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Linee guida ANAC sui criteri di scelta dei commissari di gara: il parere del Consiglio di Stato

Si comunica che il Consiglio di Stato ha adottato il parere sulle Linee guida ANAC relative a "Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni aggiudicatrici" (Cons. St., comm. spec., 14 settembre 2016, n. 1919).
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Nel suddetto parere, il Consiglio di Stato analizza sia questioni di carattere generale (natura delle «determinazioni» dell’ANAC nella materia; obbligatorietà dell’iscrizione nell’Albo; modalità di nomina e regole di attività e responsabilità) sia  questioni specifiche (Campo di applicazione; composizione dell’Albo e modalità di nomina dei commissari “esterni” ed “interni; adempimenti delle stazioni appaltanti e funzionalità delle commissioni giudicatrici; comprovata esperienza e professionalità; requisiti di moralità e compatibilità; modalità di iscrizione e di aggiornamento dell’Albo).
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Appalti sottosoglia: pubblicato il parere del Consiglio di Stato sulle Linee guida ANAC

Pubblicato dal Consiglio di Stato, con pronuncia della Commissione Speciale n. 1903 del 13 settembre 2016, il parere sulle Linee guida ANAC in materia di "Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alla soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici".

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Tale parere era stato richiesto con nota del Presidente dell'ANAC del 4 luglio u.s., in ragione della generalità e della rilevanza delle questioni trattate, nonché dell'impatto erga omnes.

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Si allega il testo del parere e l'"abstract" del Consiglio di Stato.

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1 allegato

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Parere Cds Sottosoglia

ANAC: in un nuovo Comunicato i chiarimenti sull’affidamento "in house"

È  stato pubblicato dall’ANAC il Comunicato del Presidente del 3 agosto 2016 relativo a “Chiarimenti  sull’applicazione dell’art. 192 del Codice dei contratti”.
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Il comunicato fornisce alcune precisazioni sulla possibilità di effettuare affidamenti diretti alle società c.d. in house nelle more dell’emanazione, da parte di ANAC, dell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori, istituito presso la stessa Autorità.
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A tale scopo, nel comunicato viene precisato che l’iscrizione all’elenco delle amministrazioni e degli enti aggiudicatori che operano  mediante affidamenti diretti nei confronti delle società in house, presuppone il possesso, da parte di questi ultimi, dei requisiti definiti dall’Autorità con proprio atto.
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Occorrerà pertanto attendere quest’ultimo provvedimento affinché vengano chiariti le modalità ed i criteri per effettuare la verifica della sussistenza dei requisiti necessari per l’iscrizione all’elenco.
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Nelle more della pubblicazione dell’atto ANAC, l’affidamento  diretto alle società in house può  essere effettuato, sotto la propria responsabilità, dalle amministrazioni  aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori in presenza dei presupposti  legittimanti definiti dall’art. 12 della direttiva 24/2014/UE e recepiti nei  medesimi termini nell’art. 5 del d.lgs. n. 50 del 2016 e nel rispetto delle  prescrizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 192, a prescindere dall’inoltro  della domanda di iscrizione.
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Al riguardo, per quanto tra i requisiti giustificanti il ricorso agli affidamenti “in house”, si osserva che la norma codicistica non è pienamente conforme al dettato comunitario.
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In particolare, l’articolo 12 par.1, lett. c) della direttiva 2016/24/UE, prevede che nella società controllata possano essere presenti unicamente forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, non esercitano un’influenza determinante sulla società controllata e siano prescritte da disposizioni legislative nazionali.
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Inoltre, il considerando 32 della medesima direttiva precisa che tale apertura può verificarsi soltanto in alcuni casi determinati, in cui la partecipazione di taluni operatori economici sia stata prescritta da una specifica disposizione normativa.
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Da ciò emerge chiaramente che, nelle intenzioni del legislatore comunitario, le forme di partecipazione privata non devono essere semplicemente autorizzate da un provvedimento normativo generale ed aspecifico, ma devono essere rese necessarie, caso per caso, da una specifica disposizione di legge ed accompagnate da una congrua motivazione.
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Tale norma, tuttavia, non è stata esattamente riprodotta dal decreto 50/2016 – art. 5, comma 1, lett. c) – che, invece, in maniera più generica, si limita a prevedere che nella società controllata non debbano essere presenti forme di capitale privato ad eccezione di partecipazioni previste – non prescritte – dalla legislazione nazionale. Inoltre lo stesso articolo non dispone che le forme di capitali debbano essere inidonee a consentire l’esercizio di un potere di veto o di controllo sulla società controllata.
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Si allega il testo del Comunicato e si fa riserva di eventuale/ulteriore commento.
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Per la UE divieto di imporre l’esecuzione dei lavori con risorse proprie, salvo alcuni casi

E’ illegittimo prevedere, nei documenti di gara, un generale obbligo di svolgimento di una quota dell'appalto con risorse proprie dell’appaltatore.
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Lo afferma la sentenza della Corte europea del 14 luglio 2016 n. C-406/14, chiamata a pronunciarsi in merito alla legittimità di una clausola di un capitolato di gara che obbligava l'esecutore dell'appalto ad eseguire una quota di lavori con risorse proprie per almeno il 25% del totale dei lavori, oggetto di finanziamento da parte di fondi europei.
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La Corte ha ritenuto che la direttiva 2004/18/CE in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, vigente all’epoca della pubblicazione del bando impugnato, deve essere interpretata nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice non è autorizzata ad imporre, mediante una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori, che il futuro aggiudicatario esegua una determinata percentuale dei lavori oggetto di detto appalto avvalendosi di risorse proprie.
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Secondo la Corte, infatti, l’articolo 25, paragrafo 1, secondo il quale l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata a chiedere all’offerente di indicare in offerta le parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi nonché il nominativo dei subappaltatori proposti, ammette unicamente il ricorso al subappalto, non prevedendo alcuna limitazione al riguardo.
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Inoltre, per la Corte la direttiva “[…] sancisce la possibilità per gli offerenti di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto, e ciò, in linea di principio, in modo illimitato.”
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Ciò premesso,  la Corte, richiamando un suo precedente orientamento, precisa che, in alcuni casi, la stazione appaltante ha diritto di vietare il ricorso a subappaltatori.
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In particolare, in relazione a parti essenziali dell’appalto, laddove la documentazione di gara richieda l’obbligatoria indicazione dei subappaltatori in offerta, il divieto di subappalto potrà essere disposto unicamente nel caso in cui la stazione appaltante non sia stata in grado di verificare, in sede di selezione dell’aggiudicatario, la capacità del subappaltatore proposto.
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In altri termini, dal combinato disposto delle norme in materia di avvalimento e di subappalto, sembrerebbe discendere che, per la Corte, salvo casi specifici, il subappalto dovrebbe essere, in linea di principio, libero.
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La direttiva 2004/18/UE risulta abrogata a decorrere dal 18 aprile 2016 dalla nuova direttiva 2014/24/UE in materia di appalti pubblici. Tuttavia, è  possibile evidenziare che l’ articolo 71 della nuova direttiva riproduce sul subappalto la disposizione di cui all’articolo 25, primo paragrafo, della direttiva 2004/18/UE, citata nella sentenza della Corte. La nuova direttiva, inoltre, all’articolo 89, esplicita quanto già statuito dalla Corte in materia di divieto di avvalimento in alcuni casi specifici.
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