è assolutamente adeguata rispetto all’attuale situazione del mercato e del comparto edile, essendo eccessivamente esigua.
 
Tale misura infatti anzitutto non costituisce assolutamente un serio ristoro delle spese effettivamente sostenute dall’esecutore, ai fini della partecipazione. In secondo luogo, essa non tiene conto, fra i danni subiti dall’appaltatore, del mancato utile, difficilmente documentabile, consistente nella mancata ricerca ed acquisizione di nuovi lavori, non assunti per via dell’impegno della struttura aziendale per un appalto acquisito, che poi viene a mancare. 
 
Inoltre, la misura del risarcimento prevista non tiene conto del fatto che, nelle procedure di gara aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente vantaggiosa, l’offerente è chiamato ad effettuare valutazioni tecniche approfondite e verifiche progettuali particolarmente rilevanti. Pertanto, potrebbe essere opportuno stabilire una diversa modalità di conteggio del rimborso nel caso di procedure di gara aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente vantaggiosa, oltre al mancato utile.
 
Da ultimo, occorre evidenziare una sproporzione fra la fattispecie della mancata consegna dei lavori per fatto dell’appaltatore (che comporta l’immediata risoluzione del contratto e l’incameramento della cauzione, senza un previo confronto con l’operatore economico), e la mancata consegna per colpa della stazione appaltante (che comporta la possibilità di recedere con un mero rimborso).
 
Anche a seguito delle osservazioni ANCE, è stata introdotta, al comma VIII, la necessità che  il processo verbale di consegna venga redatto in  contraddittorio con l’esecutore; processo verbale che deve contenere l’indicazione delle aree, i locali, l’ubicazione e la capacità delle cave e delle discariche concesse o comunque a disposizione dell’esecutore, unitamente ai mezzi d’opera per l’esecuzione dei lavori.
 
Peraltro, occorrerebbe rafforzare tale adempimento, prevedendo l’obbligo che tale informazione sia già presente nel progetto a base di gara, in modo da garantire una scelta più oculata del ribasso.
 
L’articolo 5 prevede, inoltre, al comma IX, che il direttore dei lavori provvede alla consegna parziale dei lavori nel caso in cui il capitolato speciale d’appalto lo preveda in relazione alla natura dei lavori da eseguire ovvero nei casi di temporanea indisponibilità delle aree e degli immobili.
 
In tale ultimo caso, l'esecutore è tenuto a presentare, pena l'impossibilità di iscrivere riserve per ritardi, un programma di esecuzione dei lavori che preveda la realizzazione prioritario delle lavorazioni sulle aree e sugli immobili disponibili.
 
Realizzati i lavori previsti dal programma, qualora permangano le cause di indisponibilità si applica la disciplina relativa alla sospensione dei lavori.
 
Nella sua formulazione, la previsione sembrerebbe, quindi, rimettere alla discrezionalità della Direzione lavori la decisione in merito a tale forma di consegna.
 
Sul punto, ANCE ha evidenziato che, ove la stazione appaltante intenda procedere ad una consegna parziale dei lavori, detta previsione dovrebbe essere sempre espressamente contemplata nel capitolato speciale di appalto, analogamente a quanto previsto dall’art. 154, comma 6, del DPR 207/2010, e solo nei casi in cui la natura o l’importanza dei lavori lo richieda.
 
Infatti, la consegna parziale dei lavori è suscettibile di determinare una dilazione dei tempi contrattuali e, pertanto, deve essere oggetto di ponderata valutazione da parte dell’appaltatore in sede di offerta economica. Il medesimo capitolato dovrebbe prevedere le ragioni che inducono la stazione appaltante alla consegna parziale e le singole parti in cui si intenda eventualmente suddividere l’opera.
 
Infine, anche a seguito delle osservazioni dell’ANCE, è stata reintrodotta la previsione secondo cui, in caso di consegna parziale dei lavori, la data di consegna è quella dell’ultimo verbale di consegna parziale.
 
CAPO III: FUNZIONI E COMPITI IN FASE DI ESECUZIONE  
 
All’art. 6, viene regolato la procedura di accettazione dei materiali, introducendo, rispetto alla previgente disciplina (art. 167 Dpr 207/2010), l’obbligo, e non la facoltà, per il DL. e per l’organo di collaudo di disporre prove o analisi ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge o dal capitolato speciale di appalto, finalizzate a stabilire l’idoneità dei materiali o dei componenti e ritenute necessarie alla stazione appaltante, sulla base di adeguata motivazione, con spese a carico dell’esecutore.
 
Al riguardo, è auspicabile che vi sia una proporzionalità tra le nuove analisi richieste dal Rup o dall’organo di collaudo - che si ricordano essere ulteriori rispetto a quelle già previste dalla legge o dal capitolato speciale d’appalto - e conseguentemente delle spese ad esse connesse, e il valore dei materiali da testare.
 
Viene altresì introdotto l’obbligo, e non la facoltà, per il DL di rifiutare i materiali e i componenti deperiti dopo l’introduzione in cantiere o che non risultano conformi alla normativa tecnica, nonché l’obbligo per l’esecutore di mettere in opere i materiali solo dopo l’accettazione definitiva del Direttore stesso.     
 
Infine, viene sancito l’obbligo per il direttore dei lavori di verificare il rispetto delle norme in tema di sostenibilità ambientale.
 
Al successivo art. 7, vengono invece definite le funzioni del DL rispetto agli obblighi dell’esecutore e del subappaltatore. In particolare, il DL, oltre a verificare la presenza in cantiere dei subappaltatori e subcontraenti autorizzati, registra – in precedenza, accertava - anche le eventuali contestazioni sulla regolarità dei lavori eseguiti dal subappaltatore e, ai fini della sospensione dei pagamenti all’esecutore, determina la misura della quota corrispondete alla prestazione oggetto di contestazione.
 
È ragionevole ritenere che tale previsione – lett c) del comma I - debba essere coordinata anche con l’istituto del pagamento diretto dei subappaltatori che l’articolo 105 del D.lgs. 50/2016, al comma 13, ritiene operare automaticamente quando il subappaltatore o il cottimista sia una micro e piccole imprese - ossia nel caso di imprese che hanno meno di 50 occupati e un fatturato anno inferiore a 10 milioni di euro. Al di fuori di tale ipotesi, comunque, tale istituto trova applicazione in caso di inadempimento dell’appaltatore, o su richiesta del subappaltatore se la natura del contratto lo consente.
 
Al riguardo, è pienamente condivisibile l’osservazione contenuta nel parere reso dalla VIII Commissione Permanente – Ambiente, territorio e lavori pubblici – della Camera, laddove viene richiesto di valutare l’opportunità di prevede, in caso di sospensione dei pagamenti all’esecutore a causa di inadempimento delle imprese subappaltatrici, i casi in cui non si procede al pagamento diretto come previsto dall’art. 105 del codice dei Contratti pubblici. 
 
L’art. 8 regola poi le modifiche, variazioni e varianti contrattuali, prevedendo, anzitutto, al comma 3,  che il direttore dei lavori risponde delle conseguenze derivanti dall’aver ordinato o lasciato eseguire variazioni o addizioni al progetto senza aver ottenuto regolare autorizzazione, salvo le ipotesi in cui gli interventi siano volti ad evitare danni gravi a persone o cose.
 
Viene ribadita l’impossibilità per l’esecutore di far valere il diritto alla risoluzione del contratto nel caso in cui, in corso di esecuzione, si renda necessaria un aumento o diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto (art. 106, comma 12, D.lgs. 50/2016).
 
Il decreto, tuttavia, non prevede nel testo definitivo, la disciplina - prima contenuta nell’art. 161, comma 13, Dpr 207/2010) – relativa all’ipotesi in cui la variante in corso di esecuzione ecceda il limite del quinto sopraindicato, con la possibilità, e non l’obbligo, per l’esecutore di accettare la prosecuzione dei lavori, con la sottoscrizione dell’atto aggiuntivo.
 
Al comma 7, viene reintrodotta la possibilità per il direttore dei lavori di disporre modifiche di dettaglio non comportanti aumento o diminuzione dell’importo contrattuale, comunicandolo preventivamente al Rup ( cd varianti non varianti).
 
Al comma 8, viene prevista la disciplina delle varianti in diminuzione su proposta dell’esecutore, che devono essere trasmesse dal direttore dei lavori al Rup unitamente al proprio parere, ai fini autorizzatori; varianti che, in ogni caso, non possono alterare in maniera sostanziale il progetto e le categorie di lavori.
 
L’art. 9, innovando completamente rispetto alla previgente disciplina ( artt. 164, 190 1 91 del Dpr. 207/2010), nonché rispetto alle precedenti bozze del decreto stesso, non contiene una disciplina specifica sulle modalità di contestazioni, da parte dell’esecutore, su aspetti tecnici che possono influire sull’esecuzione dei lavori, nonché sulle modalità attraverso cui l’esecutore stesso può esercitare il diritto di iscrivere riserva nei documenti contabili.
 
La disposizione rimanda invece su tali aspetti alla regolamentazione prevista dalla stazione appaltante e riportata nel capitolato d’appalto
 
Tale scelta non appare assolutamente condivisibile, oltreché foriera di possibile aumento di contenzioso su tale aspetto, poiché rimette la regolamentazione di un istituto a carattere generale, che incide direttamente sull’equilibrio contrattuale, alla discrezionalità delle singole stazioni appaltanti, ossia di una delle parti, e non alla legge con disposizioni a carattere generale.
 
Occorre considerare che la c.d. “riserva” assolve il ruolo di strumento di riequilibrio contrattuale, laddove il sinallagma venga ad essere alterato da circostanze e fatti sopravvenuti, non previsti né prevedibili al momento della stipula del contratto.
 
Trattasi quindi di un istituto di fondamentale importanza il quale, oltre a comprendere tutte le richieste e le ragioni giustificatrici idonee ad incidere sul compenso spettante all’imprenditore, assolve anche una funzione a tutela della pubblica amministrazione appaltante, la quale deve poter esercitare prontamente ogni attività necessaria a verificare con esattezza i fatti indicati dall’appaltatore (Cass. civ., Sez. I, 11/03/2011, n. 5871), ma anche conoscere il “quantum” dell’esborso eventualmente necessario per poter prendere tempestivamente le sue decisioni.
 
Istituto quindi che non può essere sottoposto ad una disciplina la cui definizione viene rimessa alla stessa stazione appaltante, che la potrebbe diversificare anche caso per caso.
 
Ciò renderà anzitutto oltremodo gravosa l’ individuazione delle specifiche modalità di esercizio di tale diritto, nonché comporterà tutta una seria di problemi applicativi “a valle” derivanti da una regolamentazione ogni volta diversa e non ispirata alle previsioni generali di fonte primaria.
 
Sono quindi evidenti i rischi di una possibile compressione dei diritti dell’appaltatore.
 
Proprio in ragione di ciò, la legislazione sui lavori pubblici ha sempre contenuto una disciplina rigorosa e dettaglia delle modalità di esercizio del diritto di iscrivere delle riserve, essendo questo un diritto connaturato al rapporto contrattuale.
 
L’art. 12  al comma 2, stabilisce poi che l’esecutore, nel caso di sospensioni totali o parziali dei lavori disposte dalla SA, non possa chiedere il risarcimento danni nelle ipotesi di cui la sospensione sia disposta per circostanze speciali non prevedibili al momento della stipula, ragioni di necessità o pubblico interesse, fra cui l’interruzione di finanziamenti, ovvero per cause imprevedibili o di forza maggiore - art. 107, commi  1, 2 e 4, del codice.
 
Il contratto invece deve contenere una clausola penale nella quale il risarcimento dovuto all’esecutore nel caso di sospensioni totali o parziali disposte per cause diverse da quelle sopraelencate, venga quantificato sulla base dei criteri indicati nel decreto stesso, configurati come limiti massimi di quantificazione del risarcimento. 
 
Al comma 4, viene previsto (riprendendo il dettato dell’art. 159, c. 3, del D.p.r. n. 207/2010) che, laddove l’esecutore ritenga cessate le cause di sospensione dei lavori, riscontrando l’inerzia della PA, debba diffidare il RUP per iscritto a riprendere i lavori e a dare istruzioni al Direttore dei lavori affinché provveda in tal senso. La diffida è condizione necessaria per l’iscrizione di riserva all’atto della ripresa dei lavori, ove l’esecutore intenda far valere l’illegittima maggiore durata della sospensione.
 
Al riguardo, si segnala che tale previsione sembra spostare  di fatto la responsabilità per l’omessa ripresa dei lavori dal Direttore dei lavori all’esecutore, dal momento che la mancata diffida fa decadere dal diritto all’iscrizione delle riserve.
 
Viene previsto infine, al comma 6, la responsabilità per il direttore dei lavori per un’eventuale sospensione illegittima ordinata per circostanze non contemplate dall’art. 107 del Codice, perché non rientrante nei casi eccezionali previsti dalla normativa vigente.
 
Al riguardo si evidenzia che non necessariamente una sospensione illegittima è riconducibile a responsabilità della D.L.
 
Si veda, ad esempio, l’ipotesi di mancata acquisizione di autorizzazioni di Enti terzi, di errato/mancato perfezionamento di procedure espropriative, di tardata approvazione di una perizia di variante da parte dell’organo deliberante dell’Ente committente.
 
In tali casi ulteriori non viene chiarito se la sospensione dei lavori determini comunque una responsabilità del Direttore dei lavori sebbene la stessa sia disposta per cause allo stesso non imputabile. Ove cosi fosse, è evidente che ciò potrebbe indurre lo stesso direttore a non formalizzare la sospensione per non incorrere in responsabilità, con conseguente decorrenza del tempo contrattuale a discapito dell’appaltatore.
 
In conclusione, il Capo regola, in linea con la previgente disciplina del Regolamento 207, la gestione dei sinistri che possono verificarsi nel corso dell’esecuzione dei lavori (art, 11), nonché le funzioni e compiti del DL al termine dei lavori ( art. 12), innovando solo nella misura in cui introduce l’obbligo per il DL di accertare che i documenti tecnici, prove di cantiere e di laboratorio, le certificazioni basate sull’analisi del ciclo di vita del prodotto relative a materiali, lavorazioni e apparecchiature impiantistiche rispondano ai requisiti di cui al piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione.
 
 
CAPO IV : CONTROLLO AMMINISTRATIVO CONTABILE
 
Tale capo, all’art. 14, regola i documenti contabili che devono essere predisposti e tenuti dal Direttore dei lavori.
 
Ora l’articolato si pone in linea di continuità con la previgente disciplina del Regolamento 207, con alcune novità di seguito evidenziate:
 
-       viene introdotto l’obbligo per il DL di trasmettere immediatamente lo stato di avanzamento al Rup, una volta che lo stesso sia stato rilasciato nei termini e nelle modalità indicati nella documentazione di gara e nel contratto di appalto; spetta poi al Rup l’emissione del certificato di pagamento.
-       viene introdotta la possibilità di prevedere un sommario del registro di contabilità che, nel caso di lavori a misura, riporta ciascuna partita e la classifica secondo il rispetto articolo di elenco e di perizia; nel caso di lavori a corpo, il sommaria specifica ogni categoria di lavorazione secondo lo schema di contratto, con indicazione della rispettiva aliquota di incidenza rispetto all’importo contrattuale.
-       nel caso di appalto comprendente lavori da tenere distinti, come nel caso in cui i lavori facciamo capo a fonti diverse di finanziamento, viene previsto che la contabilità comprende tutti i lavori ed è effettuata attraverso distinti documenti contabili, in moda da consentire una gestione separarla dei relativi quadri economici.
-       per i lavori annuali estesi a più esercizi con lo stesso contratto, viene prevista la liquidazione alla fine dei lavori di ciascun esercizio, chiudendone la contabilità e collaudandoli, come appartenenti a tanti lavori fra loro distinti.   
 
Al riguardo, occorre rilevare l’assenza di termini per l’emissione dei documenti quali il certificato di inizio lavori, il certificato di ultimazione lavori, l’emissione dei SAL e dei certificati per il pagamento degli acconti.
 
Quanto ai documenti contabili individuati al comma I, come già evidenziato da Ance in sede di consultazione, si segnala quanto segue:
 
-       Lett. a) Giornale dei lavori
 
Con riferimento alla voce indicata al n. 1) “l’elenco delle provviste fornite dall’esecutore documentate dalle rispettive fatture quietanzate”, non viene precisato, come invece prevedeva il previgente art. 179 del d.p.r. n. 207/2010, se essa si riferisca a tutte le provviste o a quelle che confluiscono nella lista delle economie, chiarendo il riferimento alla produzione delle fatture e, in merito alla contabilizzazione, se si debba fare riferimento a prezzi contrattuali o meno.
 
 
-       Lett. b) Libretti di misura delle lavorazioni e delle provviste
 
Pur essendo riprodotta la disposizione di cui al previgente art186 del Dpr 207/2010, relativo alle lavorazioni e somministrazioni che per la loro natura si giustificano mediante fattura, si rileva il mancato inserimento della previsione secondo cui “Le fatture così verificate e, ove necessario, rettificate, sono pagate all'esecutore, ma non iscritte nei conti se prima non siano state interamente soddisfatte e quietanzate”.
 
-       Lett. c) Registro di contabilità - riserve
 
In via preliminare, si contesta “a priori” la presenza di una norma di rango primario che impedisca di iscrivere riserve su aspetti progettuali validati (art. 205, comma 2) in quanto norma di per sé iniqua e di dubbia legittimità costituzionale.
 
Venendo invece all’analisi ei contenuti del decreto, non è stata ripristinata la previsione di cui all’art. 188 del d.p.r. n. 207/2010, che richiedeva che il registro di contabilità dovesse essere preventivamente numerato in bianco e firmato dal RUP e dall’esecutore; previsioni, questa, che, invece, aveva una importante funzione di garanzia e serviva ad evitare eventuali manipolazioni.
-       Lett. e) Conto finale dei lavori
 
Sul punto, si rileva l’assenza della puntuale esplicazione dei documenti da allegare al conto finale (in luogo del puntuale elenco di cui al comma 2 dell’art.200 del d.p.r. n. 207/2010).
 
L’art. 15, infinedisciplina le modalità di funzionamento degli gli strumenti elettronici di contabilità e contabilità semplificata, prevedendo, in particolare, la possibilità, nel caso di utilizzo di programmi di contabilità computerizzata, di effettuare la compilazione dei libretti delle misure anche attraverso la registrazione delle misure rilevate direttamente in cantiere dal personale incaricato, in apposito brogliaccio ed in contraddittorio con l’esecutore.
 

L’articolo non contiene tuttavia indicazioni specifiche in relazione alla modalità di sottoscrizione dei documenti; nonché non indica chiaramente i requisiti che la contabilità tenuta con software dedicato deve rispettare, per la certezza dei fatti contabili, della data degli accadimenti, dei soggetti redattori, di coloro che li accettano e di coloro che ne devono essere a conoscenza.

In allegato 

DM 49-2018_Linee GuidaDIREZIONE_LAVORI

ANAC: “Forcella” possibile per lavori sopra i 15 milioni di particolare complessità

L’ANAC, con la delibera n. 348 del 5 aprile 2018, è tornata a pronunciarsi  sui presupposti in presenza dei quali la stazione appaltante può utilizzare la facoltà, concessa dall’articolo 91 del D.lgs. 50/2016, di ridurre il numero di candidati che possono essere invitati a presentare offerta (cd “Forcella”).

 
Sul punto, la stessa Autorità si era già espressa con la delibera n. 53 del 1 febbraio 2017 – peraltro, richiamata nel testo del provvedimento in commento -  con cui aveva accolto le ragioni dell’istanza di precontenzioso presentata da ANCE, che contestavano l’utilizzo in via generalizzata dell’istituto della cd forcella.
 
In particolare, l’ANCE, in linea con le previsioni contenute nel citato art. 91, ha ritenuto sussistere, in caso di utilizzo di tale strumento, un obbligo, a carico della stazione appaltante, di motivare in merito al ricorrere dei presupposti di legge, ossia in merito alla particolare difficoltà o complessità dell’opera, della fornitura e del servizio; ciò, logicamente, a tutela della concorrenza e del mercato, dal momento che la riduzione del numero dei candidati rappresenta, comunque, un vulnus al principio di concorrenza e di massima partecipazione.
 
L’ANAC, con la delibera in commento, è tornata a ribadire che spetta alla stazione appaltante motivare in merito all’esistenza del complessità dei lavori per ricorrere allo strumento della cd forcella.
 
Complessità dei lavori che l’ANAC ritiene sussistere al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. oo) del Codice dei contratti, ossia in caso di lavori che presentano le seguenti caratteristiche :
 
1)   importo  superiore ai 15 milioni di euro;
2)  caratterizzati da particolare complessità in relazione alla tipologia delle opere, all'utilizzo di materiali e componenti innovativi, alla esecuzione in luoghi che presentano difficoltà logistiche o particolari problematiche geotecniche, idrauliche, geologiche e ambienta.
 
In assenza di tali requisiti, quindi, è illegittimo limitare il numero di candidati che possono essere invitati a presentare offerta.
 
Fatte tali premesse, l’ANAC ha ritenuto corretto l’operato della stazione appaltante nel caso specifico in quanto ha adeguatamente motivato in merito alla complessità dell’attività da affidare, sia in termini di importo sia con riferimento alle “oggettive difficoltà logistiche derivanti dalla delicatezza delle attività istituzionali svolte contemporaneamente all’interno dei luoghi di esecuzione dei lavori”; nonché in considerazione del numero di operatori che la stazione stessa ha ritenuto di invitare.
 
La scelta di selezionare i candidati da invitare viene, infatti, limitata ai soli casi in cui pervengano un numero di candidature superiore a 15, ossia un numero pari a tre volte in numero minimo contemplato all’art. 91 del Codice.
 
Sono questi due elementi, espressi nel dispositivo finale della libera, che hanno indotto l’ANAC a ritenere non lesiva della concorrenza la scelta della stazione appaltante di avvalersi della forcella.
 
La delibera fa anche un accenno, meramente incidentale, al fatto che la selezione, stante la forcella, sia avvenuta mediante sorteggio.
 
Significativa è la circostanza che l’ANAC sottolinei il carattere residuale del sorteggio, dal momento che è stato previsto negli atti di gara solo qualora il numero delle candidature sia superiore al numero minimo previsto dal bando, pari a 15, e che, peraltro, ciò sia possibile solo in quanto tale numero è pari a tre volte il numero minimo contemplato all’art. 91 del Codice.
 
Ciò premesso, il sorteggio resta una prassi che svilisce la qualificazione delle imprese. Infatti, tale meccanismo non rappresenta affatto quel criterio di selezione oggettivo proporzionale e non discriminatorio che la norma sulla forcella richiederebbe ai fini del suo legittimo esercizio: in particolare, il sorteggio è una “non scelta”, più che una scelta oggettiva.
 

Consiglio di Stato: arriva l’ok al Regolamento che disciplina il potere Anac di ricorrere in giudizi

Superato il vaglio del Consiglio di Stato, spetterà all’ANAC dare attuazione allo schema di Regolamento che - in luogo delle raccomandazioni vincolanti, previste nel primo testo del Codice dei contratti - attribuisce alla stessa Autorità un potere di agire in giudizio, a tutela dell’interesse pubblico generale, in via diretta ovvero previo parere motivato, cui la stazione appaltante non si sia conformata.
 
È quanto emerge dal parere positivo espresso dall’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato datato 4 aprile u.s., in merito allo schema di Regolamento sull’esercizio dei poteri attribuiti all’Autorità dai commi 1- bis e 1- ter dell’art. 211 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
 
A tale proposito si ricorda che il comma 1 - bis del predetto articolo dispone che “ L’ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora … violino le norme in materia di contratti pubblici … ”, mentre il comma 1- ter stabilisce che “L’ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni … emette, … un parere motivato nel quale indica … i vizi di legittimità riscontrati …; se la stazione appaltante non vi si conforma …, l’ANAC può presentare ricorso ”.
 
Si tratta di un istituto sostanzialmente analogo a quello che consente all’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato di agire in giudizio – per quanto di competenza - contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica (art. 21–bis, l. n. 287/1990).
 
A tale proposito, il Consiglio di Stato ritiene che i suddetti poteri dell’ANAC, riformulati con il cd. decreto correttivo al Codice, d.lgs. 56/2017, super         ino le criticità del precedente testo in cui era previsto un potere di raccomandazione vincolante dell’ANAC; “ciò, anche in considerazione del fatto che è la stessa legge ad attribuire all’Autorità il potere di agire in giudizio”.
 
Il Consiglio di Stato, in particolare, nei precedenti pareri aveva messo chiaramente in rilievo molteplici aspetti critici e di dubbia legittimità della prima formulazione dell’art. 211 del codice che si riflettevano sul relativo Regolamento ANAC (vedi rispettivamente il parere n. 855 del 2016, espresso sullo schema di Codice ed il parere n. 2777 del 2016, sullo schema di regolamento ANAC sull'esercizio del potere di vigilanza).
 
Sotto questo profilo la bozza Regolamento in ultimo analizzata dal Consiglio di Stato, tiene conto del fatto che la legittimazione straordinaria dell’Autorità ad agire in giudizio trova giustificazione nella funzione (vigilanza e controllo sugli appalti pubblici) che le è stata assegnata dalla legge.
 
Si tratta di una funzione cui corrispondono anche doveri ed obblighi, quali quelli, appunto, di agire in giudizio nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge e conformati dal Regolamento in esame, fermo restando il dovere di motivare la relativa decisione.
 
Per completezza, si evidenzia che lo schema di regolamento sul quale la Commissione Speciale del Consiglio di Stato si è pronunciata, tra l’altro, individua: le fattispecie che legittimano il ricorso ai poteri speciali dell’ANAC (artt. 3 e 6); l’elenco degli atti impugnabili (artt. 4 e 7); le modalità attraverso le quali l'Autorità può agire in giudizio direttamente, previa verifica della sussistenza del “rilevante impatto” del contratto (art. 5); l'iter procedimentale che l'Autorità è tenuta ad osservare per promuovere l'azione (artt. da 8 a 10); le disposizioni in ordine all’acquisizione della notizia della violazione (artt. 11 e 12); l’accesso ai documenti formati dall’Autorità e pubblicità dei ricorsi proposti dall’ANAC (artt. 14 e 15).
 
1 allegato

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Illecito professionale: le ultime novità in una sentenza del CGA per la regione siciliana

È stata pubblicata la sentenza del C.g.a. 30 aprile 2018, n. 252 in tema di illecito professionale.
 
In particolare, con la decisione in commento, il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana afferma che la contestazione in giudizio di una risoluzione contrattuale per inadempimento non è sufficiente a porre l’impresa al riparo, per tutta per tutta la durata del processo, dal rischio di esclusioni da gare d’appalto previsto dall'art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016.
 
Si allega il testo della sentenza.
 
1 allegato

CGA 252_2018

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