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Urbanistica territorio e ambiente

Un decreto del Mite stabilisce come i rifiuti da costruzione e demolizione potranno essere riciclati

È stato firmato dal Ministro della Transizione Ecologica, lo scorso 15 luglio, il decreto che stabilisce i criteri specifici nel rispetto dei quali i rifiuti inerti, derivanti dalle attività di costruzione e di demolizione, e gli altri rifiuti inerti di origine minerale, sottoposti a operazioni di recupero, cessano di essere qualificati come rifiuti, ai sensi dell’articolo 184-ter del D.Lgs. 152/2006. Il provvedimento, dopo aver acquisito il parere del Consiglio di Stato e superato il vaglio della Commissione Europea, è quindi ora in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

 

Il decreto, composto da 8 articoli e 3 allegati, contiene la procedura per la produzione di aggregati riciclati dai rifiuti inerti, stabilendo innanzitutto i rifiuti interessati (tra i quali ad es. quelli corrispondenti ai seguenti Codici EER 170102, 170103, 170107, 170302, 170504, 170508, 170904), i criteri di conformità ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, gli scopi specifici di utilizzabilità (es. sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali, recuperi ambientali, riempimenti e colmate, confezionamento di calcestruzzi e miscele legate con leganti idraulici), nonché gli obblighi documentali.

Il provvedimento prevede, inoltre, una fase di monitoraggio nei centottanta giorni successivi alla data di entrata in vigore, nell’ambito della quale sarà possibile la revisione dei criteri, stabiliti nel decreto stesso ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, per tenere conto delle evidenze emerse. Si tratta di una novità rispetto a quanto previsto negli altri decreti “end of waste”, che consentirà quindi una verifica dei criteri e dei parametri fissati per questa tipologia di rifiuti, che rappresentano – vale la pena ricordarlo – il flusso più importante dei rifiuti speciali prodotti in Italia e in Europa.   

 

Gli operatori avranno circa sei mesi di tempo per adeguarsi ai nuovi criteri e alle nuove disposizioni: i titolari di autorizzazioni – ai sensi dell’art. 216 o del Titolo III-bis della Parte II o del Titolo I, Capo IV, della Parte IV del D.Lgs. 152/2006 – dovranno presentare, rispettivamente, un aggiornamento della comunicazione o un’istanza di adeguamento, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto medesimo.

 

Si segnala, infine, che durante questo periodo di adeguamento/aggiornamento, i nuovi criteri non si applicheranno ai materiali già prodotti alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, nonché a quelli che risultano in esito alle procedure di recupero già autorizzate. Tali materiali infatti potranno essere utilizzati in virtù di quanto previsto nelle precedenti autorizzazioni. Anche in questo caso si tratta di una novità rispetto a quanto previsto negli altri decreti “end of waste” sinora adottati.

 

Con il Dl Aiuti sarà più semplice demolire e ricostruire nelle aree vincolate

Sono in vigore dal 16 luglio scorso le nuove disposizioni che modificano le norme contenute nel Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia” (art. 3, comma 1, lettera d) e art. 10, comma 1, lettera c) in tema di classificazione degli interventi di demolizione e ricostruzione e di ripristino di edifici crollati o demoliti nell’ambito della ristrutturazione edilizia qualora riguardanti gli immobili soggetti a tutela ai sensi del D.lgs. 42/2004.

Grazie all’intensa azione di sensibilizzazione da parte dell’ANCE è ora possibile eseguire come ristrutturazione edilizia “pesante” (e non più come nuova costruzione) – previa presentazione del Permesso di costruire o della SCIA in alternativa al Permesso di costruire – gli interventi demo-ricostruttivi o di ripristino con diverse caratteristiche (sagoma, prospetti, sedime, volume ecc.) sugli immobili ricadenti nelle aree vincolate mediante decreto o piano paesaggistico regionale di cui all’art. 136, comma 1, lett. c) e d) del D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e cioè:

–           i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici (lettera c); 

–           le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze (lettera d).

Le modifiche al Testo Unico Edilizia sono state introdotte dal comma 1-ter dell’articolo 14 del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50, cd. “Decreto aiuti”, come inserito dalla legge di conversione 15 luglio 2022, n. 91 (G.U. n. 164 del 15 luglio 2022).

L’esclusione di queste tipologie di immobili si affianca a quella già prevista di recente dal Decreto Legge 17/2022, cd. “Decreto energia” per gli edifici ricadenti nelle aree soggette a vincolo paesaggistico per legge ai sensi dell’articolo 142 del D.lgs. 42/2004, cd. aree ex Galasso. 

Si ricorda che le modifiche del DL 50/2022 e del DL 17/2022 intervengono a risolvere, seppure non in modo definitivo come auspicato e proposto dall’Ance, la questione sorta con il Decreto Legge 76/2020 che, modificando proprio gli artt. 3 e 10 del Dpr 380/2001, ha introdotto norme estremamente restrittive per gli interventi di demolizione e ricostruzione e di rispristino degli edifici crollati o demoliti qualora riguardanti immobili soggetti a tutela ai sensi del D.lgs. 42/2004 e quelli ubicati nei centri storici. 

In particolare, a seguito del DL 76/2020, questi interventi rientrano nella ristrutturazione edilizia solo se “fedelissimi” e cioè senza alcuna modifica dei parametri edilizi (sagoma, sedime, prospetti, ecc.). Viceversa, in presenza di modifiche anche ad uno solo dei parametri, la demolizione e ricostruzione di questi immobili rientra nella “nuova costruzione”, con tutte le difficoltà connesse alla mancata previsione nei piani urbanistici di tale categoria di intervento, all’aggravio dell’onerosità e all’impossibilità di usufruire di numerosi incentivi fiscali attualmente previsti per l’efficientamento energetico e il miglioramento sismico.

In allegato

–        la nota tecnica ANCE sulle novità del DL 50/2022 in materia di demolizione e ricostruzione degli immobili vincolati

–        gli articoli 3, comma 1, lett. d) e 10, comma 1, lett. c) del Dpr 380/2001, come modificati dall’art. 14, comma 1-ter del Decreto Legge 50/2022 (inserito dalla Legge di conversione 91/2022)

Anche la Sicilia adotta il Regolamento Edilizio Tipo

La Regione Sicilia si unisce alle Regioni che hanno dato seguito all’Intesa per l’adozione del regolamento edilizio tipo.

Con la Deliberazione del 20 aprile 2022, n. 223, la Regione, infatti, ha adottato il Regolamento Tipo Edilizio Unico, predisposto ai sensi dell’art. 2 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16.

Tale Regolamento è finalizzato ad uniformare, in tutto il territorio regionale, i vari regolamenti edilizi comunali, in modo tale che abbiano principi generali fondati su un insieme di definizioni uniformi, di procedure e modalità comuni ed omogenee di attuazione dell’attività edilizia.

La Regione ha specificato che resta salva in ogni caso la facoltà dei Comuni, entro 120 giorni dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione del Regolamento stesso (DP 531/GAB del 20 maggio 2022, pubblicato in GURS Suppl. Ord. 3 giugno 2021, n. 26), di adottare eventuali integrazioni al fine di adattare il Regolamento Tipo alle specifiche caratteristiche locali.

Anche le Marche che aveva già, con la legge regionale del 3 maggio 2018, n. 8, recepito lo schema di regolamento edilizio tipo in attuazione dell’Intesa tra il Governo, le Regioni e i Comuni, raggiunta in sede di Conferenza unificata in data 20 ottobre 2016 ai sensi dell’art. 4 comma 1-sexies D.P.R. 380/2001, è intervenuta nuovamente adottando lo schema di Regolamento edilizio tipo con l’obiettivo di fornire ai Comuni un quadro di riferimento per la redazione di tale atto (Deliberazione della Giunta regionale del 12 luglio 2021, n. 873).

Risultano invece ancora assenti dal recepimento del Regolamento edilizio tipo l’Umbria e tra le Regioni a Statuto Speciale, il Friuli Venezia Giulia e la Valle D’Aosta.            
La Sardegna, invece, con legge regionale dell’11 gennaio 2019, n. 1 (integrando l’articolo 5 della legge regionale n. 45 del 1989) ha previsto che la Regione approvi una direttiva sul Regolamento edilizio unico, contenente le definizioni tecniche uniformi e le altre disposizioni aventi incidenza sull'attività urbanistico-edilizia da uniformare a livello regionale. Allo stato attuale, tuttavia, tale direttiva non risulta emanata.

Si evidenzia inoltre che la Provincia Autonoma di Bolzano con la DGP n. 301 del 30 marzo 2021 ha approvato il regolamento edilizio tipo mentre Trento non ha ancora dato seguito all’Intesa del 2016.

Queste novità e tutti gli aggiornamenti sulle altre Regioni sono consultabili nel Dossier “Regolamento Edilizio Tipo”.

Allegato
Regolamento_edilizio___Dossier_aggiornato_-_giugno_2022

Tutte le regole per i cambi di destinazione d’uso

Quale titolo edilizio serve per cambiare la destinazione d’uso di un immobile? Quando un cambio è da ritenere “rilevante” ai fini urbanistici ed edilizi?

A queste e ad altre domande risponde il Dossier Ance “Le leggi regionali sui cambi di destinazione d’uso”.

Obiettivo del lavoro è fare il punto su un tema di rilevante importanza che trova in ambito regionale regole differenti.

La disciplina del cambio di destinazione d’uso è contenuta nel DPR 380/2001 (Tu edilizia) e nell’Allegato A del Dlgs 222/2016 ed in particolare:

– Art. 10 comma 2 DPR 380/2001 che demanda alle Regioni di stabilire quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività;

– Art. 10 comma 1 lett. c)  D.P.R. 380/2001 che prevede il permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino il mutamento di destinazione d’uso nelle zone omogenee A (centri storici);

– Art. 3 comma 1 lett. c) D.P.R. 380/2001 che contiene la definizione di “interventi di restauro e di risanamento conservativo” (come modificata dal Decreto Legge 50/2017) in base alla quale sono consentiti i cambi di destinazioni d’uso purché siano compatibili “con gli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi ”;

– Art. 3 comma 1 lett. b) D.P.R. 380/2001 che contiene la definizione di “interventi di manutenzione straordinaria” (come modificata dall’art. 10 del Decreto Legge 76/2020). In particolare la manutenzione straordinaria ora ricomprende anche i cambi di destinazione d’uso purché “non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti implicanti incremento del carico urbanistico”;

– Art. 23ter DPR 380/2001 che ha identificato le categorie funzionali delle destinazioni d’uso che determinano un diverso carico urbanistico (residenziale; turistico- ricettiva; produttiva e direzionale; commerciale; rurale) e ha stabilito il principio in base al quale, salvo diversa previsione da parte delle leggi regionali, è “rilevante” il mutamento d’uso che comporti il passaggio da una categoria funzionale all’altra tra quelle indicate indipendentemente dal fatto se la modifica avvenga con o senza opere. Se, invece, il mutamento si attua nell’ambito della stessa categoria funzionale il comma 3 dell’articolo 23ter dispone che tale modifica “è sempre consentita” fatta salva una diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali; 

– Allegato A del Dlgs 222/2016 che ha operato una mappatura degli interventi edilizi individuando il relativo il regime amministrativo applicabile con l’indicazione della procedura e dei riferimenti normativi. La tabella non riporta tuttavia le modifiche che sono state approvate nel 2017 e  nel 2020 rispettivamente alle categorie di intervento del restauro e della manutenzione straordinaria sui cambi d’uso. La stessa, pertanto, deve essere letta tenendo conto delle novità sopravvenute.

Il panorama legislativo regionale alla luce dei principi statali introdotti ed, in particolare, dell’articolo 23ter del Dpr 380/2001 è abbastanza diversificato:

– Abruzzo, Calabria, Lazio, Liguria, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Sardegna, Sicilia, Veneto hanno recepito le indicazioni stabilite a livello statale (in alcuni casi con delle modifiche);

– Emilia Romagna e Lombardia, già dotate di una disciplina di dettaglio sui cambi di destinazione d’uso, con Circolari hanno ribadito la non applicazione dell’articolo 23ter del Dpr 380/2001;

– Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise, Valle d’Aosta, , Prov. Autonoma Bolzano, Prov. Autonoma Trento non hanno formalmente recepito le indicazioni statali e risultano dotate per alcuni aspetti di una specifica normativa regionale.

Il Dossier nell’evidenziare tali aspetti fornisce un focus delle normative regionali sui cambi di destinazione d’uso distinguendo per ogni regione :

– Destinazioni d’uso (classificazione e categorie funzionali);

– Mutamento d’uso (rilevante e non rilevante);

– Titolo edilizio;

– Oneri/monetizzazione standard urbanistici.

In allegato: Il Dossier

“Le leggi regionali sui cambi di destinazione d’uso” aggiornato al 9 febbraio 2022

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