L’Inps, con l’allegata circolare n. 40 del 19 marzo scorso, ha fornito un quadro riepilogativo delle tipologie di cessazione del rapporto di lavoro per cui si configura l’obbligo di versamento del c.d. “ticket di licenziamento”[1], di cui all’art. 2, commi 31-35, della L. n.92/2012.
La circolare illustra, inoltre, le fattispecie di sussistenza di tale obbligo contributivo nelle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro cui consegua una prestazione pensionistica.
Vengono, in primo luogo, riepilogate le tipologie di cessazione per le quali il contributo è dovuto.
Si tratta, in particolare, di tutti le interruzioni dei rapporti a tempo indeterminato, che generino in capo al lavoratore il teorico diritto all’indennità NASpI, a prescindere dall’effettiva fruizione della stessa, per:
- giustificato motivo oggettivo (codice Tipo cessazione “1A”);
- giusta causa; a seguito di licenziamento disciplinare; per giustificato motivo soggettivo (codice Tipo cessazione “1D”);
- per le fattispecie di cui agli articoli 2 e seguenti del D.lgs n. 23/2015, ossia licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale;
- dimissioni per giusta causa o di dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità (codice Tipo cessazione “1S”);
- dimissioni rassegnate dal lavoratore nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda per sostanziale modifica delle condizioni di lavoro (2112, quarto comma, c.c.);
- interruzione del rapporto di lavoro per rifiuto del lavoratore del trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico;
- l’interruzione del rapporto di lavoro a seguito di recesso del datore di lavoro, ex artt. 2118 c.c. e 2119 c.c. (codice cessazione di nuova istituzione “1T”);
- recesso del datore di lavoro durante o al termine del periodo di prova o al termine del periodo di formazione dell’apprendista ai sensi dell’art. 42, comma 4, del D.lgs n. 81/2015), (codice Tipo cessazione di nuova istituzione “1V”);
- cessazione del rapporto di lavoro per risoluzione consensuale ai sensi dell’art. 7 della L. n. 604/1966 (codice Tipo cessazione “1H”);
- risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all’articolo 6 del D.lgs n. 23/2015 (cfr. Interpello Ministero del Lavoro, n. n. 13 del 2015;
- risoluzioni del rapporto di lavoro intervenute nell’ambito del contratto di espansione di cui all’articolo 26-quater, comma 1, del D.L. n. 34/2019.
Sono state, poi, elencate le fattispecie per le quali il contributo non è dovuto:
- nel caso di dimissioni volontarie del lavoratore (codice Tipo cessazione “1B”);
- per le cessazioni di rapporto di lavoro in applicazione dell’articolo 4 della legge n. 92/2012 (codice Tipo cessazione “1L”);
- nei casi di cessazione del rapporto di lavoro per esodo dei lavoratori anziani concordata a seguito di accordi sindacali nell’ambito di procedure di cui agli articoli 4 e 24 della legge n. 223/1991 (licenziamento collettivo);
- per cessazioni nell’ambito di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria;
- per le interruzioni dei rapporti di lavoro afferenti a processi di incentivazione all’esodo che diano luogo alle prestazioni disciplinate dall’articolo 26, comma 9, lett. b), del D.lgs n. 148/2015;
- per cessazione del rapporto di lavoro a seguito di risoluzione consensuale ai sensi dell’articolo 410 c.p.c (cfr. nota n. 12/2016 del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali) (codice Tipo cessazione “1G”);
- alle interruzioni dei contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello, di cui all’articolo 43 del D.lgs n. 81/2015) stipulati a decorrere dal 24 settembre 2015 (codice Tipo lavoratore “PA”);
- l’interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato del dipendente già pensionato;
- nelle ipotesi di cui all’articolo 43-bis[2] del D.L. n. 109/2018, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 130/2018 (cfr. circolare n. 19/2018 del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali);
- disposizione di cui all’articolo 11 del D.L n. 101/2019, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 128/2019, che ha introdotto il comma 1-bis all’articolo 5 del D.lgs n. 148/2015.
Con specifico riferimento all’interruzione di rapporto di lavoro nel settore delle costruzioni edili è stato ribadito che, ai sensi dell’articolo 2, comma 34, lett. b), della legge n. 92/2012 il contributo di licenziamento non è dovuto nel caso di “interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere” (codice Tipo cessazione “1N”).
Il licenziamento del lavoratore che segue alla chiusura del cantiere per conclusione dei lavori è riconducibile alla fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
L’Istituto ha chiarito che la giurisprudenza ritiene che il giustificato motivo oggettivo di licenziamento sussista solo allorquando il lavoratore non possa essere utilizzato su posizioni di lavoro alternative, in questo caso presso altri cantieri nei quali è dislocata l’attività d’impresa (c.d. obbligo di repechage).
Pertanto, l’esonero dal versamento del contributo, di cui all’articolo 2, comma 34, lett. b), della L. n. 92/2012, non trova applicazione qualora il licenziamento, pur intimato per fine cantiere, non sia ritenuto legittimo in quanto il lavoratore medesimo poteva essere utilizzato nell’ambito dell’organizzazione aziendale.
E’ stato, inoltre, ricordato che l’articolo 24, comma 4, della L. n. 223/1991 dispone che le procedure e le disposizioni in materia di licenziamenti collettivi non si applicano, tra le altre ipotesi, nei casi di “fine lavoro nelle costruzioni edili”.
Tale disposizione non opera nei casi in cui l’azienda intenda addivenire ad una riduzione del personale in servizio. Infatti, le ipotesi eccezionali previste dalla norma sopra richiamata sono relative a fattispecie nelle quali è esclusa ogni possibilità del datore di lavoro di scegliere il lavoratore da licenziare.
Si deve, quindi, ritenere che il contestuale licenziamento di più (ma non di tutti) i lavoratori adibiti ad un determinato cantiere “integra gli estremi di un giustificato motivo di licenziamento individuale, anche se plurimo, ai sensi della legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 3”.
Al licenziamento plurimo, ossia non conseguente al “completamento delle attività e alla chiusura del cantiere”, non si applica l’esonero di cui all’articolo 2, comma 34, lett. b), della L. n. 92/2012.
E’ stato, infine, precisato che, qualora a seguito del licenziamento per fine cantiere le parti avviino la procedura di conciliazione di cui all’articolo 7 della legge n. 604/66, l’esonero dal versamento del c.d. ticket di licenziamento trova applicazione soltanto nei casi in cui la procedura di conciliazione si concluda prevedendo la risoluzione del rapporto di lavoro a seguito del licenziamento intimato a titolo di fine cantiere.
E’, stato, inoltre, comunicato che la strutture competente effettuerà i dovuti controlli al fine di verificare che i soggetti interessati dal licenziamento per fine cantiere siano stati esposti nel flusso Uniemens, sino alla data del licenziamento, come lavoratori in forza ad unità produttive cessate e/o sospese in data collimante con la data del licenziamento (cfr. messaggio Inps n. 3933/2018).
In merito, poi, al computo dell’anzianità lavorativa del lavoratore cessato l’Istituto ha fatto espresso rimando alla circolare n. 44/2013 che ha fornito chiarimenti in merito.
Per quanto riguarda i casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4, comma 9, della L. n. 223/1991, non abbia formato oggetto di accordo sindacale, il contributo è moltiplicato per tre volte.
Ai sensi di quanto previsto dalla L. n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) che, all’articolo 1, comma 137, ha introdotto una nuova aliquota di computo del c.d. ticket di licenziamento per le interruzioni dei rapporti di lavoro intervenute a decorrere dal 1° gennaio 2018, per ciascun licenziamento effettuato nell’ambito di un licenziamento collettivo da parte di un datore di lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento dell’integrazione salariale straordinaria di cui all’articolo 23 del D.lgs n. 148/2015, l’aliquota percentuale di calcolo del contributo in argomento è pari all’82% del massimale mensile (codice Tipo cessazione “1Q”).
Sono, invece, esclusi dall’innalzamento dell’aliquota i licenziamenti collettivi la cui procedura sia stata avviata entro il 20 ottobre 2017, ancorché le interruzioni del rapporto di lavoro siano avvenute in data successiva al 1° gennaio 2018 (codice Tipo cessazione “1U”).
Pertanto, per ogni interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intervenuta a decorrere dal 1° gennaio 2018 nell’ambito di un licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale non abbia formato oggetto di accordo sindacale, da parte di un datore di lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento dell’integrazione salariale straordinaria, il c.d. ticket di licenziamento, pari all’82% del massimale mensile, è moltiplicato per tre volte.
Per quanto riguarda i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto dall’articolo 1, comma 164, della L. n. 232/2016, il contributo non è dovuto qualora l’interruzione del rapporto di lavoro sia conseguente a licenziamenti effettuati in conseguenza di cambio appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione delle clausole sociali che garantiscano continuità di occupazione (codice Tipo cessazione “1M”).
Con riferimento poi al datore di lavoro che ha avviato procedure di mobilità, è stato ribadito che, al fine di evitare un doppio prelievo contributivo, l’articolo 2, comma 33, della L. n. 92/2012, ha previsto l’esclusione del versamento del contributo, fino al 31 dicembre 2016, per i datori di lavoro tenuti al versamento del contributo di ingresso alla procedura di mobilità di cui all’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/91.
Al riguardo, è stato precisato che tale esonero non opera nei casi in cui trova applicazione l’articolo 3, comma 3[3], della legge n. 223/1991, perché non si realizza alcuna doppia imposizione contributiva.
E’ stato ribadito, inoltre, che il lavoratore che cessi il rapporto di lavoro e maturi i requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata non può accedere alla NASpI (art. 2, comma 40, lett. c), della L. n. 92/2012).
Pertanto, l’obbligo di pagamento del c.d. ticket di licenziamento per le interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato non sussiste se il diritto alla pensione decorre dal giorno successivo all’interruzione del rapporto di lavoro. Se, invece, il rapporto di lavoro si è interrotto a seguito di una delle cause per le quali è previsto il versamento del contributo, e sussiste il teorico diritto alla NASpI, sino alla decorrenza della pensione il datore di lavoro è tenuto all’obbligo contributivo (Cfr. circolare n. 180/2014 e circolare n. 142/2015).
Chiarito, infine, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 234/2011, ai lavoratori che fruiscono dell’assegno ordinario di invalidità, nel caso in cui si trovino ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, è riconosciuto il diritto di optare tra la prestazione di disoccupazione e l’assegno in argomento. Pertanto, in tale ipotesi sorge il teorico diritto alla prestazione di disoccupazione, a prescindere dall’effettiva percezione della stessa, e l’interruzione del rapporto di lavoro comporta l’obbligo contributivo del c.d. ticket di licenziamento.
Per quanto non riportato nella presente si rinvia alla nota allegata.
[1] il contributo è pari al “41 per cento del massimale mensile di NASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”. Il contributo è scollegato dall’importo della prestazione individuale e sarà dovuto in misura identica a prescindere dalla tipologia di lavoro, che esso sia part-time o full-time. E’ interamente a carico del datore di lavoro e deve essere sempre versato in unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.
[2] Esonero dal pagamento delle quote di accantonamento del trattamento di fine rapporto e del contributo, previsto dall’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92, per le società sottoposte a procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria
[3] Quando non sia possibile la continuazione dell’attività, anche tramite cessione dell’azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità, ai sensi dell’articolo 4 ovvero dell’articolo 24, i lavoratori eccedenti. In tali casi il termine di cui all’articolo 4, comma 6, è ridotto a trenta giorni. Il contributo a carico dell’impresa previsto dall’articolo 5, comma 4, non è dovuto.
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