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Il Ministero del lavoro, con l’allegato parere n. 14751/2016, ha fornito chiarimenti in merito all’impiego di lavoratori richiedenti protezione internazionale ed asilo politico.
\r\nIl dicastero rammenta che, ai sensi della normativa sulla materia (d.lgs. n. 142/15, innovativo del d.lgs. n. 25/2008), decorsi 60 giorni dalla domanda di “permesso di soggiorno per richiesta di asilo”, laddove il relativo procedimento non si sia concluso ed il ritardo non sia ascrivibile al richiedente, il cittadino straniero è autorizzato ad espletare attività lavorativa. Tale permesso di soggiorno non può essere convertito in “permesso per motivi di lavoro”, stante la differenza di presupposti che ne determinano il rilascio.
\r\nIn sede ispettiva, quindi, dovrà essere acquisita la ricevuta di verbalizzazione della domanda di protezione internazionale, avente valore di permesso di soggiorno provvisorio, ai fini del calcolo dei 60 giorni per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
\r\nNell’ipotesi di lavoro irregolare, ossia in carenza della comunicazione preventiva di assunzione dei cittadini stranieri in possesso della suddetta ricevuta, troverà applicazione la maxi sanzione di cui all’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12/20021 , come modificato dall’art. 22 del d.lgs. n. 151/2015, ma non potrà ritenersi configurabile la fattispecie penale di cui all’art. 22, comma 12, del d.lgs. n. 286/1998 (occupazione di lavoratori clandestini) 2.
\r\nDiversamente, nel caso in cui la ricevuta non sia stata rilasciata - anche qualora la manifestazione di volontà sia stata espressa ma non verbalizzata - ovvero non siano ancora trascorsi i 60 giorni dal rilascio, il personale ispettivo adotterà le medesime procedure previste per l’occupazione irregolare di cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno, compreso l’interessamento delle forze dell’ordine per la verifica della posizione dei cittadini stranieri.
\r\nIn tali casi, ferma restando la configurabilità dell’ipotesi di reato di cui al predetto art. 22, comma 12, del d.lgs. n. 286/1998 e la contestazione della fattispecie aggravata di maxi sanzione (art. 3, comma 3 quater, d.l. n. 12/2002)3, non è applicabile la diffida (art. 13, d.lgs. n. 124/2004) considerato che il lavoratore straniero non può ritenersi “occupabile”.
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\r\nArt. 3, co. 3, d.l. n. 12/2002 (L. n. 73/2002): “Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa pecuniaria:
a) da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro;
b) da euro 3.000 a euro 18.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da trentuno e sino a sessanta giorni di effettivo lavoro;
c) da euro 6.000 a euro 36.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre sessanta giorni di effettivo lavoro.”
2Art. 22, co. 12, d.lgs. n. 286/1998: “Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.”
3 Art. 3, comma 3 quater, d.l. 12/2002: “Le sanzioni sono aumentate del venti per cento in caso di impiego di lavoratori stranieri ai sensi dell'articolo 22, comma 12, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, o di minori in età non lavorativa.”
1 allegato
\r\nParere Ministero Lavoro n. 14751_2016
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Nell'area riservata sezione circolari - si illustrano le novità in tema di rating di legalità a seguito dell'entrata in vigore, dal 13 settembre scorso, delle modifiche al Regolamento attuativo dell'Antitrust. Si ricorda che il rating, nato per valutare il livello di legalità delle imprese, con il Nuovo Codice dei contratti pubblici, assume rilevanza anche nelle gare d'appalto