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SOA:torna l'architetto nella OG2

E’ sospesa ogni eccezione alle disposizioni sulla qualificazione SOA, che prevedono titoli professionali specifici per il direttore tecnico delle imprese qualificate nelle categorie, riguardanti gli interventi su beni tutelati (OG 2, OS 2A, OS 2B e OS 25).
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Lo ha stabilito, l’8 luglio scorso, la sezione VI del Consiglio di Stato (ordinanza n. 02978/2014) che ha accolto la domanda di sospensione sull'esecutività della sentenza dello scorso 21 febbraio, con cui il T.A.R. Lazio aveva chiarito la possibilità per il Direttore Tecnico che ricopriva tale incarico già alla data di entrata in vigore del D.P.R. 34/2000, di mantenere tale incarico, anche se non era in possesso dei titoli richiesti dalle nuove norme (Roma, Sezione III, n. 2170/2014).
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Ai fini dell’attestazione SOA in categorie attinenti gli interventi sul patrimonio culturale torna, pertanto, l’obbligo per le imprese di dimostrare l’idoneo titolo del direttore tecnico, almeno sino alla decisione definitiva del Consiglio di Stato.
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Come esplicitato nell’art. 248, comma 5, del Regolamento sui contratti pubblici (D.P.R. n. 207/2010), ciò significa: per la qualificazione nella categoria OG2, che il direttore tecnico deve risultare in possesso di laurea in architettura o in conservazione di beni culturale; per la qualificazione nella categoria OS2A e OS2B, che il direttore tecnico deve risultare restauratore di beni culturali in possesso dei requisiti previsti dalla normativa di riferimento (codice dei beni culturali); per la qualificazione nella categoria OS2, che il direttore tecnico deve risultare in possesso dei titoli previsti dall’art. 95, comma 2, del Codice dei Contratti.
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Evoluzione normativa
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Fin dall’entrata, in vigore a fine 2010, Regolamento sui contratti pubblici, la riforma dei titoli professionali previsti per il direttore tecnico nelle suddette categorie è stato motivo di preoccupazione da parte delle imprese.
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Nel previgente D.P.R. n. 34/2000 erano, infatti, sancite alcune importanti eccezioni, non riprodotte nel successivo testo regolamentare, che permettevano al direttore tecnico di non possedere lo specifico titolo previsto tra i requisiti di qualificazione (art. 26, comma 7).
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Tali eccezioni erano rivolte a coloro che ricoprivano lo stesso incarico prima dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 34/2000 (quindi ai tempi dell’ANC) oppure a coloro che dimostrassero esperienza quinquennale svolta per le imprese qualificate sino alla III classifica (compresa), con l’evidente obiettivo di tutelare le professionalità esistenti e l'esperienza maturata nel tempo all'interno dell'impresa.
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Ciò nonostante, le conseguenze della riformulazione e ricollocazione all’interno del  successivo Regolamento n. 207/2010 delle norme di riferimento sugli interventi sui beni tutelati (art. 248 cit.), hanno trovato definitivo chiarimento nel comunicato alle SOA n. 74/2012 dell’ex Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (ora ANAC) che, dopo un’iniziale incertezza, ha impresso una svolta interpretativa di carattere restrittivo al mutato quadro normativo (cfr. anche Modalità di dimostrazione dei requisiti di cui agli articoli 78 e 79 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 6 agosto 2011).
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In particolare, nel citato comunicato n. 74/2012, è stato chiarito che, per la qualificazione nei lavori relativi alle categorie OG2, OS2-A, OS2-B e OS25, non trova applicazione la deroga di cui all’art. 357, comma 23 del Regolamento (prevista per il direttore tecnico di imprese qualificate in tutte le altre categorie generali e speciali).
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Pertanto, anche le imprese il cui direttore tecnico svolgeva le funzioni già alla data di entrata in vigore del D.P.R. 34/2000, non sono esentate dal dimostrare gli idonei titoli professionali del proprio direttore tecnico, pena l’impossibilità di acquisire o mantenere l’attestazione SOA nelle citate categorie.
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La chiarificazione dell’Autorità ebbe, a suo tempo, immediate ripercussioni sulle attestazioni delle imprese e, in particolare, su coloro che non poterono mantenere l'attestato SOA alla stregua della nuova normativa, anche solo perché, in un periodo di profonda crisi, apparve molte volte eccessivamente oneroso sostenere il costo per l'assunzione delle figure professionali richieste (cfr. news Ance del 13 Settembre 2012, in cui sono “precisati i limiti dell’esperienza maturata per la Direzione Tecnica”).
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Evoluzione giurisprudenziale
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Una parziale svolta sul tema si è avuta a quasi due anni di distanza dall’intervento dell’Autorità, con l’impugnazione da parte di una impresa (con l'intervento ad adiuvandum di altri operatori economici interessati) sia del citato provvedimento che del conseguente diniego al rilascio dell’attestato da parte della SOA di riferimento.
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In particolare, nel ricorso era messo in luce l’evidente difetto di coordinamento normativo tra le deroghe presenti nell’abrogato D.P.R. n. 34/2000 e il citato D.P.R. n. 207/2010, che aveva portato ad ingiustificate difficoltà nella qualificazione degli appalti pubblici.
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Sulla base di tali presupposti, il TAR Lazio, accogliendo il ricorso, aveva evidenziato l’illegittimità del comunicato dell’Autorità n. 74/2012 nella parte in cui era imposto a tutte le imprese i “nuovi requisiti” di idoneità tecnica ai fini della qualificazione per i lavori sui beni culturali, ed alle SOA di verificarne la sussistenza per il rilascio della relativa attestazione (sentenza n. 2170 del 10 gennaio 2014).
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Nella stessa sentenza era, altresì, condivisa dal TAR la tesi del ricorrente sull’immotivato diniego per il rilascio di attestazione, a causa della mancata dimostrazione da parte del Direttore tecnico, che operava in situazione di continuità rispetto all’Albo Nazionale Costruttori, dei titoli richiesti dal D.P.R. n. 207/2010 (per le categorie OG2 e OS25),.
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Tale interpretazione non ha però superato il vaglio della stessa sezione VI del Consiglio di Stato che, in via cautelare e appena cinque mesi dopo la pronuncia di primo grado, ha mostrato di essere di ben diverso avviso (ordinanza n. 2978dell’8 luglio 2014).
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Infatti, la citata sezione VI, nel sospendere l’efficacia della suddetta sentenza, “ha ritenuto che, ad una prima e sommaria delibazione, sembrano sussistere gli estremi del pregiudizio grave ed irreparabile per la p.a. che - insieme al doveroso bilanciamento tra gli interessi pubblici e privati in gioco - induce ad accogliere la presente istanza cautelare, con esborsi compensati per le alterne vicende processuali”.
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Considerazioni finali
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Conseguentemente all’intervento in cautelare del Consiglio di Stato, tornando d’attualità il comunicato dell'Autorità n. 74/2012, le SOA devono:
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  • verificare il titolo professionale delle imprese attestate durante il periodo di esecutività della sentenza di primo grado, e
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  • consentire, in futuro, il rilascio delle suddette attestazione solo alle condizioni di professionalità previste nell’art. 248, comma 5, del Regolamento
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allegato

Appalti pubblici:nessuna indicazione del subappaltatore

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La quinta sezione del Consiglio di Stato boccia il principio del c.d. “subappalto necessario”, come presupposto della necessaria indicazione del nome del subappaltatore, ai fini dell’ammissione alla gara del concorrente, privo di specifica qualificazione nella categoria scorporabile.
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 E’ quanto stabilito nella Sentenza  n. 3449 del 7 luglio u.s. dal Consiglio di Stato, il quale non ha trovato riscontro nel Regolamento sui contratti pubblici dell’obbligo di imporre al concorrente, che dichiari di voler avvalersi del subappalto per alcune specifiche lavorazioni, l’onere di indicare già in sede di presentazione dell’offerta il nominativo dell’impresa subappaltatrice (cfr. il combinato disposto degli artt. 37, comma 11, e 118, comma 2, del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e 92 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207).
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 L’affidamento in subappalto (o in cottimo), come espressamente stabilito dal ricordato articolo 118, è infatti sottoposto alle seguenti condizioni:
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a)     Indicazione dei lavori o le parti di opere che intendono subappaltare (o concedere in cottimo),
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b)    deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante, almeno 20 giorni prima della data di effettivo inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni,
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c)     contemporanea trasmissione della certificazione attestante il possesso dei requisiti di qualificazione da parte del subappaltatore e le relative dichiarazioni dello stesso, attestanti il possesso dei requisiti generali di cui all’articolo 38,
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d)    insussistenza, nei confronti dell’affidatario del subappaltato (o del cottimo), alcuno dei divieti previsti dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.
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Né in senso diverso può invocarsi, secondo lo stesso Consiglio di Stato, l’applicazione del citato principio del c.d. subappalto necessario.
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In base a tale principio, elaborato da parte della giurisprudenza, è stato ritenuta necessaria l’indicazione dell’impresa subappaltatrice, già all’atto della presentazione dell’offerta; ciò in analogia con quanto previsto per l’avvalimento, nelle ipotesi in cui il richiamo al subappalto sarebbe necessario in ragione del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei requisiti di qualificazione nella categoria scorporabile.
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La quinta sezione ritiene, infatti, che a tale principio osti l’articolato del Regolamento sui contratti pubblici, laddove concede un’alternativa al concorrente singolo non specificatamente qualificato. Il concorrente può, infatti, essere ammesso alla gara, laddove i requisiti relativi alle categorie scorporabili siano da questo posseduti con riferimento alla categoria prevalente (art. 92, comma 1, del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207).
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Ne consegue, secondo il Consiglio di Stato, l’insussistenza dell’obbligo da parte dell’Impresa concorrente di indicare, già in sede di partecipazione, il nominativo del soggetto cui saranno affidati, in subappalto, i lavori nella categoria scorporabile, essendo a tale fine sufficiente soltanto la dichiarazione di voler subappaltare.
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Tanto riportato, si ritiene doveroso ricordare, in proposito, che le considerazioni della quinta sezione citata rispecchiano le argomentazioni già contenute nella Determinazione dell'ex AVCP n.4/2012 (ora ANAC) e nel parere della stessa Autorità n. 187/2012 reso su un caso analogo.
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La sentenza del Consiglio di Stato è stata altresì occasione per ulteriori spunti di interesse per l’interpretazione della disciplina a sugli appalti pubblici.
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In particolare, con riferimento all’utilizzo dei modelli e formulari predisposti dall’amministrazione, il Consiglio di Stato ha rilevato che lo schema di domanda allegato al bando non costituisce affatto parte integrante della lex specialis della gara.
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Pertanto, l’eventuale errore in cui si può incorrere il suo utilizzo, non dovrebbe comportare l’esclusione dalla gara del concorrente stesso, qualora la produzione di dichiarazioni carenti o incomplete sia di natura esclusivamente formale, non avendo in realtà alcun effetto diretto sull’offerta prodotta.
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Tali eventuali omissioni del concorrente, impongono piuttosto all’amministrazione di esercitare il c.d. dovere di soccorso, quale corollario del principio di buon andamento e di imparzialità, applicabile dall’amministrazione nei confronti dell’impresa (art. 46 del Codice dei contratti, D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
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A tale proposito, si ricorda che se da una parte l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto di applicare il principio del soccorso istruttorio, anche alle procedure ad evidenza pubblica, diverse dalle gare soggette al codice (cfr. decisione n. 9 del 25 febbraio 2014); dall’altro l’intervenuto D.L. n. 90/2014 ha modificato l’art. 39, comma 1 del decreto-legge n. 90 del 2014, introducendo la possibilità di sanare eventuali irregolarità essenziali nella documentazione di gara, dietro il pagamento di una sanzione, senza però chiarire quali sono le irregolarità, non essenziali, sanabili con il semplice soccorso istruttorio.
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Ultimo punto di interesse della sentenza riguarda la tempestività del ricorso, il Consiglio di Stato conferma la giurisprudenza prevalente, chiarendo che l'aggiudicazione provvisoria è un mero atto endoprocedimentale, e come tale inidoneo a produrre la definitiva lesione del concorrente non risultato aggiudicatario.
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Ne consegue che la lesione dell’interesse del ricorrente, da cui far decorrere i relativi termini, si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, atto non meramente confermativo dell’aggiudicazione provvisoria, e in riferimento alla quale deve essere verificata la tempestività del ricorso.
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Invio circolare Assessorato Infrastrutture n.5/2014.Applicazione DL 90/20145 - Dichiarazioni sostitutive

Si comunica che sulla G.U.R.S. n. 29 del 18 luglio scorso è stata pubblicata la Circolare dell’Assessorato delle Infrastrutture e della Mobilità 3 luglio 2014, n. 5 recante "D.L. 24 giugno 2014, n. 90 – Applicazione".

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Nella circolare viene precisato che il D.L. del 24 giugno 2014, n. 90 è entrato in vigore il 25 giugno 2014 e che l’art. 39 dello stesso ha introdotto all’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 il comma 2-bis, prevedendo in caso di "

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mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2" l’assegnazione al concorrente di un termine, non superiore a dieci giorni, per rendere, integrare o regolarizzare le dichiarazioni necessarie; decorso tale termine il concorrente è escluso dalla gara.

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Nella circolare viene precisato, tra l’altro, che:

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 la previsione normativa di assegnazione al concorrente di un termine da parte della stazione appaltante, è da intendersi in capo al responsabile adempimenti di gara (RAG) per le gare espletate dagli U.R.E.G.A dell’Isola;

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 le nuove disposizioni dovranno essere applicate alle procedure di affidamento indette dopo l’entrata in vigore (25 giugno 2014) del decreto-legge n. 90/2014;

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 tutti i bandi di gara non ancora pubblicati devono essere pertanto adeguati alle disposizioni di cui al D.L. del 24 giugno 2014, n. 90.

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Nell'inviare, in allegato, la circolare in oggetto, l'occasione è gradita per porgere i migliori saluti

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allegato

Appalti pubblici: dall'ANAC le modalità di trasmissione delle varianti.

L’ANAC pubblica un comunicato per l’ applicazione dell’art. 37 del DL n. 90/2014 per consentire alle stazioni appaltanti una corretta trasmissione delle varianti in corso d’opera di cui al comma 1, lettere b), c) e d), dell’art.132 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163

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Per maggiori informazioni si rimanda alla lettura della circolare pubblicata nell'area riservata

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