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IVA e fideiussione per la rata di saldo negli appalti pubblici – Orientamento ANCE

L'importo della fideiussione relativa alla rata di saldo, richiesta negli appalti pubblici, deve essere commisurato al solo corrispettivo, con esclusione dell'IVA.
Il medesimo principio vale anche nell'ipotesi di fideiussione in presenza di fatture emesse dal 1° gennaio 2015 in regime di scissione dei pagamenti (cd. "split payment" - art.17-ter, del D.P.R. 633/1972).
Questo l'orientamento dell'ANCE in risposta ad istanze specifiche, pervenute dalle rete associativa, sulle modalità di determinazione dell'importo relativo alla fideiussione dovuta dall'appaltatore per la corretta esecuzione dei lavori, a garanzia della rata di saldo che questi deve ricevere dal committente in fase di collaudo provvisorio dell'opera.
L'ANCE giunge a tali conclusioni alla luce della normativa in tema di appalti pubblici, riferita alle garanzie correlate all'esatto adempimento contrattuale, cui è tenuto l'appaltatore ai fini dell'ottenimento del corrispettivo da parte della Stazione appaltante.
In tal senso, l'art.124, co.3, del D.P.R. 207/2010[1] stabilisce che, ai fini del pagamento a saldo per i lavori eseguiti in fase di collaudo provvisorio, l'appaltatore deve prestare un'idonea garanzia fideiussoria, bancaria o assicurativa.
L'ammontare della predetta garanzia si assume pari alla rata di saldo, aumentata degli interessi legali maturati nel periodo intercorrente tra la data di emissione del certificato di collaudo provvisorio e la data nella quale il collaudo diviene definitivo, secondo le disposizioni previste nel "codice dei contratti pubblici" (art.141, co.3, del D.Lgs. 163/2006).
Tenuto conto che il saldo viene anticipato già al collaudo provvisorio dell'opera, la garanzia tutela la Stazione appaltante per gli eventuali vizi della stessa che dovessero presentarsi fino al collaudo definitivo (ossia, in linea generale, decorsi due anni dall'emissione del certificato di collaudo provvisorio, come previsto dal citato art.141 co.3).
Sotto il profilo fiscale, la norma sopracitata non specifica se nella garanzia debba essere incluso anche l'importo dell'IVA.
In assenza di chiarimenti specifici sul punto, si ritiene mutuabile quanto stabilito dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (ex AVCP, ora Autorità nazionale anticorruzione - ANAC), con riferimento all'art.113 del "codice dei contratti pubblici", che disciplina la cd. "cauzione definitiva", ossia la garanzia fideiussoria che l'esecutore del contratto deve prestare, al momento dell'aggiudicazione, in misura pari al 10% dell'importo contrattuale.
Sul tema, con la Determinazione 11 settembre 2007, n.7, il predetto organismo ha chiarito che l'IVA deve essere esclusa dal computo dell'importo relativo alla fideiussione, sul presupposto che l'imposta non è parte dell'importo contrattuale, avendo questa un carattere accessorio e variabile rispetto al corrispettivo.
Il suddetto orientamento appare condivisibile, in considerazione del fatto che, da un punto di vista esclusivamente contrattuale, è il solo corrispettivo, e non anche l'IVA, che remunera l'esecutore dei lavori per la prestazione eseguita, tenuto conto che l'imposta sul valore aggiunto indicata in fattura costituisce, per l'appaltatore, una mera movimentazione finanziaria (cd. "principio di neutralità dell'IVA").
Infatti, l'ammontare dell'imposta versata dal committente insieme al corrispettivo perviene solo temporaneamente nella disponibilità dell'appaltatore, dovendo da questi essere versata all'Erario.
Al riguardo, si ritiene che quanto espresso dall'ex AVCP relativamente alla cauzione definitiva possa assurgere a principio di carattere generale, applicabile, quindi, anche alla fideiussione commisurata alla rata di saldo, sul presupposto che entrambe le citate garanzie sottendono alla medesima finalità di tutelare la Stazione appaltante da eventuali difformità e vizi delle opere rispetto a quanto stabilito nel contratto.
Tale circostanza risulta ancor più evidente per le fatture emesse dal 1° gennaio 2015 in regime di scissione dei pagamenti (cd. "split payment")[2].
Come noto, il predetto regime della scissione dei pagamenti (nuovo art.17-ter del D.P.R. 633/1972), introdotto dalla legge di Stabilità 2015 (legge 190/2014), comporta l'obbligo, a carico delle Pubbliche Amministrazioni, del versamento dell'IVA relativa alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle stesse[3].
E', quindi, palese che l'importo della fideiussione non possa comprendere un ammontare che, di fatto, non viene più corrisposto all'esecutore dei lavori, ma versato direttamente dalla Stazione appaltante all'Erario.
Peraltro, tale principio può essere desunto anche dai chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate con la Circolare n.15/E del 13 aprile 2015, nella quale sono state prese in considerazione alcune delle fattispecie relative alla disciplina dei pagamenti delle P.A. sulle quali il nuovo meccanismo dello "split payment" produce effetti[4].
A titolo esemplificativo, si fa riferimento a quanto espresso dall'Agenzia delle Entrate sia nell'ambito della disciplina dei pagamenti superiori a 10.000 euro (art.48-bis del D.P.R. 602/1973)[5], sia per quel che riguarda il DURC negativo[6].
In entrambi i casi, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che l'importo su cui devono essere effettuate le verifiche (sia ai fini dell'art.48-bis, che del DURC negativo) coincide con il corrispettivo risultante in fattura, al netto dell'IVA, proprio in virtù del fatto che l'imposta non viene più corrisposta all'appaltatore.
Pertanto, in base alle considerazioni che precedono, si è dell'avviso che, in assenza di chiarimenti specifici, le citate precisazioni possano essere mutuate anche per gli importi da determinare ai fini della fideiussione sulla rata di saldo, con la conseguenza che questi debbano essere commisurati al solo corrispettivo, con esclusione dell'IVA.
[1] Si tratta del Regolamento di attuazione del D.Lgs. 163/2006 - cd. "codice dei contratti pubblici".
[2]Cfr., da ultimo, ANCE "Split payment – Approvazione definitiva ECOFIN" - ID n.21345 del 14 luglio 2015.
[3]Per completezza, si precisa che il meccanismo dello "split payment" si applica sia sulle variazioni in aumento operate dal 1° gennaio 2015 relative a fatture originarie emesse sia prima che dopo il 1° gennaio 2015, sia sulle variazioni in diminuzione, relative a fatture originariamente emesse prima del 1° gennaio 2015, qualora l'impresa abbia già adattato il proprio sistema di contabilità IVA.
[4] Cfr. ANCE "Split Payment – CM 15/E/2015 e il punto sui chiarimenti dell'AdE" - ID n.20122 del 15 aprile 2015.
[5] In base a tale disposizione, le Pubbliche Amministrazioni (e le società a prevalente partecipazione pubblica) possono sospendere i pagamenti, per importi superiori a 10.000 euro, nell'ipotesi in cui il beneficiario risulti inadempiente rispetto all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle esattoriali, per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo.
[6] Come noto, gli artt. 4 e 6 del D.P.R. 207/2010, prevedono che prima di effettuare pagamenti a favore dei propri fornitori le PA provvedano a richiedere il DURC e, in presenza di irregolarità, attivino il c.d. " intervento sostitutivo" che consiste nel pagare l'importo dovuto direttamente all'istituto previdenziale o assicurativo creditore.

Chiusura estiva.

Si comunica che gli Uffici di ANCE Agrigento rimarranno chiusi, per ferie, dal 10 al 21 agosto 2015.

Compensazione crediti P.A. e cartelle di pagamento – D.M. 13 luglio 2015

Compensazione crediti P.A. e cartelle esattoriali - Regole per il 2015 - D.M. 13 luglio 2015. Si rimanda alla lettura della circolare n.57 pubblicata nell'area riservata.

Split payment – Approvazione definitiva ECOFIN

Il Consiglio ECOFIN di oggi ha approvato definitivamente l'applicazione, in Italia, del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd "split payment"), in base al quale, in caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi rese a favore di determinate pubbliche amministrazioni, l'IVA deve essere da queste versata direttamente all'Erario.

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Sono stati, quindi, accolti i principali contenuti della Proposta della Commissione UE[1] in base alla quale:

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· l'autorizzazione ha carattere temporaneo, per una durata triennale (1° gennaio 2015- 31 dicembre 2017) non rinnovabile.

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· decorsi 18 mesi dall'adozione del meccanismo, lo Stato italiano deve presentare alla Commissione UE un rapporto sui tempi di rimborso del credito IVA generato dall'applicazione dello "split payment",

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· la Commissione, anche in base al suddetto rapporto, sorveglierà attentamente la tempistica dei rimborsi IVA in Italia.

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Al di là dell'esito della procedura autorizzativa, l'ANCE continuerà comunque ad evidenziare, anche in sede europea, le gravi criticità legate all'estrema lentezza del sistema italiano di rimborso dei crediti IVA vantati dalle imprese ed amplificati dallo "split payment".

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Occorre, quindi, un'accelerazione dei rimborsi IVA, tenuto conto che, ad oggi, i tempi di restituzione dell'imposta sono superiori ai dodici mesi, con una perdita di risorse, per il settore delle costruzioni, pari a 1,3 miliardi di euro l'anno.

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Il Consiglio ECOFIN di oggi ha approvato definitivamente l'applicazione, in Italia, del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd "split payment"), in base al quale, in caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi rese a favore di determinate pubbliche amministrazioni, l'IVA deve essere da queste versata direttamente all'Erario.

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Sono stati, quindi, accolti i principali contenuti della Proposta della Commissione UE[1] in base alla quale:

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· l'autorizzazione ha carattere temporaneo, per una durata triennale (1° gennaio 2015- 31 dicembre 2017) non rinnovabile.

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· decorsi 18 mesi dall'adozione del meccanismo, lo Stato italiano deve presentare alla Commissione UE un rapporto sui tempi di rimborso del credito IVA generato dall'applicazione dello "split payment",

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· la Commissione, anche in base al suddetto rapporto, sorveglierà attentamente la tempistica dei rimborsi IVA in Italia.

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Al di là dell'esito della procedura autorizzativa, l'ANCE continuerà comunque ad evidenziare, anche in sede europea, le gravi criticità legate all'estrema lentezza del sistema italiano di rimborso dei crediti IVA vantati dalle imprese ed amplificati dallo "split payment".

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Occorre, quindi, un'accelerazione dei rimborsi IVA, tenuto conto che, ad oggi, i tempi di restituzione dell'imposta sono superiori ai dodici mesi, con una perdita di risorse, per il settore delle costruzioni, pari a 1,3 miliardi di euro l'anno.

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Il Consiglio ECOFIN di oggi ha approvato definitivamente l'applicazione, in Italia, del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd "split payment"), in base al quale, in caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi rese a favore di determinate pubbliche amministrazioni, l'IVA deve essere da queste versata direttamente all'Erario.

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Sono stati, quindi, accolti i principali contenuti della Proposta della Commissione UE[1] in base alla quale:

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· l'autorizzazione ha carattere temporaneo, per una durata triennale (1° gennaio 2015- 31 dicembre 2017) non rinnovabile.

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· decorsi 18 mesi dall'adozione del meccanismo, lo Stato italiano deve presentare alla Commissione UE un rapporto sui tempi di rimborso del credito IVA generato dall'applicazione dello "split payment",

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· la Commissione, anche in base al suddetto rapporto, sorveglierà attentamente la tempistica dei rimborsi IVA in Italia.

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Al di là dell'esito della procedura autorizzativa, l'ANCE continuerà comunque ad evidenziare, anche in sede europea, le gravi criticità legate all'estrema lentezza del sistema italiano di rimborso dei crediti IVA vantati dalle imprese ed amplificati dallo "split payment".

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Occorre, quindi, un'accelerazione dei rimborsi IVA, tenuto conto che, ad oggi, i tempi di restituzione dell'imposta sono superiori ai dodici mesi, con una perdita di risorse, per il settore delle costruzioni, pari a 1,3 miliardi di euro l'anno.

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Il Consiglio ECOFIN di oggi ha approvato definitivamente l'applicazione, in Italia, del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd "split payment"), in base al quale, in caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi rese a favore di determinate pubbliche amministrazioni, l'IVA deve essere da queste versata direttamente all'Erario.

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Sono stati, quindi, accolti i principali contenuti della Proposta della Commissione UE[1] in base alla quale:

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· l'autorizzazione ha carattere temporaneo, per una durata triennale (1° gennaio 2015- 31 dicembre 2017) non rinnovabile.

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· decorsi 18 mesi dall'adozione del meccanismo, lo Stato italiano deve presentare alla Commissione UE un rapporto sui tempi di rimborso del credito IVA generato dall'applicazione dello "split payment",

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· la Commissione, anche in base al suddetto rapporto, sorveglierà attentamente la tempistica dei rimborsi IVA in Italia.

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Al di là dell'esito della procedura autorizzativa, l'ANCE continuerà comunque ad evidenziare, anche in sede europea, le gravi criticità legate all'estrema lentezza del sistema italiano di rimborso dei crediti IVA vantati dalle imprese ed amplificati dallo "split payment".

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Occorre, quindi, un'accelerazione dei rimborsi IVA, tenuto conto che, ad oggi, i tempi di restituzione dell'imposta sono superiori ai dodici mesi, con una perdita di risorse, per il settore delle costruzioni, pari a 1,3 miliardi di euro l'anno.

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Il Consiglio ECOFIN di oggi ha approvato definitivamente l'applicazione, in Italia, del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd "split payment"), in base al quale, in caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi rese a favore di determinate pubbliche amministrazioni, l'IVA deve essere da queste versata direttamente all'Erario.

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Sono stati, quindi, accolti i principali contenuti della Proposta della Commissione UE[1] in base alla quale:

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· l'autorizzazione ha carattere temporaneo, per una durata triennale (1° gennaio 2015- 31 dicembre 2017) non rinnovabile.

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· decorsi 18 mesi dall'adozione del meccanismo, lo Stato italiano deve presentare alla Commissione UE un rapporto sui tempi di rimborso del credito IVA generato dall'applicazione dello "split payment",

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· la Commissione, anche in base al suddetto rapporto, sorveglierà attentamente la tempistica dei rimborsi IVA in Italia.

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Al di là dell'esito della procedura autorizzativa, l'ANCE continuerà comunque ad evidenziare, anche in sede europea, le gravi criticità legate all'estrema lentezza del sistema italiano di rimborso dei crediti IVA vantati dalle imprese ed amplificati dallo "split payment".

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Occorre, quindi, un'accelerazione dei rimborsi IVA, tenuto conto che, ad oggi, i tempi di restituzione dell'imposta sono superiori ai dodici mesi, con una perdita di risorse, per il settore delle costruzioni, pari a 1,3 miliardi di euro l'anno.

Detrazione per le ristrutturazioni edilizie - Termini di accertamento

I termini per le verifiche fiscali relative all'applicabilità della detrazione IRPEF per le ristrutturazioni edilizie decorrono dall'anno di presentazione della dichiarazione riferita al periodo d'imposta nel quale sono state sostenute le spese agevolabili.
Queste le conclusioni a cui giunge la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con la Sentenza n.2597 del 16 aprile 2015, che si è pronunciata in merito alle tempistiche di effettuazione degli accertamenti ai fini della detrazione IRPEF per le ristrutturazioni edilizie[1].
Nel caso di specie, le spese erano state sostenute nel 2002 e 2003, ed indicate nelle dichiarazioni presentate, rispettivamente, nel 2003 e 2004.
Gli Uffici avevano notificato gli avvisi di accertamento nel 2011 (cd. "controllo formale") e 2012 (cd. "controllo sostanziale"), con riferimento al periodo d'imposta 2007, nel quale erano state riportate le corrispondenti rate di detrazione relative alle spese sostenute.
Come noto, le verifiche fiscali relative alle imposte sui redditi sono disciplinate dal D.P.R. 600/1973, il quale:
- all'art.36-ter, co.1, stabilisce che il "controllo formale delle dichiarazioni" deve essere esercitato «entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione»;
- all'art.43, co.1, prevede che gli «avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione» (cd. "controllo sostanziale delle dichiarazioni")[2].
Richiamando le predette disposizioni, la CTR Lombardia, nella Sentenza n.2597/2015 stabilisce che i termini di decadenza per i controlli relativi alla corretta applicabilità dell'agevolazione decorrono dall'anno di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta nel quale sono state sostenute le spese per gli interventi di recupero.
Viene chiarito, quindi, che è illegittimo far decorrere i predetti termini da ciascuna delle ulteriori dichiarazioni, riferite ai periodi d'imposta successivi, nelle quali vengono comunque indicate le corrispondenti quote di detrazione, in base al meccanismo di funzionamento del beneficio.
Come noto, infatti, la detrazione viene utilizzata obbligatoriamente in dieci rate annuali di pari importo, a partire dalla dichiarazione relativa al periodo d'imposta di sostenimento della spesa (e per i nove periodi d'imposta successivi).
A tal riguardo, i giudici hanno precisato che, ai fini dell'accertamento, le quote di detrazione indicate anno per anno sono sempre riconducibili alla dichiarazione relativa al periodo d'imposta nel quale la spesa è stata sostenuta[3].
Pertanto, il prolungamento dei termini per i controlli ai fini del suddetto beneficio, se calcolati a partire dalle dichiarazioni relative ai periodi d'imposta successivi a quello in cui la spesa è stata sostenuta, produce sia «un'indebita estensione temporale del potere di controllo dell'Agenzia», sia una disparità di trattamento tra i soggetti che hanno optato per le diverse modalità di ripartizione della detrazione (3, 5, o 10 quote annuali)[4].
Sulla base di tali considerazioni, quindi, nel caso di specie i giudici hanno confermato la decadenza di un accertamento avente ad oggetto il periodo d'imposta 2007, il cui avviso era stato notificato nel 2012, ossia oltre il quarto anno successivo alla presentazione della dichiarazione che indicava il sostenimento della spesa agevolabile (presentata nel 2003)[5].
In conclusione, attualizzando il principio stabilito nella citata sentenza n.2597/2015 della CTR Lombardia, nell'ipotesi di spese per interventi di recupero edilizio sostenute nel 2015, ed indicate nella dichiarazione dei redditi 2016, l'avviso di accertamento (cd. "controllo sostanziale") relativo al 2015 può essere notificato entro e non oltre il 31 dicembre 2020.
Si ritiene che il medesimo principio possa valere anche ai fini dell'applicabilità della detrazione IRPEF/IRES del 65% per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, applicabile per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2015, stante l'analogia nelle modalità applicative con la detrazione per il recupero edilizio, specie sotto il profilo della ripartizione in quote del beneficio[6].
Sempre con riferimento alla detrazione del 65%, si segnala, infine, che, con la sentenza n.2549 del 18 maggio 2015, la stessa CTR Lombardia ha stabilito che l'agevolazione deve essere riconosciuta anche sui fabbricati locati dalle società, tenuto conto che la normativa che disciplina il bonus non prevede alcuna preclusione in tal senso[7].
Tale pronuncia si pone in linea con l'orientamento dell'ANCE in materia, che ha da sempre espresso parere contrario rispetto alla posizione dell'Agenzia delle Entrate, la quale ha escluso l'applicabilità del beneficio per gli immobili locati dalle società (cfr. R.M. 340/E/2008)[8].
[1] Il beneficio è previsto, a regime, ai sensi dell'art.16-bis del D.P.R. 917/1986 – TUIR (nella misura pari al 36% delle spese sostenute, nel limite massimo di 48.000 euro per unità immobiliare).
Per completezza, si ricorda che la detrazione è applicabile, per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2015, nella misura "potenziata" del 50%, nel limite massimo di 96.000 euro per unità immobiliare (cfr. art.1, co.47-48, della legge 190/2014 – legge di Stabilità 2015 - Cfr. ANCE "Bonus per il recupero e la riqualificazione energetica degli edifici: le novità per il 2015" - ID n.18876 del 9 gennaio 2015).
[2] Si ricorda che viene stabilita una tempistica analoga anche con riferimento alle cartelle di pagamento derivanti dai controlli formali sulle dichiarazioni dei redditi (art.36-ter D.P.R. 600/1973), che devono essere notificate dall'Agente della riscossione, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ai sensi dell'art.25, co.1, lett.b, del D.P.R. 602/1973).
[3] Ad esempio, per spese sostenute nel 2002, la prima quota di detrazione viene fruita nella dichiarazione 2003 e le altre rate vengono sì suddivise nelle ulteriori dichiarazioni, fermo restando che tali quote continuano tutte a riferirsi al periodo d'imposta originario, nel quale la spesa è stata sostenuta (ossia al 2002).
[4] In base a quanto previsto ai sensi della previgente disciplina della detrazione del 36%, che, per le spese sostenute fino al 2011, ha consentito, ai soggetti di età superiore a 75 o ad 80 anni, di scegliere di ripartire la detrazione in 3 o 5 quote annuali di pari importo. Dal 1° gennaio 2012, la detrazione deve essere obbligatoriamente ripartita in 10 quote annuali.
[5] Per completezza, si ricorda che l'accertamento riguardava il cd. "controllo sostanziale della dichiarazione", ai sensi dell'art.43 del D.P.R. 600/1973, in esito ad un precedente controllo formale della medesima, notificato nel 2011 (anch'esso peraltro eseguito oltre il termine di decadenza, fissato in due anni dalla dichiarazione originaria).
[6]Cfr. l'art.1, co.47, della legge 190/2014 – legge di Stabilità 2015.
[7] Cfr. l'art.1, co.344-347, della legge 296/2006 e successive modificazioni e le sentenze delle CTP Varese n.94/2013, CTP Lecco n.54/2013 e CTP Como n.109/2012.
[8]Cfr. ANCE "Detrazione del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici – Esclusione degli immobili locati da parte delle imprese" – ID n.1347 del 4 agosto 2008.

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2 allegati

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Sentenza n. 2597 del 16 aprile 2015
Sentenza n. 2549 del 18 maggio 2015

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