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ANAC: senza soccorso istruttorio non c’è sanzione

La sanzione pecuniaria individuata negli atti di gara è comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio; diversamente, in caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, invece, la stazione appaltante procederà alla semplice esclusione del concorrente dalla gara.

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E' quanto ribadito in un recente parere, che conferma la posizione dell'A.N.AC., Autorità Nazionale Anticorruzione, sul pagamento della sanzione prevista dal nuovo "soccorso istruttorio", cosi come disciplinato dal comma 2-bis dell' art. 38 del Codice dei contratti pubblici (in vigore dal 25 giugno 2014 e introdotto dall'art. 39, DL 90/2014, il cd. "Decreto Sviluppo", convertito con integrazioni dalla L. 114/2014, in vigore dal 19 agosto 2014).

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Come noto, il nuovo soccorso istruttorio amplia l'applicazione del precedente istituto a fattispecie prima non contemplate; ciò, tuttavia, introducendo l'obbligo del pagamento di una sanzione a carico del concorrente che è incorso in una irregolarità essenziale delle dichiarazioni.

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La necessità dell'A.N.AC. di ritornare sul nuovo soccorso istruttorio, dopo la determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 e i successivi comunicati del Presidente, muovono dalla richiesta avanzata dall'Autorità Portuale di Ancona, la quale ha chiesto di ottenere un parere sulla corretta applicazione della sanzione pecuniaria prevista dal bando di gara nel caso di presentazione di cauzione provvisoria deficitaria e successiva richiesta di regolarizzazione, a fronte della quale l'operatore economico decideva di accettare l'esclusione dalla gara senza avvalersi del soccorso istruttorio.

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Sul punto, l'ANAC rimane coerente con la posizione espressa sia nella determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 sia nel Comunicato del Presidente del 25 marzo 2015, ribadendo che, "in caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, la stazione appaltante procede all'esclusione del concorrente dalla gara. La sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata solo nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio".

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Pertanto, laddove il concorrente non provveda alla regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, la stazione appaltante procede all'esclusione del concorrente dalla gara. Di contro, la sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata solo nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio.

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Nello stesso parere, è confermata la motivazione espressa nel citato Comunicato del Presidente, e cioè «la lettura fornita dall'Autorità si è imposta come doverosa sia per evitare eccessive ed immotivate vessazioni delle imprese sia in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario, che impone di interpretare la normativa interna in modo conforme a quella comunitaria anche in corso di recepimento».

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Da notare che il parere è coerente con quanto affermato dall'ANAC poco più di un anno fa. Infatti, già prima dell'avvento del nuovo soccorso istruttorio, la stessa Autorità aveva osservato che l'offerta presentata senza la garanzia ovvero con una garanzia sprovvista degli elementi di cui all'art. 75, comma 4 del Codice, era da ritenere carente di un elemento essenziale e, per ciò stesso, non ammissibile (parere ANAC n. 94 del 7 maggio 2014 e determinazione AVCP n. 4/2012).

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Laddove, invece, la cauzione provvisoria fosse stata di importo deficitario, era possibile l'esercizio del soccorso istruttorio, volto a fare integrare la garanzia; ciò in coerenza con i principi generali che presiedono l'applicazione dell'art. 46, comma 1, del Codice dei contratti in tema di integrazione documentale, ammissibile solo ove non incida sulla parità di trattamento tra i concorrenti e, quindi, in ipotesi di evidente errore formale.

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Questa linea interpretativa è stata poi confermata nella citata determinazione n. 1/2015, laddove la stessa Autorità chiarisce che il nuovo comma 1-ter dell'art. 46 del Codice, sembra ammettere la sanatoria anche con riferimento ad ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità riferita alla cauzione provvisoria, a condizione che quest'ultima sia stata già costituita alla data di presentazione dell'offerta e rispetti la previsione di cui all'art. 75, comma 5 del Codice, vale a dire decorra da tale data.

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Diversamente, sarebbe alterata la parità di trattamento tra i concorrenti.

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Sotto questo aspetto, è stato, tuttavia, osservato dalla giurisprudenza favorevole ad una completa sanabilità della cauzione provvisoria che, qualora ciò fosse sempre ammesso, non potrebbe neppure parlarsi di una violazione del canone della par condicio dei concorrenti (TAR Roma, Sez. III, 10 giugno 2015 n. 8143).

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1 allegato

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parere.prec_.-155.2015-ANAC

Bollettino degli Appalti della Regione Sicilia n.44

In allegato nell'area riservata sezione documenti è stato pubblicato il Bollettino degli Appalti della Regione Sicilia n.44 del 2 novembre 2015.

Demolizione e ricostruzione di fabbricati– Effetti su detrazioni (50% - 65%) ed IVA

L'ANCE fornisce un riepilogo sull'applicabilità delle detrazioni per il recupero edilizio (detrazione IRPEF del 50%), la riqualificazione energetica (detrazione IRPEF/IRES del 65%) e dell'IVA nell'ipotesi di interventi di demolizione e ricostruzione, alla luce della definizione urbanistica di "ristrutturazione edilizia" fornita dall'art.3, co.1, lett.d, del D.P.R. 380/2001 (cd. "Testo unico dell'edilizia")[1].

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In merito, si ricorda, infatti, che nella nozione di "ristrutturazione edilizia" rientrano, tra gli altri, anche gli interventi consistenti nella «demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria»[2].

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In sostanza, nell'ambito di lavori di demolizione e ricostruzione, non viene più richiesto il mantenimento della sagoma originaria dell'edificio, ferma restando la qualifica dell'intervento come "ristrutturazione edilizia" in costanza di volumetria[3].

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La citata disciplina urbanistica si riflette, sotto il profilo fiscale, sia sul regime applicabile ai fini delle detrazioni "potenziate" per il recupero (cd. "50%") e l'efficientamento energetico (cd. "65%") degli immobili, sia sull'aliquota IVA applicabile agli interventi edilizi di demolizione e ricostruzione.

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Infatti, entrambe le detrazioni si applicano agli interventi eseguiti su "edifici esistenti" ("ristrutturazione"), mentre sono escluse per i lavori di "nuova costruzione".

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Ciò premesso, si riepiloga il regime di applicabilità delle detrazioni fiscali e dell'IVA a seconda della tipologia di interventi eseguiti (demolizione e ricostruzione con o senza aumento di volumetria e ristrutturazione senza demolizione):
demolizione e ricostruzione con modifica, o meno, della sagoma e con stessa volumetria
In tale ipotesi, trattandosi di "ristrutturazione edilizia", vengono riconosciute sia le detrazioni per il recupero e la riqualificazione energetica (rispettivamente, detrazione IRPEF del 50% e detrazione IRPEF/IRES del 65%)[4], sia l'IVA con l'aliquota ridotta del 10%[5].

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Per completezza, si ricorda che le predette agevolazioni operano anche se, nella fase di ricostruzione, il fabbricato venisse spostato lievemente rispetto all'area di sedime originaria (cfr. la risposta del MEF all'interrogazione parlamentare n.5-01866 del 22 gennaio 2014)[6];
demolizione e ricostruzione con modifica, o meno, della sagoma e aumento di volumetria
In tal caso, l'ampliamento della volumetria preesistente qualifica l'intervento come "nuova costruzione", con la conseguenza che i bonus per il recupero edilizio e la riqualificazione energetica sono esclusi.

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Per quel che riguarda, invece, l'applicabilità dell'aliquota IVA, questa si differenza a seconda della tipologia del nuovo fabbricato (per le abitazioni non di lusso aliquota del 10%, con riduzione al 4% in caso di "prima casa"[7], mentre per tutti gli altri fabbricati, aliquota ordinaria del 22%);
ristrutturazione con aumento di volumetria senza demolizione
Nell'ipotesi in cui, invece, la ristrutturazione avvenga senza demolizione dell'edificio esistente e con ampliamento dello stesso, le detrazioni del 50% e del 65% competono «solo per le spese riferibili alla parte esistente in quanto l'ampliamento configura, comunque, una "nuova costruzione"» (cfr. R.M. 4/E/2011)[8].

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A tal fine, le spese di ristrutturazione (detraibili – fatture e bonifico) devono essere tenute distinte rispetto a quelle relative all'ampliamento (non detraibili).

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Si ricorda che, per quanto riguarda la detrazione relativa al risparmio energetico, l'Agenzia delle Entrate, con la C.M. 39/E/2010 ha chiarito che:

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- restano, comunque, esclusi dal beneficio gli interventi di "riqualificazione energetica globale"[9], in quanto, per questi, l'agevolazione è subordinata al rispetto di determinati valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo, da calcolarsi con riferimento all'intero edificio, comprensivo, quindi, anche della porzione ottenuta dall'ampliamento;

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- di contro, possono ritenersi agevolati gli altri interventi energetici, per i quali la detrazione è subordinata alle caratteristiche tecniche dei singoli elementi costruttivi o dei singoli impianti.

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Resta fermo che qualora, con tali interventi, siano realizzati impianti a servizio dell'intero edificio (ivi compresa anche la parte ampliata), occorre individuare le spese riferibili alla porzione esistente del fabbricato, mediante un criterio di ripartizione proporzionale, basato sulle quote millesimali (cfr. anche C.M. 21/E/2010).

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In ogni caso, trattandosi di "nuova costruzione", l'IVA si rende applicabile con le aliquote previste per tale intervento edilizio, come sopra illustrato.

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Si evidenzia, infine, che le agevolazioni "potenziate" per il recupero e la riqualificazione energetica, attualmente applicabili per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2015, dovrebbero essere prorogate anche per il 2016 dalla legge di Stabilità, che nei prossimi giorni inizierà il suo iter al Senato.

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[1] D.P.R. 6 giugno 2001, n.380 ("Testo unico dell'edilizia")
art. 3 - Definizioni degli interventi edilizi
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:
(omissis)
d) "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente;
(omissis)
[2] Come noto, la modifica nella citata nozione urbanistica, operante dal 21 agosto 2013, è intervenuta ad opera dell'art. 30, co.1, lett.a, del D.L. 69/2013, convertito, con modificazioni, nella legge 98/2013 (cd. "Decreto Fare"). Cfr. anche ANCE "Nuova nozione di ristrutturazione – Effetti su detrazioni (65%-50%) ed IVA" - ID n.14466 del 14 gennaio 2014.
[3]Fino al 20 agosto 2013, invece, la demolizione e ricostruzione di un immobile veniva considerata come "ristrutturazione edilizia" nella sola ipotesi in cui, oltre alla volumetria, rimanesse invariata anche la sagoma del fabbricato (cd. "ricostruzione fedele").
Diversamente, fino a tale data, la variazione della sagoma dell'edificio, nell'ambito di un intervento di demolizione e ricostruzione, configurava una "nuova costruzione".
[4] Cfr. a tal riguardo anche la faq n. 68-bis dell'ENEA sull'applicabilità della detrazione del 65% alla luce della citata modifica normativa – cfr. ANCE "Nuova nozione di ristrutturazione – Effetti su detrazioni ("65%"- "50%") ed IVA" – ID n.14466 del 14 gennaio 2014).
[5] Ai sensi del n.127-quaterdecies, della Tabella A, parte III, del D.P.R. 633/1972.
[6] La citata risposta ha chiarito che, in caso di demolizione e ricostruzione di un fabbricato, l'eliminazione, dalla predetta categoria di intervento edilizio, del riferimento alla sagoma, consente, sul piano urbanistico, lo spostamento «di lieve entità» del fabbricato in fase di ricostruzione, rispetto all'area di sedime originaria.
Infatti, richiamando la definizione di "sagoma" contenuta in diverse pronunce giurisprudenziali (Consiglio di Stato e Corte Costituzionale) il Ministero specifica che in tale concetto rientra anche il perimetro del fabbricato, considerato in senso verticale ed orizzontale, ossia l' "area di sedime", oltre all' «intera conformazione planivolumetrica della costruzione» - ANCE "Nuova nozione di ristrutturazione edilizia – Applicabilità delle detrazioni fiscali" - ID n.14707 del 30 gennaio 2014.
[7] Cfr., rispettivamente, il n.127-undecies, della Tabella A, parte III, ed il n.21 della Tabella A, parte II, del D.P.R. 633/1972.
[8] Cfr. ANCE "Detrazioni del 36% e del 55% - Lavori di ampliamento in base al Piano casa" – ID n.3964 del 19 gennaio 2011.
[9]Ai sensi dell'art.1, co.344, della legge 296/2006.

I contributi unificati per proporre ricorso in materia di appalti non sono troppo elevati

La Corte di Giustizia, con la sentenza del 6 ottobre 2016, ha stabilito la conformità al diritto U.E. di una normativa nazionale che imponga il versamento di un contributo unificato, più elevato che in altre materie, all'atto di proposizione di un ricorso in materia di appalti pubblici dinanzi ai giudici amministrativi.

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Secondo la Corte, in particolare, gli Stati membri sono unicamente tenuti, ai sensi della direttiva 89/665/CE, ad adottare i provvedimenti necessari per garantire ricorsi efficaci e rapidi contro le decisioni delle autorità aggiudicatrici contrarie al diritto dell'Unione; non sussiste, quindi, alcuna disposizione attinente nello specifico ai tributi giudiziari da versare per proporre un ricorso amministrativo in materia di appalti pubblici.

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Pertanto, in assenza di una disciplina specifica dell'Unione in materia, spetta a ciascuno Stato, in forza del principio di autonomia processuale negli Stati Membri, stabilire le specifiche modalità della procedura amministrativa e giurisdizionale.

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Tali modalità, tuttavia, non devono essere meno favorevoli rispetto a quelle che riguardano ricorsi analoghi previsti per la tutela dei diritti derivanti dall'ordinamento interno (in ossequio al principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione (per rispetto del principio di effettività).

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Venendo quindi alle modalità di fissazione del contributo unificato praticate in Italia, le stesse non si porrebbero in contrasto con tali principi.

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In primo luogo, secondo la Corte, la fissazione di un contributo unificato per i ricorsi in materia di appalti più elevato che in altre materie non violerebbe il principio di equivalenza.
Tale principio implica, infatti, una parità di trattamento tra i ricorsi fondati su una violazione del diritto nazionale e quelli simili, fondati su una violazione del diritto dell'Unione, non richiedendo, quindi, la necessaria equivalenza delle norme nazionali applicabili ai contenziosi di diversa natura.

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Quanto invece al rispetto del principio di effettività, le regole che stabiliscono l'ammontare, molto elevato, dei contributi unificati non sono tali, a giudizio della Corte, da rendere eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione in materia di appalti pubblici.

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In particolare, secondo tali regole, l'ammontare del contributo unificato viene fissato in funzione del valore dell'appalto oggetto del procedimento principale; in tal modo non sembrerebbe riscontrabile una discriminazione tra gli operatori che esercitano nel medesimo settore di attività, atteso che, in ogni caso, le norme UE in materia di appalti pubblici richiedono, per la partecipazione alle gare, il possesso di una capacità finanziaria parametrata all'importo dell'appalto.

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Infine, la Corte si sofferma anche sulla necessità di versare il contributo unificato non solo all'atto del deposito del ricorso introduttivo del giudizio, ma anche per i ricorsi incidentali e i motivi aggiunti che introducono domande nuove nel corso del giudizio.

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In tali casi, tuttavia, in caso di contestazione sollevata da una parte interessata, il giudice sarà tenuto a dispensarla dall'obbligo di pagamento di tributi giudiziari cumulativi, laddove accerti che gli oggetti delle controversie non sono effettivamente distinti e non costituiscono un ampliamento considerevole dell'oggetto della controversia già pendente.

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1 allegato

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Sentenza del 6 ottobre 2015

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