Con il messaggio n. 3566/18, di cui si allega copia, l’Inps ha comunicato di aver implementato le procedure informatiche ai fini del controllo dei limiti temporali di Cigo (52 settimane nel biennio mobile ) e Cigs (30 mesi tra Cigo e Cigs nel quinquennio mobile), nonché ai fini dell’eliminazione del file CSV.
Dal 1° novembre 2018, attraverso il nuovo servizio, per il quale è stata predisposta un’apposita guida, a cui si rimanda, le aziende potranno, previo inserimento di specifici dati (numero di matricola aziendale, identificativo dell’unità produttiva, data iniziale del periodo di Cig, numero di settimane richieste di Cig), conoscere preventivamente la diponibilità di settimane di Cig utilizzabili nei limiti di legge.
Si evidenzia che l’interrogazione aziendale riguarda dati presenti negli archivi informatici delle ore autorizzate, esclusi i periodi richiesti e ancora in istruttoria alla data dell’interrogazione.
Nel caso in cui risultassero differenze di settimane di Cigo conteggiate e non corrispondenti a quelle effettivamente fruite, le aziende dovranno indicare tale valore in fase di invio della domanda, allegando alla stessa istanza un’autocertificazione riepilogativa delle giornate effettivamente fruite per i periodi precedentemente autorizzati.
Con l’eliminazione del file CSV (allegato alla circolare Inps 197/15), sempre dal 1° novembre 2018, le relative informazioni verranno recuperate dall’Inps attraverso i dati forniti con i flussi Uniemens dei 6 mesi precedenti la data di inizio del periodo di Cigo richiesto.
Eventuali dubbi circa il superamento del limite di 1/3 o la mancanza anche parziale di dati Uniemens dei 6 mesi precedenti la domanda, obbligano ai sensi dell’articolo 11 del decreto 95442/2019, gli operatori di sede ad un approfondimento istruttorio con conseguente richiesta del file CSV utile a completare il controllo.
Quanto all’elenco nominativo dei lavoratori beneficiari della Cigo, le aziende dovranno allegare alla domanda il formato XML o CSV predisposto in base ai nuovi tracciati messi a disposizione dall’Inps e anch’essi allegati.
Ad ogni modo, nei primi sei mesi a decorrere dal prossimo 1° novembre, le aziende, dovendo adeguare il proprio software ai nuovi formati XML e CSV, potranno importare i codici fiscali de lavoratori direttamente dal CSV, attualmente in uso.
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Messaggio numero 3566 del 28-09-2018
Messaggio numero 3566 del 28-09-2018_Allegato n 1
Si fa seguito alla ns. comunicazione del 6 settembre scorso per comunicare che l’INL, con l’allegata nota n. 7369 del 10 settembre scorso, ha fornito ulteriori indicazioni operative al personale ispettivo, condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e con l’ABI (Associazione Bancaria Italiana), in ordine alle modalità di verifica del rispetto dell’obbligo di tracciabilità dei pagamenti e al divieto di erogazione in contanti della retribuzione, ai sensi dell’art. 1, commi 910-913 della L. n. 205/2017 della Legge di Bilancio 2018.
L’Ispettorato, nel ribadire quanto già chiarito con la nota n. 6201/2018 (l’obbligo non riguarda le somme dovute a diverso titolo, quali, a titolo esemplificativo, anticipi e/o rimborsi spese di viaggio, vitto e alloggio), ha precisato che le somme relative all’indennità di trasferta, in “considerazione della natura mista della stessa (risarcitoria e retributiva al di sopra di un determinato importo e con determinate caratteristiche)” rientrano nell’obbligo di tracciabilità.
Ciò anche al fine di consentire al personale ispettivo di poter verificare gli importi versati al lavoratore “forfettariamente” e verificare i limiti di imponibilità fiscale e contributiva previsti dalla disciplina in materia di trasferta (art. 51, co.5 del TUIR).
Con riferimento all’ipotesi di pagamento, l’Ispettorato ha chiarito che può ritenersi conforme anche il pagamento della retribuzione effettuato al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di pagamento ordinario soggetto alle dovute registrazioni, anche se non effettuato presso il conto corrente di tesoreria, come indicato alla lett.c), co. 910 della L. n. 205/2017.
Rientra inoltre nelle ipotesi di cui alla lettera d) del comma suddetto, il pagamento delle retribuzioni con lo strumento del “vaglia postale”, nel rispetto delle condizioni previste dal D.Lgs n. 231/2007.
L’Ispettorato ha, poi, indicato le diverse modalità con le quali, nelle ipotesi in cui risulti dubbia la corresponsione della retribuzione attraverso gli strumenti previsti, gli organi di vigilanza effettueranno ulteriori controlli sui sistemi di pagamento adottati (bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore, strumenti di pagamento elettronici, pagamento in contanti attraverso conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento e attraverso conto corrente/conto di pagamento ordinario, emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato).
La richiesta da parte del personale ispettivo nei confronti degli Istituti di credito dovrà avvenire, preferibilmente a mezzo PEC, presso la filiale nella quale il datore di lavoro intrattiene i rapporti di conto sui quali è stato effettuato il pagamento con bonifico, contanti o strumenti di pagamento elettronico, o in caso di pagamento mediante assegni alla banca presso la quale lo stesso è stato versato.
E’ stato, inoltre, precisato che, qualora venga riscontrata la corresponsione in contanti per un importo stipendiale pari o superiore a 3.000€, si configura la violazione di cui all’art. 49 (Limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore) del D.Lgs n. 231/2007 recante “Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione”.
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